In Ucraina il gelo dell’inverno che morde sotto le bombe, in Europa il congelamento, politico e finanziario, che cala sugli asset russi. «L’Italia sta sostenendo il Belgio nell’opporsi al piano dell’Ue per inviare all’Ucraina 210 miliardi di euro di beni statali congelati dalla Russia»: lo scrive Politico, il giornale che per primo ha diffuso la notizia.

Mancano pochi giorni, solo quattro, al prossimo incontro del Consiglio europeo a Bruxelles in cui si deciderà del sostegno a Kiev e il piano per l’uso degli asset russi – che sono stati congelati due giorni fa a tempo indeterminato, grazie a una clausola d’emergenza – si è già incrinato.

Il documento

Il documento che l’Italia ha redatto con Belgio, Malta e Bulgaria invita «la Commissione e il Consiglio a continuare a esplorare e discutere opzioni alternative in linea con il diritto dell’Ue e internazionale, con parametri prevedibili, che presentino rischi significativamente inferiori, per far fronte alle esigenze finanziarie dell’Ucraina, sulla base di un meccanismo di prestito dell’Ue o di soluzioni ponte».

Più che nettamente contraria come Budapest, Bratislava e (dal ritorno del premier Babis) anche Praga, la fronda dei quattro appare indecisa, incerta e sembra propendere per la ricerca di un piano b, un’alternativa per sostenere Kiev; toccare i miliardi russi depositati nella banca belga Euroclear «implica conseguenze legali, finanziarie, procedurali e istituzionali di vasta portata che potrebbero andare ben oltre questo caso specifico». Roma ha approvato il congelamento degli asset, ma – come ha ribadito il ministro degli Esteri Antonio Tajani – «nutre perplessità dal punto di vista giuridico» sull’invio degli stessi a Kiev. Insomma, sì agli aiuti, ma forse «trovando una soluzione differente»: «Se dovessimo perdere una causa mossa dalla Russia sarebbe un danno di immagine enorme per l’Italia e per l’Europa».

A rincarare la dose contro una mossa finanziaria senza precedenti, che farebbe alzare le sopracciglia degli investitori stranieri, da Doha a Pechino, anche Matteo Salvini: «O stanotte qualcuno a Bruxelles, a Parigi, a Berlino ha dichiarato guerra alla Russia oppure non siamo in guerra contro la Russia». Per il ministro dei Trasporti si tratta di «azzardo», «imprudenza»e «bene ha fatto il governo italiano a mettere i puntini sulle i».

Confiscare soldi, ha ribadito, implica dar mano libera ai russi, che in una reazione tit for tat, potrebbero fare altrettanto: «Mi sembra che a Bruxelles qualcuno stia scherzando col fuoco».La Lega non vuole il congelamento degli asset russi, ma piuttosto del pacchetto per dare altre armi a Kiev: il Carroccio, in contrasto con la linea Meloni, pochi giorni fa ha pesantemente frenato «in attesa delle evoluzione delle trattative» in corso. E sempre Salvini ha detto: «Non occorre essere filoputiniano per dire che se in 4 anni sanzioni e armi non hanno interrotto la guerra, forse devi cambiare qualcosa, se no tra quattro anni siamo ancora qua».

La Banca centrale russa, intanto, ha già avviato la sua vendetta: ha fatto causa ad Euroclear, dove sono bloccati i suoi fondi, e ora farà ricorso presso corti nazionali ed internazionali contro la decisione Ue che giudica fraudolenta.

Ma è solo l’inizio: la portavoce del ministero degli Esteri, Maria Zakharova, ha promesso che «misure di ritorsione sono già in fase di attuazione». Dunque, gli asset russi sono stati congelati sine die, ma rischiano di rimanere lì, immobili, senza poter essere usati per finanziarie il fabbisogno di Kiev (che attende 90 miliardi entro aprile). Forse si tratta di un nuovo cul de sac diplomatico di questo conflitto, o forse, per superare l’impasse, si troverà un’altra scorciatoia a Bruxelles.

Lo stallo delle trattative

Ma queste ennesime trattative rischiano di diventare stagnanti, proprio come quelle in corso per l’accordo di pace. Questo weekend spingerà il piede sull’acceleratore negoziale l’uomo di Trump, Steve Witkoff, che vedrà Zelensky e i consiglieri europei a Berlino, dove si terrà lunedì un incontro di capi di governo su spinta del cancelliere Merz.

La Casa Bianca, scrive il Wall Street Journal, ambisce a chiudere la partita russo-ucraina prima della fine dell’anno. Secondo le fonti (anonime, ma di alto grado) di Axios, Trump sarebbe ora disposto a fornire garanzie di sicurezza basate sull’articolo 5: «Vogliamo dare agli ucraini una garanzia di sicurezza che non sia un assegno in bianco da un lato, ma che sia sufficientemente solidale dall’altro. Siamo disposti a sottoporla al voto del Congresso».

Lo stesso presidente Usa ha ammesso che vede «molti progressi», ma sono dichiarazioni che si susseguono come interminabili prove in vista di una rappresentazione finale, senza che venga mai fissata una data per il debutto dell’accordo – che dovrà essere accettato anche da Mosca.

Intanto, ci sono stati segnali di disgelo tra gli Stati Uniti e uno dei più stretti alleati della Russia, la Bielorussia di Lukashenko: il leader di Minsk ha graziato 123 prigionieri di diverse nazionalità, tra cui il premio Nobel per la pace 2022, Ales Bialiatskila e la nota attivista dell’opposizione Maria Kolesnikova.

La mossa arriva dopo i colloqui tenutisi in Bielorussia con l’inviato speciale di Trump, John Coale, e dopo il che Washington ha accettato di revocare le sanzioni sul potassio «Man mano che le relazioni tra i due paesi si normalizzano, sempre più sanzioni verranno revocate», ha assicurato Coale.

La situazione sul campo

Mentre le onde d’urto diplomatiche attraversano l’Europa, in Ucraina continuano quelle belliche. Ha reso noto Rafael Grossi, direttore dell’Aiea (Agenzia Internazionale dell’Energia Atomica), che la centrale nucleare di Zaporizhzhia, per la dodicesima volta dal 2022, ha subito interruzioni di elettricità a causa dei bombardamenti contro le infrastrutture energetiche.

Si gioca col fuoco atomico rischiando il disastro mentre, nell’ennesima notte ucraina, piovono missili ipersonici: nel mirino rimangono sempre gli impianti industriali ed energetici. La rappresaglia di Mosca arriva con i Kinzhal, 30 missili e 450 droni, che lasciano al buio più di un milione di famiglie nelle regioni di Kirovohrad, Mykolaiv, Sumy, Kharkiv, Kherson, Cernihiv, Dnipro e Cerkasy. Mentre si cerca soluzione al collasso finanziario di Kiev – che tra tre mesi esaurirà i fondi per il bilancio – si deve evitare quello militare al fronte dove l’esercito del Cremlino serra le fila.

© Riproduzione riservata