Il nuovo numero di Scenari, la pubblicazione geopolitica di Domani, è questa settimana dedicato all’islam politico. In venti pagine, gli approfondimenti inediti firmati da Giorgia Perletta, Valeria Resta, Chiara Pellegrino, Tommaso Virgili e tanti altri – e le mappe a cura di Luca Mazzali e Daniele Dapiaggi di Fase2studio Appears – analizzano i rapporti complicati fra democrazia e mondo musulmano: dalle riforme ambigue dell’Arabia Saudita alle rivolte in Iran, scoppiate in seguito alla morte della ventiduenne curdo iraniana Mahsa Amini avvenuta il 16 settembre scorso, tre giorni dopo il suo arresto da parte della polizia morale di Teheran, che aveva accusato la giovane di indossare il velo in modo “inappropriato”.

COSA C’È NEL NUOVO NUMERO

Il numero si apre con un focus sulle proteste in Iran. Secondo l’analista Claudio Fontana, le manifestazioni seguite alla morte di Mahsa Amini allargano le crepe di un regime in crisi: negli ultimi anni i cittadini si sono riversati nelle piazze in numerose circostanze per esprimere la propria insoddisfazione, e gli ayatollah – impossibilitati a trovare soluzioni condivise dopo aver azzerato lo spazio per posizioni politiche critiche – si sono affidati sempre più alla repressione per consolidare il loro potere. Fino a quando questo circolo vizioso potrà andare avanti senza che il meccanismo si rompa definitivamente?

La ricercatrice Giorgia Perletta spiega che il velo islamico è diventato centrale nella retorica della Repubblica iraniana fin dalla sua fondazione: utilizzato sia come strumento narrativo a sostegno della sua legittimità, sia come strumento di controllo sulla popolazione, l’hijab è stato così snaturato del suo aspetto spirituale. Come emerge dalle attuali proteste, il rifiuto di indossarlo non ha quindi soltanto un significato religioso, ma è una critica ai fondamenti del sistema di potere.

(AP Photo/Francisco Seco)

L’analista Valeria Resta offre poi una panoramica sulla genesi e l’evoluzione dell’islam politico in medio oriente e in nord Africa. L’ingresso della religione islamica nella sfera politica ha dato vita dai primi anni Settanta in poi a una moltitudine di formazioni, spesso passate da un approccio antagonistico a uno partecipativo alla vita democratica. Dai movimenti afferenti alla Fratellanza musulmana ai partiti che afferiscono all’islam sciita, come il libanese Hezbollah, Resta mette a confronto i modelli esistenti, dalle origini a oggi.

Michele Brignone prosegue evidenziando le fragilità interne ed esterne dei partiti a riferimento islamico: le esperienze in Egitto, Tunisia, Marocco e Turchia dimostrano l’incapacità dell’islam politico di realizzare i propri obiettivi per via istituzionale. La difficoltà di portare a termine la transizione verso il modello della “democrazia musulmana” rinvigorisce così le forze estremiste e la via dell’insurrezione, come accaduto in Afghanistan al momento del ritiro americano.

I ricercatori Elena Tosti Di Stefano e Leonardo Palma si soffermano sul caso libico. Il vuoto dopo Gheddafi è stato riempito da violente faide tribali e spartizioni di interessi delle potenze dell’area, ma la comparsa del Qatar sulla scena è coincisa con il ritorno di alcune figure storiche dell’islamismo militante, come Abdel Hakim Bilhaj, ex leader del Libyan islamic fighting group e capo del partito al-Watan.

Luca Sebastiani ripercorre il fenomeno delle “primavere arabe”, le imponenti proteste di massa che hanno scosso il mondo arabo a partire dal 2011, scaturite dalla morte del venditore ambulante tunisino Mohamed Bouazizi, che a soli 26 anni ha deciso di darsi fuoco davanti alla sede del governatorato di Sidi Bouzid. Era il 17 dicembre 2010. Dalla Tunisia alla Siria, dalla Libia allo Yemen, nei mesi seguenti milioni di persone sono scese in piazza per protestare e cercare di migliorare le proprie condizioni di vita. Nonostante alcuni apparenti successi iniziali, oggi si può capire meglio la portata e l’esito di questi moti, e gli elementi lasciati in eredità.

(AP Photo/Salah Habibi)

Si ricollega alle delusioni seguite alle primavere arabe anche il ricercatore Tommaso Virgili, con una riflessione sulle minoranze: se il sogno di libertà, dignità e stato di diritto che ha acceso gli animi globali a partire da quel lontano 2010 sembra sepolto sotto il peso di più o meno brutali restaurazioni e conflitti senza fine, per alcune persone il risveglio alla realtà è arrivato molto prima, per non dire che il sogno non è mai iniziato. 

In Egitto e in Tunisia le comunità lgbt e i “liberi pensatori” – atei, apostati, blasfemi, umanisti – continuano infatti a subire riprovazione sociale e aspre persecuzioni giuridiche. Le sentenze seguono in entrambi i casi una logica religiosa, basandosi spesso sugli stessi riferimenti testuali e concettuali. In Tunisia, seppur nel nuovo corso autoritario, alcuni spazi di libertà si sono aperti, ma serve la garanzia di una piena tutela dei diritti per tutti gli individui.

L’esperienza dell’Arabia Saudita viene poi analizzata nelle pagine dei ricercatori Chiara Pellegrino e Pietro Baldelli.  

Pellegrino precisa come il 2017 può essere considerato un anno spartiacque: con la nomina a principe ereditario di Mohammad bin Salman, l’intransigenza religiosa che ha dominato la monarchia fin dalla sua fondazione è stata ripensata per avviare il regime verso un processo di riforme volte ad attrarre non più solo pellegrini, ma anche investitori e turisti.

Baldelli sposta invece lo sguardo verso il percorso di normalizzazione tra Arabia Saudita e Israele. Il dialogo discreto israelo-saudita si inserisce nel processo di integrazione regionale, con l’asse Israele-Golfo come suo architrave, e continua ad avvenire sotto il “tutoraggio” degli Stati Uniti. Ma la traiettoria di Riad è molto diversa da quella che ha portato agli Accordi di Abramo.

Il fisico Giuseppe Cima si concentra a seguire sulle preoccupazioni attuali a proposito delle armi a fusione nucleare. La tecnologia della fusione nucleare continua ad avanzare, ma stanno progredendo più velocemente le armi rispetto alla produzione di energia. Così si ripresenta il caso di coscienza che ha dilaniato molti degli scienziati che hanno progettato gli ordigni di Hiroshima e Nagasaki: il nucleare è potenzialmente utile, ma anche spaventosamente pericoloso.

Infine, viene presentato un articolo già pubblicato sulla testata online Persuasion, nel quale i giuristi Jed Shugerman e Alan Z. Rozenshtein analizzano le tesi a favore dell’incriminazione di Donald Trump: il comitato che indaga sull’assalto al Campidoglio sta infatti fornendo nuovi dati fattuali sulla responsabilità penale dell’ex presidente. Se confermati, secondo i giuristi ci sarebbe un solo principio da poter applicare, quello per cui nessuno, nemmeno il presidente degli Stati Uniti, è al di sopra della legge. Nel prossimo numero di Scenari seguirà una replica con le tesi contrarie alla sua incriminazione.

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