- Le proteste scoppiate in Kazakistan a causa dell’aumento del costo del carburante hanno colto di sorpresa molti analisti e osservatori.
- Il presidente dittatore accusa ventimila manifestanti di essere tutti terroristi e agita lo spettro dell’islamismo radicale, una strategia che ricorda quella adoperata da Assad in Siria all’inizio della guerra civile.
- La brutale repressione rischia di radicalizzare molti giovani e di regalare la scena a gruppi jihadisti per ora marginali, giustificando così più violenza del governo.
Le proteste scoppiate in Kazakistan a causa dell’aumento del costo del carburante hanno colto di sorpresa molti analisti e osservatori, trattandosi di un paese che per decenni non ha vissuto sommosse ed è stato placidamente governato dalla dittatura di Nursultan Nazarbayev. Fino al 2019, quando dopo quasi trent’anni in carica, ha lasciato il potere all’attuale presidente, Qasym-Jomart Toqaev. Nazarbayev ha scelto una figura esterna alla sua famiglia per non dare l’impressione di nepotismo, ma



