La Serie A è ripartita con la seconda giornata. Una settimana fa, a colpire è stato il silenzio delle curve di Milan e Inter, in rotta con le società per le rigide regole imposte dopo l’inchiesta Doppia curva: dai divieti di bandiere e striscioni alle controverse “blacklist”. Lontano da Milano cadono buona parte delle restrizioni come ha dimostrato la Sud rossonera a Lecce, ma al Meazza è un’altra storia. Se è inverosimile immaginare che si vada avanti così per tutto il campionato, il tema è quale tipo di compromesso possa essere trovato
«Volete il teatro? Tenetevelo». A Milano la Serie A è iniziata nel segno delle contestazioni, con le curve di Milan e Inter che minacciano una stagione in silenzio. Le rigide regole imposte dai club dopo l’inchiesta Doppia curva, dai divieti di introdurre bandiere e striscioni alle famigerate “blacklist”, hanno portato gli ultras di entrambe le squadre ad astenersi dal tifo nella prima giornata di campionato. E mentre a Milano ha dominato il silenzio, altrove le tifoserie più calde hanno trascinato i club “minori" a risultati inattesi.
Le nuove regole
La spinta verso un controllo maggiore sulle curve si lega a doppio filo all’inchiesta che negli scorsi mesi ha colpito le tifoserie organizzate di Milan e Inter. Per evitare provvedimenti più duri da parte delle autorità, le società hanno scelto di muoversi in anticipo con misure drastiche.
La prima, direttamente collegata all’attività della procura, riguarda gli abbonamenti. Circa 200 persone si sono viste negare dai due club la possibilità di rinnovare il proprio tagliando finendo in una sorta di “blacklist” di tifosi indesiderati. Tra loro soggetti coinvolti in vario modo nell’inchiesta che nei mesi scorsi ha svelato i legami tra ultrà e criminalità organizzata per la gestione affari illeciti legati allo stadio e alle attività che gli gravitano intorno, dal bagarinaggio al traffico di stupefacenti.
E oltre a chi compare nelle carte della procura, il divieto è esteso anche a tifosi già colpiti in passato da Daspo, da provvedimenti per condotte violente o, nel caso dell’Inter, protagonisti delle contestazioni alla società alla vigilia della finale di Champions League. Un provvedimento che, però, vale solo per la curva: il divieto di rinnovare l’abbonamento, infatti, non vale per altri settori dello stadio.
Una misura a cui si aggiungono restrizioni sui simboli del tifo organizzato: bandiere e striscioni ammessi solo con autorizzazione, divieto di megafoni e tamburi, stop alle coreografie non concordate. Misure che, sostengono gli ultras, trasformano San Siro in un anonimo teatro.
L’atmosfera
Un quadro ben diverso da quello a cui siamo abituati e che rimane invariato nelle partite in trasferta. Lontano da Milano cadono buona parte delle restrizioni come ha dimostrato, già alla seconda giornata, la curva rossonera che a Lecce ha riempito il settore ospiti, tifando per 90 minuti la squadra di Massimiliano Allegri con bandiere e striscioni. Uno scenario ben diverso dallo “sciopero” inscenato lo scorso weekend, e che proseguirà in tutte le gare casalinghe con le due curve, virtualmente unite in questa protesta, che hanno deciso di mostrare a tutti quello che potrebbe diventare San Siro senza di loro.
In Milan-Cremonese la curva ha scelto la via del silenzio: 90 minuti senza cori che hanno trasformato il Meazza in un’arena ovattata, mentre a prendersi la scena sono stati i tifosi ospiti, trascinando la propria squadra alla prima storica vittoria contro i rossoneri a San Siro.
Due giorni dopo la curva nerazzurra ha scelto una strada diversa, rispetto a quella dei cugini, rimanendo fuori: «Da oggi - recita il comunicato - i gruppi organizzati resteranno fuori dal Meazza. Fino a quando i nostri ragazzi non potranno tornare allo stadio e le bandiere a sventolare. Non chiediamo privilegi ma quello che ovunque è la normalità». Dentro, qualche coro spontaneo ha coperto il canto incessante dei tifosi del Torino, impegnati nella loro contestazione contro il presidente Urbano Cairo. Ma quando si vince 5-0 è facile scaldare l’ambiente.
Al momento né le società sembrano intenzionate a rivedere le nuove regole, né le curve vogliono accettare restrizioni che ritengono «un abuso». La presenza della Sud al via del Mare per la partita contro il Lecce sembra, più che un’apertura al dialogo con la società, una dimostrazione di forza. Un messaggio a club e tifosi per ribadire come la presenza del tifo organizzato possa fare la differenza non solo per l’atmosfera, ma anche e soprattutto per i risultati.
Ma in questo braccio di ferro, sullo sfondo restano gli interessi ultras a San Siro che, come ha mostrato l’inchiesta Doppia Curva, vanno oltre il tifo. E se è plausibile che l’indagine non abbia azzerato gli affari attorno al Meazza, è realistico ipotizzare un tentativo di mediazione tra società e curve.
Il modello Juventus
Le società sembrano così aspirare al modello già applicato allo Stadium di Torino, fino a oggi un unicum in Italia. Nel nuovo stadio la Juventus ha adottato, già nel 2011, una linea dura mitigata solo in parte dal dialogo con i propri tifosi. Ad oggi l’ingresso di tutto il materiale tipicamente associato agli ultras, bandiere, striscioni, megafoni e tamburi, è permesso solo previa autorizzazione da parte della società. Le inchieste che nel recente passato hanno colpito la curva bianconera hanno rafforzato quel modello a cui oggi Milan e Inter ambiscono proprio a seguito di vicende giudiziarie.
Per assecondare le richieste della procura, quindi, si vorrebbe creare un ambiente più controllato. Un modello con più spettatori e meno tifosi, che già traspariva dai dossier sul nuovo stadio in cui potrebbero esserci il doppio dei posti vip.
Intanto domenica sera l’Inter tornerà in campo per la sfida contro l’Udinese in un Meazza che si preannuncia, di nuovo, insolitamente silenzioso. Con un braccio di ferro che rischia di cambiare per sempre il volto del tifo milanese.
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