Due anni fa all’aeroporto di Hostomel, contro ogni attesa falliva la guerra lampo della Russia per conquistare l’Ucraina. Se quell’aeroporto fosse caduto non ci sarebbe stata la storia che conosciamo oggi.

Da soli, con le poche armi che avevano a disposizione, gli ucraini della difesa territoriale respinsero gli spetznats, le truppe speciali russe inviate in elicottero ad occupare quel nodo strategico che avrebbe permesso l’accerchiamento di Kiev.

Se la resistenza ucraina di quelle prime ore e primi giorni non fosse stata eroica, probabilmente l’occidente non sarebbe nemmeno intervenuto in sua difesa.

La lotta degli ucraini è diventata simbolo d libertà e di patriottismo per tutti, fino alla controffensiva che è riuscita a liberare dall’occupazione russa molta parte del territorio occupato nelle prime settimane.

La scelta di Vladimir Putin di attaccare è stata sciagurata perché ha rigettato l’Europa indietro di 80 anni e ci ha fatti ripiombare nella guerra grande.

Ma è stata anche un fallimento per la Russia: la grande armata russa respinta dalla volontà di un popolo di non cedere all’aggressore, la cui immagine è stata quella dei carri armati abbattuti da soldati a piedi.

Mosca non potrà mai più pretendere la russificazione degli ucraini, ormai molto lontani da lei. L’esercito russo ha perso la sua reputazione davanti a Kiev, Kharkiv, a Bucha e Irpin e in tutte le altre zone in cui ha combattuto.

Ma ha perduto la faccia anche a Mariupol, completamente annerita e rasa al suolo, a Odessa e sul mar Nero dove ha subito molte umiliazioni, così come in tutte le zone del Donbass ridotte in cenere. Non è di grande soddisfazione occupare terra bruciata.

Cos’ha perso la Russia

Ci si chiede cosa abbia guadagnato Putin in questi due anni: il paese è regredito allo stato di economia da guerra, dipende in quasi tutto dalla Cina (o peggio ancora dalla Corea del Nord!), ha perso reputazione e ruolo internazionali. Non è certo questa la strada per tornare ad essere potenza globale.

Ma in questi ultimi mesi la Russia si è fatta più ardita: la resilienza delle sue forze armate ora si sente, mentre torna all’attacco perché dispone di molti più uomini e armi dell’Ucraina.

Malgrado ciò, anche se tatticamente potrà annunciare qualche vittoria, strategicamente la Russia ha fatto un tale balzo all’indietro che nessuna spiegazione vittimistica (cioè la minaccia occidentale contro di essa) potrà giustificare o sanare.

Ma ci si deve chiedere anche quale sia la prospettiva di questa guerra infinita per Kiev. Mosca può restare nella posizione attuale per molto tempo, grazie ai suoi grandi spazi e al carattere del suo popolo.

Ma gli ucraini? Sono dissanguati da due anni di guerra e iniziano a perdere la speranza che il conflitto possa terminare. La vittoria promessa non è venuta né si pensa più che verrà.

È la lezione della storia: la Russia quando si difende è invincibile. Questo è il motivo per il quale la propaganda di Mosca è basata su una presunta “aggressione occidentale”: è l’unico modo per garantirsi l’appoggio popolare.

E sappiamo quanta eco abbia nel mondo (e nel sud globale) tale narrazione. È necessario partire da tale realtà – che può non piacere ma che esiste – per pensare al futuro.

Da questa parte del mondo, la visione occidentale dell’aggressione russa e dell’eroica resistenza ucraina è condivisa da tutti.

Più problematica è stata la narrazione della vittoria sulla Russia (la sua sconfitta o scomparsa o frattura ecc.), costruita ad arte in una seconda fase, tanto da spingere alcuni leader occidentali a sconsigliare gli ucraini di trattare.

Ciò è avvenuto dopo gli atroci massacri di Bucha e Irpin e prima della caduta di Mariupol.

Da un punto di vista strategico è stato un grave errore di calcolo. Si diceva in quei mesi che la Russia era allo stremo, che non aveva più armi o missili, che era a corto di munizioni, che mancava poco, che bastava attendere ancora un po’ e sarebbe crollata ecc. Tutto sbagliato: oggi la situazione si è rovesciata e sono gli ucraini ad aver pagato questo errore.

La guerra pare eternizzarsi e giustamente il cardinal Matteo Zuppi si chiede: «Qualche volta ci illudiamo “andrà tutto bene” ma non è andato tutto bene… è davvero così necessario il dolore a cui stiamo assistendo? Abbiamo fatto tutto ciò che potevamo per la pace?».

I leader occidentali dovrebbe aver il coraggio di ammettere che “non è andato tutto bene” come avevano promesso agli ucraini. Prendersela ora con la fallimentare controffensiva di Kiev sarebbe ingiusto perché è stata costruita sulle assicurazioni occidentali. Ma soprattutto alla domanda del cardinale si deve confessare che la risposta è: no, non l’abbiamo fatto.

Ci si è cullati nell’illusione della sconfitta della Russia e della fine del regime. L’Occidente è stato accecato dal miraggio di una vittoria facile che non solo non è venuta ma che si sta trasformando nell’incubo della sconfitta. Difatti l’occidente ha commesso il medesimo errore di Putin all’inizio.

Con la sua narrazione Usa ed Europa si sono autoconvinti di essere sulla strada giusta ed hanno deciso di evitare ogni possibile trattativa, chiedendo agli ucraini di non negoziare quando lo stavano facendo (per poi dichiarare che erano stati loro a deciderlo). Certamente i negoziati di Minsk erano limitati ma avrebbero comunque permesso di aprire una fase diversa.

In cambio purtroppo oggi l’occidente non offre nessuna prospettiva: le opinioni pubbliche sono stanche, mancano i finanziamenti, Usa e Ue sono recalcitranti a dare nuove armi, non si sa più bene cosa fare. Si fa ancora molta retorica di discorso ma ben pochi fatti.

Gli ucraini lo sentono e capiscono di essere quasi abbandonati. Non è certo in corso un’ondata di pacifismo in Europa o negli Stati Uniti: semplicemente riemerge l’egoismo occidentale e la voglia di tranquillità per pensare a sé.

Come se ci si fosse imbarcati in un’avventura troppo grande e soprattutto molto costosa. Su questo punta la Russia ed è necessario non darle la possibilità di vincere. Serve perciò offrire urgentemente una prospettiva politica al conflitto: una exit strategy dignitosa perché la guerra infinita è solo un vantaggio per Putin.

È d’obbligo partire dal concetto che per l’occidente la guerra non è un opzione nelle relazioni con chi è diverso da sé. La Russia è e resterà diversa.

Tuttavia serve trovare un modo per conviverci, così come con la Cina e tanti altri paesi. Non tutto il mondo accetta di diventare come l’occidente, democratico e terra dei diritti.

Affrontare tale differenza con il conflitto non fa che rendere il solco più ampio e rafforza l’ostilità reciproca. La guerra non è mai una soluzione perché si tratta di uno strumento inutile e non definitivo: permane sempre la volontà di rivincita.

Così è stato con la guerra fredda che l’occidente pensava di aver vinto senza sparare un colpo. Salvare l’Ucraina oggi significa trovare una via di uscita a questa guerra che la sta dissanguando. E che minaccia di travolgerci tutti. Ripetiamo ancora una volta: non c’è vittoria possibile.

Se pur ci fosse sarebbe parziale, elusiva e fallace, un’illusione solo in preparazione di una prossima guerra. L’unica cosa che ci garantisce è ristabilire la convivenza: negoziato difficile ma si tratta dell’assicurazione più robusta. E sopra di ogni altra cosa è la strada maestra per salvare l’Ucraina.

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