Proseguono le proteste in Myanmar. Questa volta a sparire nel nulla sono due giornalisti, che si aggiungono alla lista dei nove già arrestati a inizio marzo. Si tratta di Aung Thura, inviato della Bbc e Than Htike Aung, operatore dell'ente di informazione locale Mizzima, uno dei cinque organi di comunicazione a cui la giunta militare al governo aveva ritirato la licenza.

A riportare la notizia è stata proprio la Bbc, che si è detta molto preoccupata per la scomparsa del suo dipendente e ha chiesto «alle autorità di aiutarci a localizzarlo e di confermare che è al sicuro», aggiungendo inoltre che «la Bbc prende molto sul serio la sicurezza di tutto il suo staff in Myanmar e stiamo facendo tutto il possibile per trovare Aung Thura». 

La cattura dei giornalisti

Secondo alcune testimonianze, Aung Thura sarebbe stato portato via da alcuni uomini in borghese, mentre riferiva fuori da un tribunale nella capitale, Nay Pyi Taw, insieme al reporter di Mizzima. Gli uomini che hanno catturato i giornalisti sarebbero arrivati in un furgone privo di targa intorno a mezzogiorno, ora locale, chiedendo di poter parlare con loro. Thura ha avvisato la redazione, che poi ha perso ogni contatto con lui, dando l'allarme.  

Le proteste

In Myanmar è in corso una serie di proteste dal 1˚ febbraio, giorno in cui i militari hanno rovesciato il governo di Aung San Suu Kyi, arrestandola con le accuse di importazione illecita di walkie talkie, diffusione di panico e aver accettato tangenti per 600mila dollari. Da allora i cittadini si sono rovesciati per le strade del paese per chiedere che venga rilasciata. I manifestanti sono stati bloccati con violenza da parte delle forze armate. Da febbraio, infatti, il numero dei morti è in constante aumento. Ieri sono stati uccisi altre tre persone, portando il numero delle vittime a 224, mentre quelle arrestate sono arrivate a essere 2.258. Tra queste, sei giornalisti di diversi organi di informazione, inclusa la famosa agenzia di stampa Associated Press, i quali stavano documentando le proteste in strada. Inoltre, i militari hanno bloccato i social Facebook e Twitter per evitare la diffusione di video e immagini in tempo reale. 

Le Nazioni Unite denunciano e condannano quotidianamente la violenza perpetrata dai militari nei confronti dei dimostranti e ha più volte lanciato appelli in cui chiedeva loro di fermarsi. 

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