La premier conferma il no all’invio di truppe a Kiev. Loda i successi del tycoon, e attacca l’Ue che «non ha fatto la sua parte». Su Schlein e il M5S: «Cinico utilizzo delle piazze a favore di Gaza». Il leghista Candiani: «Sulla difesa no all’indebitamento»
Giorgia Meloni, completo beige e schiera dei ministri delle grandi occasioni intorno, ha relazionato al parlamento in vista del consiglio europeo di oggi e domani, e il palcoscenico è servito a chiarire alcuni aspetti e intorbidirne altri. I temi centrali bruciano e sono Gaza, l’Ucraina, la revisione del Green Deal europeo: ebbene, gli spigoli con le opposizioni ma anche con la sua maggioranza sono emersi in modo chiaro.
Il punto cruciale del suo intervento è stato quello di ribadire la posizione italiana sul conflitto russo-ucraino. Silente nei giorni scorsi dopo che Donald Trump aveva pubblicato un video fake in cui si diceva che l’Italia avesse abbandonato Kiev, Meloni ha invece scelto pubblicamente di sottolineare che «la nostra posizione non cambia» e il sostegno resta «fermo e determinato», verso una pace «giusta» e con «garanzie di sicurezza credibili».
Quanto alle trattative, «gli Stati Uniti devono restare parte integrante» e su due pilastri: l’assistenza ispirata all’articolo 5 della Nato, sempre rivendicata come soluzione dall’Italia» e sul piano operativo il lavoro dei cosiddetti Volenterosi capitanati da Londra e Parigi. Su questo Meloni ha posto il primo accento.
Sul fronte politico ha firmato nei giorni scorsi una dichiarazione congiunta insieme a Volodymyr Zelensky, Ursula von der Leyen e gli altri player europei ma ha ripetuto che, in concreto, «l’Italia ha già chiarito che non prevede l’invio di propri soldati in territorio ucraino» e ancora che «ciascuna nazione contribuirà nella misura in cui potrà e ritiene necessario». Come dire che la sovranità delle scelte rimarrà in capo al governo.
Il Medio Oriente
Quanto al capitolo medio-orientale, Meloni ha tributato a Trump «l’indiscutibile successo» anche se «l’equilibrio è fragile e sottoposto a rischi quotidiani», riferiti al cessate il fuoco violato da Hamas e alle rappresaglie israeliane. Altro passaggio su cui ha scelto il consueto equilibrismo, allora, è stato quello del riconoscimento della Palestina. Solo con Hamas fuori dalla governance e disarmato esisteranno «le precondizioni necessarie anche per il riconoscimento da parte dell’Italia». A differenza della chiusura sull’Ucraina, per Gaza Meloni confermato che l’Italia è pronta a «partecipare a una eventuale Forza internazionale di stabilizzazione», anche con un contingente in loco.
In sede di replica, proprio su Gaza c’è stato lo scontro più duro tra la premier e il Movimento 5 Stelle, che le ha criticato l’approccio alle piazze pro-Pal e con Meloni che ha bollato come «cinismo usare la sofferenza di un popolo per cercare di raggranellare voti e per cercare di fare propaganda». La segretaria del Pd Elly Schlein, invece, è stata accusata di «gettare fango e ombre sull’Italia, sulla qualità della sua democrazia» dopo l’attentato a Sigfrido Ranucci.
L’attacco più duro, tuttavia, Meloni lo ha riservato all’Europa, che «non ha fatto spesso la sua parte» sul piano della «sicurezza, della difesa e della competitività». Il passaggio più applaudito dai banchi del centrodestra ha infatti riguardato il Green Deal europeo, bollato come «irrealistico e dannoso». Per questo il governo ha anticipato la richiesta di interventi «per correggere un ampio numero di scelte azzardate» e che non sosterrà alcuna proposta di revisione che non sia «sostanziata da un cambio di approccio», che oggi il governo considera «ideologico e insostenibile».
Alleati e opposizioni
Se la scena è stata tutta di Meloni, tra i banchi del parlamento sono emersi i movimenti interni sia alla maggioranza che all’opposizione. Il centrodestra ha votato una unica risoluzione di maggioranza, ma sotto la cenere sono apparsi ben leggibili i distinguo operati dalla Lega soprattutto in materia di difesa. Claudio Borghi, infatti, ha contestato la strada imboccata con la Nato per l’aumento delle spese militari: «Difficile spiegare ai cittadini che non ci sono soldi per gli ospedali ma ci sono per le armi», e alla Camera Stefano Candiani ha aggiunto: «Attenzione: l’indebitamento proposto per la difesa è un nuovo cavallo di Troia per condizionare la nostra politica economica».
A loro Meloni ha risposto seccamente: «Non è così, vista la legge di Bilancio», parlando di un incremento del fondo sanitario nazionale «di circa 30 miliardi di euro».
Sul fronte delle opposizioni, invece, ancora una volta ogni partito ha presentato la sua risoluzione e non si è trovata unità di linea. Con – come ormai di consueto – Azione che ha aperto il dialogo con il governo, tanto da ottenere l’ok alla propria risoluzione riformulata e con Calenda che ha parlato di «relazione della premier in larghissima parte condivisibile».
Posizione diametralmente opposta è stata quella del Pd, con Francesco Boccia: «Meloni ha detto viva Trump, abbasso l’Europa. Un grido di resa travestito da orgoglio patriottico». Sul piano economico è stato «un inchino a Trump» e ai dazi, così «a pagare saranno le nostre aziende». Un’Italia spettatrice, che «tiene in ordine i conti ma smarrisce la visione» e «rinuncia al coraggio di essere Europa».
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