La barca Madleen si sta avvicinando alla linea di contatto con gli israeliani. Organizzata dalla Freedom Flotilla Coalition per tentare di infrangere il blocco navale dello stato ebraico su Gaza salpando pacificamente verso la Striscia, con a bordo l’attivista svedese Greta Thunberg, l’imbarcazione partita qualche giorno fa dal porto di San Giovanni Li Cuti, a Catania, si trova ormai al largo delle coste egiziane. «Dobbiamo continuare a provarci perché nel momento in cui smettiamo di provarci perdiamo la nostra umanità», ha detto Greta prima di partire, citando le atrocità della guerra israeliana su Gaza.

Hay Sha Wiya, la portavoce della missione, comunica su Whatsapp che prevede l’avvicinamento alle acque territoriali di Gaza per sabato o al più tardi domenica. L’esercito israeliano da parte sua fa sapere che non intende consentirgli il passaggio. «L’Idf applica il blocco navale di sicurezza sulla Striscia di Gaza ed è preparata a un'ampia gamma di scenari», dice per messaggio a Domani un portavoce delle forze armate, aggiungendo: «Li affronteremo secondo le direttive dei vertici politici».

È quasi impossibile che gli israeliani consentano alla barca di attraccare a Gaza e consegnare gli aiuti che trasporta a bordo. L’incognita è piuttosto in che modo verrà intercettata, con quanta violenza, e quali saranno le ricadute sul piano diplomatico. Oltre a Greta sulla barca c’è il famoso attore irlandese Liam Cunningham, l’eurodeputata francese di origine palestinese Rima Hassan e 10 altre personalità internazionali.

C’è chi teme esiti molto gravi. Dimi Reider, un noto commentatore israeliano, ha scritto su Facebook: «Non credo sia affatto impossibile che il nostro esercito possa uccidere Greta e/o i suoi compagni di equipaggio. Sarebbe stato impensabile prima della guerra, […] ma ora abbiamo una leadership desiderosa di dimostrare che non rispetterà alcuna regola, un esercito con un numero crescente di soldati fuori controllo, e un’isteria genocida che attraversa vasti strati della società israeliana».

Per quanto sia improbabile che la situazione sfugga di mano fino a raggiungere un livello di gravità simile, va ricordato che esiste un precedente di questo tipo. Nel 2010 la Mavi Marmara, un’imbarcazione turca, fu attaccata dalle forze israeliane quando si trovava ancora in acque internazionali. I soldati saliti a bordo uccisero 9 persone e ci furono decine di feriti negli scontri con gli attivisti. L’incidente provocò anni di gelo fra Ankara e Tel Aviv, pesando come un macigno sulle relazioni bilaterali fra i due Paesi, e la dinamica dei fatti è rimasta al centro di annose controversie legali.

Musheir El-Farra, attivista palestinese di Gaza che oggi risiede nel Regno Unito, ricorda invece come nel 2008 le prime due barche a tentare la traversata riuscirono a raggiungere il porto di Gaza. «Siamo stati la prima flottiglia a rompere l'assedio con due imbarcazioni malandate. Fu un trionfo. Eravamo partiti da Cipro e a un certo punto due cannoniere israeliane ci avevano circondato. Ma il gabinetto presieduto da Olmert decise che arrestarci avrebbe avuto un costo politico maggiore, e così ci fecero passare. Ci accolsero 20mila palestinesi, eravamo la prima barca ad arrivare a dispetto degli israeliani dal 1967. Incontrammo anche il leader di Hamas Ismail Haniyeh. Dopo di noi arrivarono ancora due freedom flottilla, poi gli israeliani decisero di chiudere».

Secondo El-Farra è improbabile gli israeliani intervengano in modo violento contro la barca di Greta. «Secondo me la agganceranno e la trascineranno verso Ashdod, o un altro porto nel sud di Israele», dice. «Trattandosi di attivisti occidentali, li arresteranno per uno o al massimo due giorni, e poi li espelleranno dal paese».

Israele non ha mai riconosciuto a Gaza il diritto a controllare le proprie acque territoriali, malgrado il suo ritiro nel 2005. Prima della guerra consentiva la navigazione a poche imbarcazioni palestinesi autorizzate, limitando il loro raggio di azione a poche miglia ed attaccandole frequentemente in modo imprevedibile ed arbitrario.

Per mantenere il blocco Israele si è anche lanciato in operazioni più spregiudicate. Le associazioni promotrici della Freedom Flottilla attualmente in rotta verso Gaza avrebbero voluto salpare verso la striscia già lo scorso mese. Ma al largo delle coste di Malta, in attesa di imbarcare gli attivisti, velivoli non identificati, probabilmente droni o aerei israeliani, hanno bombardato la “Conscience”, come si chiamava la barca che utilizzavano, mettendola fuori gioco.

Per la nuova imbarcazione gli attivisti hanno scelto il nome Madleen, che allude a una delle poche donne attive nella pesca a Gaza. «È una donna molto articolata e carismatica», racconta El-Farra, che alla questione dei pescatori di Gaza ha dedicato un documentario, intitolato Shanshula. È viva, ma è già stata sfollata nove volte sfollata».

Anche la Madleen ha già dovuto fare i conti con degli imprevisti. Lungo il suo percorso nel Mediterraneo centrale si è imbattuta in una barca che trasportava alcune decine di richiedenti asilo e non sembrava in grado di proseguire la navigazione. Vedendo in avvicinamento la nave Tareq Bin Zayed della Guardia Costiera Libica, che gli attivisti hanno definito «nota per le sue gravi violazioni di diritti umani», quattro naufraghi di nazionalità sudanese si sono buttati in mare cercando di raggiungere la Madleen, e sono saliti a bordo.

Non è ancora chiaro come Greta e i suoi vogliano evitare di portarli con sé fino al momento dell’inevitabile scontro con gli israeliani. O addirittura, con un esito che sarebbe degno di un film, direttamente dal Sudan alla Striscia di Gaza.

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