È una domenica diversa quella che si respira alla Holy Trinity Church, la chiesa in stile coloniale a due passi dalla Georgetown University che, dai tempi del primo presidente cattolico statunitense John Fitzgerald Kennedy, è considerata il punto di riferimento dei deputati e senatori cattolici di stanza a Washington.

Un anno fa, alla vigilia del meeting dei vescovi americani che avrebbero potuto deliberare se concedere o meno l’Eucarestia all’ultimo presidente Usa Joe Biden e alla speaker della Camera Nancy Pelosi perché sostengono il diritto all’aborto, padre Kevin Gillespie, parroco della chiesa, si attenne alle disposizioni diramate allora dal cardinale arcivescovo di Washington Wilton Gregory, che in una comunicazione interna invitò ad accogliere chiunque avesse chiesto la Comunione: «L’aborto è una questione così controversa, che stavolta abbiamo deciso di non esporci come comunità per evitare di dividere o addirittura ferire i nostri parrocchiani» si è limitato a rispondere il religioso alla vigilia della messa domenicale, visto che da settimane il suo ufficio parrocchiale è stato preso di mira con email e telefonate denigratorie.

Da quando il sito d’informazione Politico ha diffuso una bozza redatta dal giudice della Corte suprema Samuel Alito sul parere della maggioranza del collegio che ribalterebbe la Roe vs. Wade, la storica sentenza del 1973 che, assieme alla Planned Parenthood vs Casey del 1992, consente alla donna il diritto di abortire, l’interruzione volontaria di gravidanza è ritornata al centro dell’opinione pubblica chiamando in causa il ruolo della chiesa cattolica.

Come ha scritto acutamente Luigi Testa su Domani, «ad essere in crisi è proprio il cattolicesimo romano, nelle forme che ha conosciuto degli ultimi due secoli. Come, in fondo, è in crisi lo stato, come forma di organizzazione del potere politico dal Seicento in avanti. E le due crisi non sono poi così disconnesse».

Chiese sotto assedio

Il dibattito intorno all’aborto fa di un tema politico una questione confessionale.

Mons. David Allen Zubik, vescovo di Pittsburgh, ha inviato un’email a tutto il clero diocesano allertandolo su eventuali proteste da parte di attivisti pro-choice. In un video postato su Twitter dai sostenitori dell’aborto dell’associazione Ruth sent us, si vede un nugolo di donne vestite che occupano l’interno di una chiesa per manifestare.

A Boulder, in Colorado, il portale della chiesa del sacro Cuore di Maria è stato vandalizzato con la scritta My body my choice. Nel Texas, lo stato che ha le leggi più restrittive in tema di aborto - come dimostra l’arresto della 26enne Lizelle Herrera per aver interrotto la sua gravidanza –, mons. Mark Seitz, vescovo di El Paso, ha scritto una lunga lettera all’indomani della divulgazione della bozza: «Ha cominciato a ridare in me una speranza che era andata in frantumi quasi 50 anni fa. Mi spinge a riconsacrare me stesso e la chiesa di El Paso per fornire un assistenza dedicata a madri e padri che si trovano ad affrontare una gravidanza inaspettata da non sentire mai la pressione di cercare di porre fine alla vita di quel bambino».

Oggi anche i principali luoghi di culto della capitale sono attenzionati: se la chiesa di san Pietro a Capitol Hill ha incoraggiato i fedeli intenzionati a pregare a non farsi coinvolgere in eventuali manifestazioni, il santuario dell’Immacolata concezione, meta dei cattolici nordamericani, ha rilasciato uno scarno comunicato di rassicurazione, visto che in tutta l’area circostante le manifestazioni devono essere autorizzate per legge dall’arcidiocesi.

Lo stato di allerta è alto da quando due gruppi di attivisti pro-choice, Rise Up 4 Abortion e il già citato Ruth Sent Us stanno annunciando proteste a tappeto dentro e fuori le chiese: «Rappresenteremo qualsiasi persona di fede che farà legale ricorso contro di voi per illecita interruzione del servizio di culto religioso» ha scritto lo studio legale Thomas More Society in risposta alle attiviste di Ruth. Rispetto ad altri temi etici, negli Usa l’aborto divide l’opinione degli elettori cattolici.

L’associazione Catholics for Choice, per esempio, è stata criticata persino dal cardinale Gregory, ritenuto fra i porporati più progressisti creati da Bergoglio, dopo una manifestazione in cui era stato profanato il santuario mariano di Washington.

Lo stesso porporato, che l’estate scorsa si era opposto ai vescovi che volevano negare la comunione a Biden, interpellato pochi mesi dopo sulle critiche dell’inquilino della Casa bianca alla legge del Texas che vieta l’aborto sei settimane dal concepimento, ha dichiarato che il presidente Usa «non sta dimostrando l’insegnamento cattolico».

La terza via di Biden

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Biden è il secondo presidente cattolico degli Stati uniti, eppure il sostegno dell’elettorato che condivide con lui la stessa religione scema sempre di più.

Il presidente del gruppo di cattolici pro-choice Catholics for Choice ha criticato la posizione del presidente democratico verso l’aborto definendola «dissonanza cognitiva, cioè la convinzione che le donne abbiano i loro diritti e si possa essere un cattolico tradizionalista, allo stesso tempo». Dagli anni Settanta, Biden ha cambiato la sua opinione sul diritto all’aborto.

Quando nel 1973 la Corte suprema si espresse sulla Roe vs. Wade, egli era diventato senatore 17 giorni prima della sentenza, e dichiarò che «si era andati troppo oltre». Nella corsa alla vicepresidenza degli Stati uniti nel 2008, invece, bollò come la sfida più grande il tentativo di conciliare la sua fede personale con la cultura.

Tanto è emerso, e in modo evidente, durante le primarie del 2020 quando, ha annunciato a sorprese di non poter sostenere più l’emendamento Hyde, che vietava l’utilizzo di fondi federali per pagare gli aborti. Come ha rilevato il Washington Post, Biden in un primo tempo si era opposto ai finanziamenti anche in caso di stupro e incesto, allineandosi più ai repubblicani che ai democratici progressisti di allora.

La cosiddetta terza via di Biden, però, oggi scontenta anche i sostenitori dell’aborto, gli stessi che lo avevano percepito come un alleato. Sul sito web del gruppo di attivisti pro-choice WeTestifty, per esempio, viene mostrato come l’inquilino della Casa bianca usi per la prima volta la parola «aborto» 240 giorni dopo il suo insediamento, mentre il termine non compare neppure nelle due dichiarazioni dell’amministrazione Biden-Harris che commemorano l’anniversario della Roe vs. Wade.

Interpellato dai giornalisti sulla cosiddetta Heartbeat law del Texas – che limita l’interruzione di gravidanza entro le sei settimane – Biden non ha mai usato la parola aborto, che però è menzionata nella dichiarazione scritta.

In merito alla bozza diffusa da Politico, invece, l’editorialista del New York Times Pete Baker ha sottolineato l’espressione utilizzata da Biden: «Ha fatto riferimento al giudizio di scegliere di abortire un bambino: un’espressione che sembra accettare l’argomento anti-aborto secondo cui è un bambino, non semplicemente un feto, a essere abortito». Pochi giorni dopo la divulgazione della bozza, anche la Conferenza dei vescovi statunitensi ha rilasciato una dichiarazione, che suona come un «invito alla preghiera e all’azione». 

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