Matteo Renzi si è attribuito a lungo il merito di aver portato Mario Draghi a palazzo Chigi al posto di Giuseppe Conte. Draghi non pare aver tenuto conto di questa presunta paternità nell’impostare la sua strategia verso il Quirinale, perché di fatto ha tolto ogni potere negoziale a Italia viva.

Il partito renziano è chiamato, come tutti gli altri, a rimanere parte dell’attuale maggioranza sia che questo comporti eleggere Draghi al Quirinale e poi sostenere un altro premier con lo stesso governo o con uno molto simile, sia che invece si tratti di mandare al Colle un altro presidente mentre Draghi resta dove sta.

In entrambi gli scenari, Renzi non è particolarmente rilevante: non può certo essere lui ad affondare la candidatura di Draghi al Quirinale e neppure può metterne in dubbio la permanenza al governo dopo averlo celebrato come il migliore dei premier possibili. Finora la linea tenuta da Italia viva prevedeva la permanenza di Draghi alla guida dell’esecutivo fino alla fine della legislatura, anche per posticipare al 2023 il momento in cui il partitino di Renzi è destinato a sparire o quasi dal parlamento.

Per rafforzare questa posizione – che per i renziani è questione di sopravvivenza – Renzi aveva fatto baluginare candidature alternative a Draghi o al Mattarella bis per il Quirinale: Pier Ferdinando Casini prima, Paolo Gentiloni poi. Adesso sembrano entrambe poco plausibili: nessuna delle due potrebbe essere avallata dalla stessa maggioranza del governo Draghi o da quella ancora più ampia auspicata dal premier, cioè con dentro anche Fratelli d’Italia di Giorgia Meloni.

Renzi, insomma, è abbastanza neutralizzato. L’unico potere che ha è quello di veto sulla candidatura di Draghi al Colle, ma sarebbe una mossa suicida perché il premier ha fatto capire che non rimarrebbe a palazzo Chigi se l’attuale maggioranza si spaccasse sulla scelta del capo dello stato.

Nello scenario attuale, anche le manovre di Renzi per costruire una candidatura con il centrodestra sono sterili. In campo c’è Draghi, bisogna dire sì o no. E Renzi non può permettersi di dire no. 

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