Il ministro degli Esteri ha riferito alle Commissioni riunite sulla situazione in Medio Oriente. Schlein: «Il nostro paese senza posizione». Boschi: «Tajani? Solo una lista di frasi fatte»
Alle opposizioni le informazioni fornite dal ministro degli Esteri Antonio Tajani non sono bastate per capire la posizione che ha il governo di fronte alla crisi in corso tra Israele e l’Iran. Sabato il vicepremier ha riferito alle commissioni Esteri di Camera e Senato, riunite a Montecitorio, sull’attacco israeliano a Teheran e sulla controffensiva iraniana, dopo il colloquio con l’omologo israeliano Gideon Sa’ar.
Ma si è trattato più di «un elenco di fatti accaduti», privo di valutazioni politiche, che ha mostrato solo «l’arte del barcamenarsi senza mai irritare l’alleato Netanyahu», ha commentato la dem Laura Boldrini. «Una lista di frasi fatte senza un minimo di visione, di idee, di politica», per la capogruppo di Italia viva, Maria Elena Boschi.
Se da un lato Tajani ha sostenuto che il governo italiano «è in prima linea per fornire la de-escalation», dall’altro ha spiegato il contenuto della telefonata con Sa’ar, secondo cui «la decisione di lanciare l’operazione è scaturita da precise informazioni di intelligence sul programma nucleare e sul programma missilistico di Teheran. Sviluppi tali da configurare una minaccia esistenziale imminente per lo Stato ebraico, per l’intera regione e per tutta la comunità internazionale».
E, ha aggiunto Tajani, «di fronte a una minaccia nucleare non può esservi alcuna ambiguità: l’Iran non può dotarsi di una bomba atomica». La condanna al regime iraniano sull’arricchimento dell’uranio è arrivata da tutte le forze politiche, così come la necessità di una de-escalation del conflitto, ma questo non può legittimare «un’azione unilaterale come quella di Benjamin Netanyahu», che «rischia di destabilizzare la regione e delegittimare le sedi negoziali», ha sottolineato la segretaria del Partito democratico Elly Schlein in commissione. Perché con questo attacco, ha continuato, «si avvia un’escalation che può dar vita a un conflitto globale».
Posizione mancata
Per Schlein «non è chiaro cosa pensi il governo italiano di quello che è accaduto» venerdì, e se l’esecutivo «pensa che l’attacco israeliano sia del tutto legittimo», deve «avere il coraggio di dire che Netanyahu ha fatto bene».
Altrimenti, ha continuato Schlein, se si vuole frenare l’escalation bisogna dire al premier israeliano «di fermarsi e all’Iran di fermare le sue reazioni, perché l’attacco militare non è la via per perseguire gli obiettivi che tutti condividiamo».
La segretaria del Pd, sulla partita del nucleare, ha chiesto chiarezza non solo da parte del governo italiano, ma anche dall’Europa, da cui è necessaria «una voce chiara e univoca».
Per le forze di minoranza Tajani non ha chiarito i dubbi. Quella che il segretario di +Europa Riccardo Magi chiama «la non posizione del governo» che «lascia allibiti» porta l’Italia a essere «isolata dal resto dell’Ue e in balia di Trump».
A conclusione dell’informativa, ha affermato Boldrini, «non abbiamo ancora capito se il governo italiano condanni o meno l’aggressione di Israele all’Iran». Perché, ha aggiunto, non è possibile sostenere la de-escalation e la via diplomatica senza condannare l’uso delle armi da parte di Tel Aviv. Giuseppe Conte, leader del M5s, vede in questo atteggiamento dell’esecutivo un modo con cui «Meloni e Tajani coprono e giustificano l’attacco di Netanyahu che butta benzina sul fuoco in Medio Oriente».
Ma, ancor di più, la mancata posizione di politica estera del governo mostra, secondo il deputato di Avs Angelo Bonelli, che è il premier israeliano a dettare l’agenda, imponendo «la politica della guerra a tutto il mondo».
A mostrare l’assenza di una linea chiara all’interno dell’esecutivo non solo l’audizione del vicepremier ma, ancor prima, la rassicurazione fatta dallo stesso Tajani il giorno prima che Israele attaccasse l’Iran, quando assicurava l’assenza di segnali di «un attacco imminente da parte di Israele». Una figuraccia per il paese, che ha bisogno di una leadership, ha detto il leader di Iv, Matteo Renzi.
Così per il collega di partito, Ivan Scalfarotto, di fronte all’esposizione «in modo così diretto e inequivocabile» da parte di un ministro di uno dei paesi del G7 non si può negare «una certa sensazione di stupore e di sbandamento da parte dell’opinione pubblica».
Per questo ha chiesto al ministro «maggiore cautela»: non è solo un problema di immagine, ma di credibilità internazionale.
I negoziati
Per Tajani è il momento di far parlare la diplomazia, non solo nei rapporti tra l’Iran e Israele ma anche a Gaza. «È il momento di riannodare i fili del dialogo», ha dichiarato, aggiungendo però in chiusura che si aspettava che l’attacco sarebbe arrivato dopo i colloqui sul nucleare tra l’Iran e gli Usa, previsti domenica in Oman.
L’appuntamento è saltato a causa dell’attacco israeliano, ma anche le due tornate ospitate a Roma – segnale che l’Italia è in prima linea per Tajani – non hanno portato a nulla. Ma le parole del ministro sono gravi, secondo i capigruppo M5s: Per lui «è normale che prima negozi e poi attacchi? Che fiducia hai nel negoziato se già pensi a un attacco militare?».
E Schlein ha chiesto che questo «attacco all’Iran e le sue conseguenze» non «facciano dimenticare di Gaza nel dibattito europeo».
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