È la prima volta che un premier israeliano vola in visita ufficiale negli Emirati Arabi Uniti. Ci ha pensato Naftali Bennett che ha incontrato ieri lo sceicco Mohammed bin Zayed Al Nahyan, il principe ereditario di Abu Dhabi e di fatto sovrano degli Emirati.

L’incontro è durato circa quattro ore, di cui la metà in forma privata tra i due leader, e si è tenuto nel palazzo privato del principe. Le rispettive agenzie di stampa nazionali mantengono riserbo sul meeting, ma è chiaro che sul tavolo ci sono le relazioni bilaterali e la questione nucleare iraniana.

A margine della visita durata due giorni, Bennett ha detto: «Il messaggio che desidero consegnare ai leader degli EAU e ai cittadini emiratini è che il partenariato e l’amicizia reciproci sono naturali. Siamo vicini e cugini. Siamo i nipoti del profeta Abramo». Sulla stessa onda anche il principe ereditario: la visita del premier israeliano «avanza il rapporto di cooperazione verso passi più positivi nell’interesse dei popoli delle due nazioni e della regione».

Dichiarazioni di distensione che seguono la scia dello storico Accordo di Abramo firmato lo scorso anno con la mediazione dell’ex presidente americano Donald Trump e con cui i due paesi hanno normalizzato le loro relazioni diplomatiche. Lo scorso giugno, infatti, il ministro degli Esteri Yair Lapid si è recato ad Abu Dhabi per inaugurare l’ambasciata israeliana.

L’Iran

Il comunicato del governo emiratino pubblicato dopo la visita non menziona il programma nucleare iraniano e neanche la questione israelo-palestinese di cui, secondo il quotidiano Haaretz, i due leader avrebbero discusso. Sono temi sensibili e sentiti, che potrebbero aumentare le tensioni nella regione.

A Vienna, infatti, sono in corso i negoziati tra le autorità iraniane, i leader europei e i funzionari statunitensi per arrivare alla neutralizzazione del programma militare nucleare iraniano.

Teheran in cambio chiede la fine delle sanzioni economiche (che secondo Ispi costano al paese circa 50 miliardi di dollari l’anno per quanto riguarda l’export del petrolio) e la garanzia che gli Stati Uniti non si ritirino nuovamente dall’accordo, come invece accaduto con la presidenza Trump.

Raggiungere un’intesa è di vitale importanza non solo per Israele ma anche per i paesi del Golfo che condividono con Tel Aviv le minacce di Teheran. L’Iran, però, oggi è guidato da Ebrahim Raisi, considerato un interlocutore più intransigente rispetto all’ex presidente Hassan Rouhani.

I rapporti commerciali

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Sono lontani i giorni del 1971 quando una legge federale emiratina imponeva che «è vietato a qualsiasi persona di concludere direttamente o indirettamente un accordo con organizzazioni o persone residenti in Israele, collegate ad esse in virtù della loro nazionalità o che lavorano per conto di esse». O di quando l’azienda di telecomunicazioni statale vietava le telefonate verso Tel Aviv e bloccava i siti web con il suffisso israeliano.

I rapporti commerciali del 2021 tra i due paesi ammontano a circa 500milioni di dollari, il triplo rispetto all’anno precedente, segno che l’Accordo di Abramo ha portato effettivamente a una distensione dei rapporti diplomatici e commerciali tra i due paesi, che sono destinati a rafforzarsi. L’entourage di Bennett, infatti, riferisce che al centro della visita di ieri ci sono state anche diverse questioni economiche.

I due paesi starebbero lavorando per dare vita a un accordo di libero scambio e a progetti comuni nel campo delle energie rinnovabili. Un ulteriore passo in avanti per gli Emirati Arabi Uniti per diversificare il loro portafoglio energetico ancora troppo dipendente dal petrolio.

L’Accordo di Abramo

È passato circa un anno da quando il municipio di Tel Aviv si è illuminato con i colori della bandiera emiratina dopo la firma di quello che molti definiscono l’accordo del secolo. Per la prima volta un paese del Golfo Persico riconosce lo stato di Israele e normalizza le sue relazioni. Le orme di Abu Dhabi sono state seguite anche da Bahrain, Marocco e Sudan che hanno firmato accordi bilaterali con Tel Aviv.

Il trattato di Abramo siglato a Washington nell’agosto del 2020 prevede l’impegno da ambe le parti di seguire un’Agenda strategica per il Medio Oriente di comune accordo con gli Stati Uniti. Un’agenda politica che ora ha un obiettivo comune: fermare la minaccia del nucleare iraniano.

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