«Altre ventiquattr’ore di pioggia e tutta Gaza potrebbe sbriciolarsi e altri bambini potrebbero morire di freddo». A dirlo è Mousa Zidane, un operatore della protezione civile che ha passato tutta la giornata di giovedì a ricevere telefonate di aiuto. Duemilacinquecento solo nelle ultime ore.

Proprio come le previsioni meteo avevano annunciato, la tempesta invernale "Byron" si è scagliata sulla Striscia di Gaza con forti venti, piogge torrenziali e un brusco abbassamento della temperatura. Tale da aver assiderato una bimba di otto mesi, morta tra le braccia della mamma in una tenda di Khan Yunis.

«Sarebbe una situazione difficile anche per un luogo sicuro, figurarsi qui, dove migliaia e migliaia di persone vivono accampate sotto tendaggi precari», racconta ancora Zidane. «Tante persone, infatti, si sono ritrovate senza neanche quel pezzetto di plastica a coprir loro la testa». In poco tempo, ancora una volta, le strade di Gaza si sono trasformate in fiumi allagando accampamenti, campi tendati e facendo diventare i ruderi delle case delle sporche ed enormi piscine.

Man mano che l’acqua si è accumulata, poi, i muri hanno iniziato a cedere e dai palazzi hanno cominciato a cadere cascate d’acqua. A causa dell’acqua incessante, tre edifici, uno ad Al-Nasr, uno Tal Al-Hawa e uno Al-Zaytoun, sono crollati, ma molti altri sono ancora a rischio. È per questo che la protezione civile ha chiesto a coloro che vivono in case semi diroccate o molto danneggiate a evacuarle e trasferirsi altrove.

Gelo e macerie

«È tutto zuppo, tutto freddo e distrutto», dice piangendo Zainab Abu Taweel, 29 anni, che ha lasciato la tenda in cui dopo che la pressione dell’acqua le ha fatto crollare tutto sulla testa. «Il vento è così forte che non si riesce nemmeno a mettere nuovi teloni – dice Zeinab – e ho visto persone sedute nell’acqua, con lo sguardo perso nel vuoto». Le organizzazioni umanitarie hanno denunciato la situazione drammatica della Striscia dove non stanno entrando abbastanza rifornimenti. «Di certo non stanno entrando le forniture per l’inverno che erano state promesse – spiega il giornalista Hassan Isdodi – e le nuove tende, che in questo momento sarebbe preziose, sono bloccate al valico di Kerem Shalom».

Eppure l’arrivo della tempesta era stato preventivato ed era stato sottolineata alle autorità israeliane l’estrema vulnerabilità del territorio e della popolazione di Gaza di fronte alle intemperie. «Più di un milione di persone vivono in condizioni disumane», dice Mohammad Abu Salmiya, direttore dell’ospedale Al-Shifa di Gaza City, «la gente è bagnata fradicia e infreddolita – spiega il medico – e infatti abbiamo già avuto un notevole aumento dei casi di ipotermia tra i bambini e un aumento dei ricoveri degli anziani e delle persone con malattie cardiache e respiratorie».

Intanto, i tempi dell’applicazione del piano di pace si stanno allungando. Se, infatti, era stato annunciato che per metà dicembre il nuovo governo provvisorio sarebbe stato presentato, Donald Trump ha fatto sapere che tutto è rimandato al prossimo anno. Tutti vogliono far parte del Board of peace», ha detto il presidente americano, che avrebbe presentato un invito a Italia e Germania.

E gli Stati Uniti hanno ingaggiato una nuova battaglia anche con l’Agenzia di rifugiati palestinesi delle Nazioni Unite, l’Unrwa, che Trump vorrebbe colpire con sanzioni legate al terrorismo. L’accusa, infatti, è di avere legami con le organizzazioni jihadiste, cosa che l’Unrwa ha contestato fin da quando è stato Israele ad etichettarla come «amica di Hamas».

Intanto, il gruppo è tornato su alcuni nodi della questione disarmo. L’organizzazione islamista, infatti, ha detto è disposta a mettere le sue armi in deposito, ma non intende consegnarle come, invece, sarebbe previsto dall’accordo firmato. «Disarmare il palestinese è come rimuovere l’anima», ha detto ad Al Jazeera uno dei capi, Khaled Meshal, secondo cui Hamas rifiuta qualsiasi forma di occupazione, ma non ha obiezioni a una forza di stabilizzazione internazionale ai confini di Gaza. Hamas, dunque, sembra volersi rimangiare la parola su alcuni punti che erano stati già discussi.

Amnesty International, per la prima volta, ha accusato Hamas e altri gruppi armati palestinesi di crimini contro l’umanità durante e dopo l’attacco del 7 ottobre. «Questi crimini sono stati commessi come parte di un attacco diffuso e sistematico contro una popolazione civile – ha fatto sapere Amnesty – e il rapporto ha rilevato che i combattenti sono stati istruiti a effettuare attacchi contro i civili».

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