Non è facile aggiungere qualcosa di sensato allo stato attuale della discussione sul tema del confine orientale, il rischio è quello di cadere nell’enorme tritacarne mediatico. Il grande storico israeliano Yehuda Baer ci ha spiegato la scarsa consapevolezza nei confronti del genocidio degli ebrei, deriva anche dal fatto che oggi si parla più del contesto della Shoah che del suo testo, ovvero ci si concentra sugli aspetti collaterali dell’evento che su quelli sostanziali.

Anche il Giorno del ricordo subisce la medesima distorsione. In molti casi le vittime sono solo un sottofondo, residuali rispetto alle celebrazioni, al centro della discussione pubblica c’è unicamente lo scontro storico politico e tutte le polemiche ad esso derivate. Mentre questo accade, le vittime di ieri lo rimangono anche oggi e cosi facendo lo saranno per sempre: mai veramente riscattate nella memoria collettiva a dispetto delle intenzioni della legge.

L’altare delle ambizioni politiche

Le ambizioni personali, le politiche ideologiche diventano l’altare su cui si compie il rito delle celebrazioni del 10 febbraio. Fiumi e fiumi di parole, spesso superflue, che si concentrano se quello storico, quel politico o quella tesi è strumentale, riduzionistica (definizione di cui veramente mi manca il senso concreto) o negazionista, mentre le storie e le vite di chi ha veramente sofferto da tutti i lati della barricata rimangono sconosciute e sepolte.

La sostanza viene accantonata. Così facendo le vittime vengono uccise una seconda volta, riproponendo in massima parte, solo qualche raro eccezione virtuosa, le stesse dinamiche del 1945.

Anche in questo caso viviamo in un enorme bolla, in un passato che non passa, che zavorra il nostro paese in eterni scontri dualisitici. Non ci sarà Pnrr che tenga, finché non riusciremo ad emanciparsi – leggasi storicizzare – da quelle storie, ricadremo negli stessi errori e dinamiche.

Strumentalizzare il passato

10/02/2019 Trieste, Il Giorno del Ricordo : cerimonia per celebrare la ricorrenza istituita nel 2004 in memoria delle vittime delle foibe

Come è complicato fare memoria nel nostro paese, come è difficile per il nostro paese fare i conti con il proprio passato. Leggi razziali, stragi nazifasciste, crimini coloniali, repressioni delle minoranze, aggressioni imperialiste, collaborazione con la Shoah sono il breve ma intenso elenco dei nostri vuoti di memoria, dell’autoassolutorio piacerci vedere come gli italiani brava gente. La storia dice il contrario. E quanto sono attuali le parole del partigiano diciannovenne Giacomo Ulivi da Parma, che prima di essere fucilato, incoraggiava i propri compagni di lotta nel guardare in faccia i mali degli italiani, per essere consci della battaglia civile da compiere per impedire che la rinascita di un futuro fascismo.

E pur vero che al contrario di 18 anni fa, oggi più nessuno mette in discussione la legittimità di celebrare quella data, quello che scuote è invece il tentativo di una parte parte politica di strumentalizzare a fini unicamente politico\elettorali quella tragedia.

Con l’attacco dell’assessore della regione Piemonte Maurizio Marrone all’Istituto storico della resistenza di Torino si è inaugurato per il 2022 il solito cliché che viene messo in atto da chi vuole strumentalizzare per fini politico la data del 10 febbraio.

Tutti gli storici più importanti sul tema, da Raoul Pupo a Eric Gobetti, da Jože Pirjevec a Roberto Spazzali, hanno ormai definito e quantificato i termini generali delle varie questioni storiche sul campo, questo anche grazie a giovani generazioni di storici italiani, sloveni e croati che hanno avuto la possibilità di fare ricerca negli archivi di tutti i paesi interessati.

Purtroppo alcune parti politiche, spinte da pulsioni illiberali, non accettano per motivi e fini politici queste conclusioni, per questo hanno iniziato una vera e propria crociata contro gli storici che non si adeguano alla loro vulgata. L’episodio piemontese è solo l’ultimo in ordine cronologico, e non è il più grave, questa palma va data al tentativo del senatore Luca Ciriani che nel 2021 ha presentato una proposta di legge che equiparava shoah e foibe accomunandole attraverso il reato del negazionismo.

Come ho scritto più volte su questo giornale spira un vento forte in Europa, vi è un vasto tentativo di rileggere la storia uscita dalla seconda guerra mondiale, che ha indiscutibilmente ha portato grandi risultati non negoziabili: democrazia, diritti e Europa unita. Un patrimonio da tutelare e non disperdere.

Un parallelismo sbagliato

05/02/2015 Roma. Inaugurazione della Casa del Ricordo istituita dal Comune di Roma e dalla Regione Lazio per ricordare l'esodo istriano, fiumano e dalmata e la tragedia delle foibe. Donatella Schürzel, Presidente dell’Associazione Nazionale Venezia Giulia e Dalmazia-Comitato Provinciale di Roma Nicola Zingaretti, Presidente della Regione Lazio

Jan Grabowski, l’importante storico polacco\canadese che ha pagato sulla sua pelle gli attacchi della politica nei confronti del suo lavoro di ricercatore storico, di recente ha scritto sul New York Times un importante articolo su questo tema, dove sostiene «L’assalto al valore delle testimonianze dei sopravvissuti ebrei e l'attacco legale alla nostra conoscenza del passato sono segni che la memoria dell’Olocausto è minacciata non solo dalla morte dei sopravvissuti, ma anche dalle scelte intenzionali della generazione attuale. Più il tempo ci allontana dall’evento, più accesi diventano gli scambi e più forti gli attacchi alla memoria della Shoah».

La vostra attenzione non deve essere attratta da un errato parallelismo Shoah\foibe, ma sulla medesima strategia distorsiva che viene messa in atto, infatti se sostituiamo alla parola Shoah la parola foibe, direi che è una frase che si potrebbe perfettamente adattare al nostro contesto italiano.

Questo accade in tanti paesi d’Europa, oltre la Polonia, Lituania, Lettonia, Ungheria, Germania, Spagna, l’ultima in ordine cronologico è la Francia con il candidato all’Eliseo Éric Zemmour che sta cercando di negare le colpe della Francia di Vichy nell’olocausto.

Non è facile sottrarsi alle dinamiche sopra menzionate, la politica deve ritrovare il suo ruolo e il suo palcoscenico, solo i presidenti della Repubblica, Giorgio Napolitano e Sergio Mattarella hanno saputo dare dimostrazione di compiere atti politici e gesti concreti nella volontà di sanare le ferite reciproche e portare al centro una cultura di pace che soffochi ogni spinta nazionalista su quelle bellissime coste.

Senza l’apporto della politica, saremo costretti a vedere ripetersi questo orrendo teatrino che offende le vittime e non produce nulla se non ulteriori sterili contrasti che ci allontanano dai reali obiettivi che fondano la Giornata del ricordo.

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