Matteo Salvini, Giorgia Meloni e Silvio Berlusconi, leader dei tre partiti che compongono l’alleanza di centrodestra (rispettivamente Lega, Fratelli d’Italia e Forza Italia), hanno condiviso e dato il via libera al programma di governo che la coalizione propone ai suoi elettori in vista delle elezioni del 25 settembre. Il documento, con contenuti fortemente di destra, è composto da 15 punti programmatici. Il primo riguarda la posizione estera della coalizione. Dentro anche due tipi di flat tax, una fino a centomila euro di fatturato e una sul reddito incrementale rispetto all’anno precedente. Altre promesse delle destre riguardano l’estensione della banda ultralarga in tutta Italia, l’elezione diretta del presidente della Repubblica, l’autonomia differenziata, una nuova riforma della giustizia, il superamento della legge Fornero, una nuova legge sul pensionamento anticipato (Quota 41).

I rapporti esteri

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La parte iniziale del testo, fortemente voluta da Giorgia Meloni, riguarda l’Italia nel contesto europeo e internazionale. Posizionare come primo punto programmatico la politica estera, è un chiaro segnale che il centrodestra vuole lanciare fuori dai nostri confini, per rassicurare i principali interlocutori internazionali che un governo guidato dalle destre non prenderà derive anti atlantiste o anti europee.

I tre partiti, quindi, si impegnano a «rispettare le alleanze internazionali», e in particolare «gli impegni assunti» nella Nato. Allo stesso tempo, però, avvisano l’Unione europea che spingeranno per la revisione del Patto di stabilità.

Le riforme

Nel programma entra un tema ricorrente tra i partiti di destra, soprattutto ai sovranisti: è l’introduzione dell’elezione diretta del presidenza della Repubblica. Il programma rientra a pieno titolo nella bulimia di riforme che ha contraddistinto gli ultimi decenni della politica italiana. Si propone una nuova riforma della giustizia, nonostante negli ultimi tre anni, prima il ministro Alfonso Bonafede, poi Marta Cartabia, ci abbiamo lavorato a lungo. E mancano da approvare ancora una serie di decreti legislativi perché entri del tutto in funzionamento. 

Stessa cosa per il Codice appalti: il settore, dopo la riforma firmata dall’allora ministro Graziano Delrio giudicata lacunosa, è stato soggetto a diversi interventi. Ma il centrodestra si impegna a intervenire nuovamente una volta salito al governo.

Promesse fiscali

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La parte che riguarda il fisco contiene diversi cavalli di battaglia dei tre partiti. Fra tutte la flat tax. Ne vengono proposte due: una per le partite Iva fino a centomila euro di fatturato, e poi una flat tax su incremento di reddito rispetto alle annualità precedenti. In entrambi casi però non viene specificata la aliquota.

Come proposto più volte dalla Lega, nel programma entrano sia la pace fiscale sia il saldo e stralcio. Due misure introdotte temporaneamente negli anni scorsi. «Abolizione dei micro tributi» e «politiche fiscali ispirate al principio del “chi più assume, meno paga”», si legge nel testo. 

Il capitolo sicurezza e mafie

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Come promesso da Matteo Salvini, che ha iniziato la sua campagna elettorale promettendo perlopiù misure stringenti sull’immigrazione, il programma cita i «decreti Sicurezza». Non si dice però in che modo i partiti vorranno intervenire, una vaghezza che fa presagire che non ci sia accordo sulle future politiche immigratorie.

Più dettagliata, invece, la parte sulle città e le carceri. L’idea della destra è quella di applicare un controllo più rigido nelle zone urbane con il rafforzamento dell’operazione “strade sicure” (che prevede un contingente militare nei luoghi più a rischio), l’introduzione del poliziotto di quartiere e la videosorveglianza cittadina. 

Il contrasto al fenomeno delle baby gang e alla microcriminalità entrano nelle promesse del centrodestra. Assicurano anche l’introduzione di regole più severe per gli atti contro il decoro pubblico. Nonostante l’importanza del tema, però, il centrodestra non spende grandi parole sul fenomeno mafioso: si limita a promettere un generico «lotta alle mafie e al terrorismo».

Per gli istituti di pena, l’idea è quella di mettere in piedi un “piano carceri”, senza specificare se porterà all’aumento del numero delle carceri e dei posti letto. I detenuti stranieri, invece, verranno rimpatriati in modo tale che scontino la pena nei loro paesi d’origine.

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