Il reato di femminicidio è legge. La Camera, nella giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne, il 25 novembre, ha approvato all’unanimità il ddl che introduce la nuova fattispecie di reato. Il Senato avrebbe dovuto approvare anche il disegno di legge che inserisce il concetto di consenso nella fattispecie di reato della violenza sessuale. Ma a palazzo Madama, in commissione Giustizia, la maggioranza ha chiesto un supplemento di indagine sul ddl, facendolo così saltare dal calendario dell’aula e facendo slittare l’approvazione. 

L’intesa era stata raggiunta dopo un confronto tra la premier Giorgia Meloni e la segretaria del Partito democratico Elly Schlein. Un colloquio grazie al quale in aula era stata raggiunta l’unanimità. Per questo le opposizioni, in segno di protesta, hanno abbandonato la commissione. 

A chiedere un maggiore approfondimento sulla norma è stata la Lega, a cui si sono associati Fratelli d’Italia e Forza Italia. I partiti di opposizione avevano chiesto, già nella conferenza dei capigruppo, il voto direttamente in aula oggi anche per farlo coincidere con la giornata internazionale. Il presidente del Senato, Ignazio La Russa, si era associato.

Reato di femminicidio

Il disegno di legge, che prevede una nuova fattispecie di reato, è stato varato dal governo lo scorso 7 marzo, in occasione della Giornata internazionale della donna, l’8 marzo. Il testo è stato poi modificato in commissione Giustizia al Senato, che ha trovato un’intesa bipartisan sulla definizione del reato autonomo, inizialmente – per gli esperti – troppo vaga e indeterminata. È seguita lo scorso 23 luglio l’approvazione all’unanimità dell’aula del Senato

Il nuovo 577-bis del codice penale punisce con l’ergastolo «chiunque cagiona la morte di una donna quando il fatto è commesso come atto di odio o di discriminazione o di prevaricazione o come atto di controllo o possesso o dominio in quanto donna, o in relazione al rifiuto della donna di instaurare o mantenere un rapporto affettivo o come atto di limitazione delle sue libertà individuali».

Se alcune esperte ritengono che sia necessaria l’introduzione di un reato autonomo di femminicidio – per dare un nome e riconoscerne la matrice – altre studiose evidenziano, tra le altre cose, la valenza meramente simbolica di questo intervento e l’approccio esclusivamente repressivo del governo in tema di violenza di genere. 

Il concetto di consenso

Un altro tema su cui i partiti di maggioranza e opposizione avevano raggiunto un’intesa, grazie al confronto tra la premier Giorgia Meloni e la segretaria del Partito democratico Elly Schlein – è quello del consenso. Con un emendamento alla proposta di legge a prima firma Laura Boldrini (Pd), si mira a modificare l’articolo 609-bis, che prevede il reato di violenza sessuale. La Commissione Giustizia della Camera lo scorso 13 novembre ha approvato la nuova definizione di consenso, passata in aula alla Camera il 19 novembre

Se a oggi il reato sussiste solo quando l’autore usi violenza o minaccia o ci sia abuso di autorità, la modifica punisce con la reclusione da sei a dodici anni «chiunque compie o fa compiere atti sessuali a un’altra persona senza il consenso libero e attuale di quest’ultima». Era un risultato piuttosto inatteso, considerata la campagna di discredito portata avanti da politici e media di destra. E, infatti, in Senato il ddl è stato bloccato. 

Da anni l’Italia si è resa inadempiente perché non aveva intrapreso nessuna azione per modificare la definizione penale di stupro. La proposta è formata da un solo articolo che riscrive integralmente il 609 bis del codice penale. La nozione di consenso è in linea con quanto previsto dalla Convenzione di Istanbul – scrive il centro studi della Camera – «di cui le componenti essenziali sono identificate nella libertà e nell’attualità». Libero significa privo di coercizione, mentre attuale vuol dire valido nel momento in cui l’atto sessuale avviene. Dunque, in base al testo, il sesso senza consenso libero e attuale è stupro

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