«Mi piacerebbe che la Cina ci aiutasse con la Russia». Donald Trump lo pensava in viaggio verso l'Asia e lo ha dichiarato ai giornalisti che erano a bordo con lui dell'Air Force One.

La Russia che non si ferma sul campo di battaglia ucraino e non si piega ai negoziati è uno degli argomenti cardine di cui parlerà con Xi Jinping durante l'incontro programmato in Corea del Sud. Che andrà bene il dialogo con l'omologo cinese ne è certo.

Anzi, Trump si sbilancia: sarà «eccezionale». Per alcuni analisti, quello del repubblicano che non riesce a risolvere il dossier Kiev dal suo arrivo a gennaio alla Casa Bianca, è solo wishful thinking: Pechino è legata a Mosca da quell’«amicizia senza limiti» proclamata dal leader russo, un'alleanza che Xi non ha mai smentito, nei fatti, anche dopo il 2022.

Gli asset di Mosca nel mirino

Dopo l'azione shock contro i colossi energetici russi Rosneft e Lukoil, che Trump ha fatto finire in black list qualche giorno fa, e dopo l'impennata dei prezzi del greggio generatasi sul mercato dopo il suo ciclone sanzionatorio, l'offensiva del presidente americano per accerchiare il Cremlino non si appresta a terminare.

Lo conferma anche uno scoop della Reuters: gli Stati Uniti sono pronti ad emettere ulteriori sanzioni anti-russe, ma prima si aspettano che lo faccia l'Unione europea.

Spetta a Bruxelles “la prossima grande mossa”. Fonti dell'agenzia tra i funzionari della Casa Bianca assicurano che gli statunitensi sono favorevoli a sbloccare gli asset russi in Europa, quelli di cui si discute animatamente in Commissione, tra la levata di scudi del magiaro Orbán e le preoccupazioni del Belgio (nei cui depositi bancari sono congelati).

I fondi possono essere destinati all'acquisto di armamenti made in Usa per l'Ucraina, dicono i funzionari, che valutano di fare altrettanto con i beni russi negli Stati Uniti. Le prossime mosse mirano ad immobilizzare quegli istituti russi che ancora compiono transazioni in dollari, ma, in ogni caso, il prossimo colpo contro Mosca non arriverà presto. Di certo, non questo mese: il presidente aspetterà qualche settimana per valutare l'impatto delle sanzioni.

L’attacco su Kiev

Anche ieri, all'alba, edifici e palazzi di Kiev sono stati smembrati dai missili russi. Di esplosioni e incendi, e delle forze d'emergenza in azione dalle prime ore di luce, ha riferito il primo cittadino Vitali Klitschko, che per primo ha dato notizia dell'attacco balistico in corso contro la capitale. Decine i feriti e almeno due morti.

Per la premier ucraina, Yulia Sviridenko, Mosca tenta di «provocare una catastrofe umanitaria» colpendo le strutture energetiche del paese con l'inverno che si avvicina e col gelo che già si avverte.

Sotto fuoco, durante la sua visita in Ucraina, è finita anche la ministra dell'Economia tedesca Katherina Reiche, che è stata costretta a trovare rifugio in uno scantinato. A causa dei raid delle forze russe due civili hanno perso la vita anche nella regione di Dnipropetrovsk.

Il presidente Zelensky per questo ricorda agli alleati che è «fondamentale che mettano in atto quanto discusso negli ultimi giorni»: si riferisce ai sistemi aerei necessari per difendere il territorio. Intanto, l'anno prossimo arriveranno i primi dei 150 caccia Gripen concessi dalla Svezia. «Solo dall'inizio di quest'anno», ha ricordato Zelensky, «la Russia ha lanciato circa 770 missili balistici e più di 50 missili Kinzhal contro l'Ucraina». Ieri le forze ucraine sono riuscite invece a colpire invece la diga di Belgorod, ora a rischio inondazione. Lo ha riferito il governatore Vyacheslav Gladkov, che pensa già all'evacuazione di alcuni villaggi limitrofi.

L’incontro con Witfkoff

Negli Stati Uniti non c'era più stato da aprile scorso, quando ha cominciato a ricostruire certosino i ponti delle relazioni interrotte tra russi e americani, ma ci è tornato ieri l'inviato russo del Cremlino, Kirill Dmitrev, a capo del Fondo degli investimenti diretti della Federazione.

La missione era incontrare l'omologo statunitense Steve Witkoff, ma anche altri alti papaveri americani, i cui nomi però sono rimasti segreti. Almeno per il momento: non li ha rivelati l'agenzia statale russa Tass che dà notizia del suo viaggio, né lui stesso, durante un'intervista concessa alla Cnn.

All'emittente ha detto che Stati Uniti, Ucraina e Russia sono vicini alla “soluzione diplomatica” e che il famigerato summit di Budapest tra Trump e Putin – un vertice che da imminente è diventato sospeso e poi, de facto, annullato – si terrà, invece.

Se accusa Kiev di essere maggior ostacolo ai colloqui, dall'altro si congratula con Zelensky: «È una grande mossa da parte del presidente riconoscere che si tratta di linee di battaglia», dato che «la sua precedente posizione era che la Russia dovesse andarsene completamente».

La pace, ha detto Dmitriev, però sarà possibile solo se «gli interessi della Russia saranno presi in considerazione e trattati con rispetto». Ha beffato, proprio come ha già fatto il suo presidente, le sanzioni contro i colossi petroliferi di Mosca: «Faranno solo aumentare i prezzi della benzina nelle stazioni di servizio americane».

© Riproduzione riservata