Circa seicento droni e quasi cinquanta missili da crociera (le cifre sono state diffuse dall’aeronautica ucraina) hanno martellato le regioni ucraine per 12 ore di fila. Zelensky ha dichiarato che è «tempo di azioni decisive» per fermare Mosca
Un denso fumo nero ha avvolto il panorama di Kiev. La capitale ucraina si è svegliata all’alba, intorno alle quattro, con lo schianto delle esplosioni che l’hanno trafitta fino alle sei del mattino; gli attacchi russi, compiuti con droni Shahed e missili da crociera, sono arrivati in diverse ondate. Il bilancio è quello di un altro giorno sanguinoso: quattro i morti, decine i feriti.
In un edificio a cinque piani andato a fuoco nel quartiere di Solomianskyi la 38enne Ilona Kovalenko, mentre cercava di fuggire con sua nonna dal palazzo, sentiva la sua vicina gridare tra le fiamme: «Aiuto! Salvate mia figlia!». La madre e la bambina, ha poi raccontato, erano entrambe coperte di sangue: la dodicenne non è sopravvissuta.
Crateri si contano nella città nelle zone di Darnytskyi, Sviatoshynskyi, Holosiivskyi e Dniprovskyi: insieme a questo elenco, cresce quello del numero dei feriti che il servizio d'emergenza tenta di salvare, scavando tra le macerie dei palazzi. Sono decine nella regione di Kiev, ma anche a Zaporizhzhia. Circa seicento droni e quasi cinquanta missili da crociera hanno martellato le regioni ucraine per 12 ore di fila.
Zelensky ha dichiarato che è «tempo di azioni decisive» per fermare Mosca: dice agli alleati che servono sanzioni per fermare il flusso economico generato dal commercio dell’energia, che ingrassa la macchina da guerra del Cremlino.
Il raid, notano i media ucraini, è arrivato dopo una precisa dichiarazione di Kiev: quella del “mega accordo” trovato con Washington per l'acquisto di armi, un pacchetto da 90 miliardi di dollari.
Per le azioni militari a lungo raggio di Mosca la Polonia ricorre a misure «preventive» – così le ha definite Varsavia, che ha dato l’ordine di far levare in volo i caccia a tutela dei cieli già violati dai droni russi giorni fa. Da Mosca non arriva però nessuna ammissione: il Cremlino riferisce, tramite il bollettino della sua Difesa, che si è concentrato solo contro obiettivi e infrastrutture militari ucraine. Mosca aspetta fervente il presidente americano per trovare un accordo di pace: il portavoce Dmitry Peskov ha reso noto che «Putin sarà felice di incontrare Trump».
Droni ovunque
Dopo gli avvistamenti di lunedì scorso (quelli che hanno causato la chiusura dei cieli dell’aeroporto principale del paese) altri droni sono stati avvistati due notti fa in Danimarca. Hanno sorvolato la più grande base militare del paese (quella di Karup, che ospita le Forze armate danesi e parte del Comando nazionale): a riferirlo le autorità che denunciano un «attacco ibrido» durato ore.
Non c’è un’accusa diretta a Mosca: i velivoli non sono stati abbattuti, ha riferito la polizia, ed è stato dunque impossibile determinarne la provenienza. Ma avvistamenti, ha scritto la Bbc, sono stati segnalati anche dalle forze di sicurezza di Germania, Norvegia e Lituania. Ora Copenaghen, in vista del vertice informale dei leader Ue che ospiterà sul suo territorio, ha vietato per cinque giorni l’uso dei velivoli anche ai suoi cittadini.
Pressione sulla Moldavia
Anche a Chisinau denunciano «enorme pressione» da Mosca «per condizionare le elezioni». Lo ha fatto la presidente moldava Maia Sandu, a capo del Pas, il partito filoeuropeo Azione e Solidarietà che ha sfidato alle urne il filorusso Blocco patriottico dell’ex presidente, Igor Dodon. Il premier del paese Dorin Recean ha denunciato attacchi informatici alle infrastrutture elettorali: sono stati «rilevati e neutralizzati in tempo reale» e non avrebbero influenzato il processo elettorale.
La Moldavia è andata al voto per scegliere tra blocchi: ma non solo tra quelli nazionali – quelli delle sue formazioni politiche –, ma anche tra quelli geopolitici. Più che un voto, è stato un test per decidere da che parte dell’emisfero stare: per decidere se finire nell’abbraccio dell'Unione europea o rimanere nell'orbita della Federazione russa.
Come nelle tornate precedenti, il vero grande elettore si rivelerà la diaspora: quel milione e oltre di cittadini all’estero che, ad ottobre scorso, ha determinato la vittoria al referendum per l'adesione all'Unione europea. Anche questa volta, le due anime dello stesso paese rivaleggeranno fino all’ultimo, per un pugno di voti.
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