Il testo era nato da un accordo tra Meloni e Schlein e avrebbe dovuto arrivare in Senato il 25 novembre. Il no della Lega lo ha fermato e chiede modifiche, ora rischia di slittare a dopo la manovra. Il Pd: «La destra smonta la legge e smentisce la premier»
Ieri sembrava bastasse un surplus di riflessione in commissione Giustizia al Senato, oggi Matteo Salvini ha esplicitamente stoppato il disegno di legge sul consenso, che avrebbe dovuto arrivare in aula nella giornata nazionale contro la violenza sulle donne ed era stato voluto da un accordo tra Giorgia Meloni ed Elly Schlein.
Invece il segretario della Lega, rinvigorito dalla vittoria in Veneto, ha tirato il freno a mano e sollevato una serie di obiezioni che evidentemente alla Camera non erano emerse. «Giulia Bongiorno, madre del Codice Rosso, ha chiesto un testo preciso, non interpretabile e che non lasci spazio a vendette personali», ha detto, aggiungendo che «il consenso nei rapporti è fondamentale e ovvio, ma bisogna essere rigorosi su cosa si intende, per evitare migliaia di esposti usati per ritorsione che intaserebbero i tribunali. Le violenze vere non devono essere diluite da denunce strumentali».
Insomma il testo così scritto e approvato in prima lettura non va bene e deve essere riscritto al Senato, poi tornare alla Camera per il via libera definitivo. Tempi che, inevitabilmente, arriveranno al 2026.
Contro Salvini è insorto il Pd, con il capogruppo al Senato Francesco Boccia, che ha detto che «ieri in Senato la destra ha parlato di necessità di approfondimenti in vista di una rapida approvazione ma oggi scopriamo invece che nel governo ci sono forti dubbi sul merito e sul cuore del provvedimento. A questo punto serve chiarezza perché non possiamo giocare. Governo e maggioranza devono dirci con chiarezza cosa vogliono fare. Non è accettabile per noi che la legge venga di fatto svuotata e smontata, smentendo di fatto anche la Presidente del Consiglio che aveva concordato con l'opposizione di approvare il testo così come è stato approvato all'unanimità alla Camera».
Sul punto era intervenuta anche la ministra della Famiglia, Eugenia Roccella: «Il Parlamento ha le sue prerogative: se il Senato vuole approfondire, è giusto che lo faccia». «La legge sul consenso si farà: meglio una legge fatta bene che una fatta in fretta», ha detto, spiegando che le perplessità riguardano «l'onere della prova».
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