A meno di sei mesi dall’accensione del braciere, l’Olimpiade invernale continua a collezionare ombre. La retorica di trasparenza e sostenibilità si scontra con criticità che si addensano su tre fronti
A meno di sei mesi dall’accensione del braciere, l’Olimpiade Milano-Cortina 2026 continua a collezionare ombre. La retorica di trasparenza e sostenibilità si scontra con criticità che si addensano su tre fronti: gli appalti permeabili, gli impianti sotto accusa e i conti sempre più fuori controllo.
Gli appalti opachi
Il caso Bracchi srl è diventato il simbolo della fragilità dei controlli. L’azienda di Valdisotto, esclusa nell’aprile 2025 da una gara regionale per l’innevamento a Bormio perché il titolare era coinvolto nell’inchiesta “Recharge” su corruzione e turbative, compare come subappaltatrice in due cantieri olimpici chiave: l’impianto di innevamento della Stelvio e la riqualificazione delle aree contermini.
Un paradosso che ha spinto il deputato Tino Magni (Alleanza Verdi e Sinistra) a chiedere in parlamento spiegazioni sul perché un’impresa giudicata inidonea da regione Lombardia sia stata considerata idonea, seppur indirettamente, dalla società pubblica Simico.
La vicenda mette a nudo la “zona grigia” dei subappalti: controlli rigorosi sui vincitori delle gare, molto più laschi sugli affidamenti secondari. È proprio qui che società escluse rientrano dalla porta di servizio. Non si tratta di un episodio isolato. Inchieste della procura di Milano hanno già acceso i fari su presunte sovrafatturazioni per servizi digitali e sul ruolo di grandi società di consulenza. La stessa Autorità anticorruzione ha segnalato i rischi dei subappalti a cascata, ricordando come siano terreno fertile per incidenti sul lavoro e infiltrazioni.
La Direzione investigativa antimafia ha più volte messo in guardia sul pericolo di penetrazione della criminalità organizzata nei grandi eventi. Per Milano–Cortina il rischio è concreto: oltre tre miliardi di euro di appalti costituiscono una torta troppo grande per non attirare appetiti.
Il piano sportivo sotto accusa
La “prova generale” di settembre in Val di Fiemme ha trasformato i trampolini olimpici di Predazzo in un caso internazionale. In 48 ore tre atlete di punta - l’austriaca Eva Pinkelnig, la canadese Alexandria Loutitt e la giapponese Haruka Kasai - hanno subito gravi lesioni al ginocchio. Le federazioni di Austria e Canada hanno ritirato in blocco le loro squadre, mentre la Federazione internazionale ha dovuto ammettere la necessità di correttivi.
Non si tratta di incidenti marginali: si parla di HS104 e HS134, trampolini inaugurati a luglio e già contestati. Il race director Sandro Pertile ha evocato «nuove sfide» legate ai materiali e alla quota, ma la sequenza di infortuni ha minato la fiducia degli atleti. La credibilità sportiva, già provata, è crollata davanti alle telecamere.
I danni ambientali
Nel frattempo a Cortina, all’inizio di settembre, durante i lavori per la cabinovia Apollonio-Socrepes si è aperta una voragine di oltre 15 metri. L’area era nota per la fragilità geologica, con pareri negativi in sede di Valutazione ambientale. Eppure i cantieri sono andati avanti fino al crollo.
Residenti ed eurodeputati hanno presentato esposti per denunciare la sottovalutazione dei rischi idrogeologici. A ciò si aggiungono i costi ambientali: oltre 800 alberi abbattuti per la pista da bob, milioni di metri cubi d’acqua destinati all’innevamento artificiale, cantieri che avanzano a macchia di leopardo in zone montane già delicate.
Promessa come Olimpiade “green”, Cortina ’26 rischia di lasciare un’eredità di frane, deforestazione e opere inutilizzate.
I conti in rosso
Sul piano finanziario il bilancio è un bollettino di guerra. Il decreto Sport approvato ad agosto ha portato 328 milioni aggiuntivi e la nomina di un commissario separato per le Paralimpiadi, Giuseppe Fasiol. Una scelta letta come il tentativo di “spacchettare” i buchi: 248 milioni destinati ai costi paralimpici e il resto a logistica e accessibilità.
Non meno controversa la decisione di attingere 43 milioni dal Fondo per le vittime di mafia e usura, destinato anche agli orfani di femminicidio. Associazioni e opposizioni hanno parlato di «schiaffo alle vittime».
Sul fronte giudiziario la procura di Milano ha chiesto l’archiviazione dell’inchiesta su corruzione e turbativa d’asta, ma ha sollevato alla Consulta il dubbio di costituzionalità del decreto che ha privatizzato la Fondazione. I magistrati hanno denunciato che la norma ha ostacolato intercettazioni e sequestri per circa 4 milioni.
I numeri ufficiali completano il quadro: deficit patrimoniale oltre 150 milioni a metà 2025, contro i 107 del 2023; costi complessivi lievitati da 1,36 miliardi del dossier di candidatura a quasi 6 miliardi, con un’ulteriore crescita stimata tra i 180 e i 270 milioni. Solo il 10 per cento delle opere risulta completato, con il rischio concreto che a pagare sia la finanza pubblica. Corte dei Conti e istituzioni locali parlano di «deriva emergenziale»: ogni nuovo buco viene coperto con stanziamenti straordinari, senza un vero piano industriale né certezze di ritorno economico per i territori.
Gli appalti permeabili, gli impianti contestati e i conti in caduta libera compongono il mosaico che erode la fiducia nei Giochi. Il cronoprogramma corre veloce, ma la trasparenza, la sicurezza e la sostenibilità - i tre pilastri della candidatura - appaiono oggi incrinati. A Cortina ’26, la neve artificiale rischia di coprire buchi ben più profondi.
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