I centri antiviolenza e le realtà che si occupano di educazione alle relazioni negli istituti: «I percorsi partano dall’autodeterminazione e dalla cultura del consenso». Avere un lessico sentimentale è fondamentale per prevenire la violenza di genere e le malattie sessualmente trasmissibili, ma anche per combattere abilisimo, transfobia e omofobia. L’ultima polemica a Roma: il bando da 420mila euro del Comune per finanziare percorsi simili alle medie è finito sotto attacco delle destre
Pro vita e famiglia continua a dettare l’agenda di governo, proseguendo l’opera di ingerenza e delegittimazione delle istanze progressiste sul tema dei diritti. Lo ha fatto con pressioni dirette all’esecutivo, asserendo che «lo stanziamento di mezzo milione di euro in manovra per finanziare una presunta e ideologica “educazione sessuo-affettiva” nelle classi dei nostri figli e nipoti è un cedimento gravissimo della maggioranza di centrodestra all’isteria abortista dei collettivi trans-femministi».
Il dibattito intorno alla questione, nella politica di palazzo, si era aperto con l’emendamento di Riccardo Magi (+Europa), approvato nella legge di bilancio, in cui sarebbero dovuti essere stanziati 500mila euro per l’educazione sessuo-affettiva nelle scuole.
Nonostante la cifra irrisoria, dopo la pressione di Pro vita, i fondi saranno invece utilizzati per formare gli insegnanti delle scuole medie e superiori sui temi della prevenzione dell'infertilità. Le politiche illiberali e retrograde del governo, sorde alla richiesta dell’introduzione strutturale dell’educazione sessuo-affettiva all’interno delle scuole, continuano a non fare nulla di concreto per contrastare la violenza maschile contro le donne e le discriminazioni.
Secondo il Report-Gem 2023 dell'Unesco , inoltre, l'Italia è l'unico paese dell'Europa, insieme a Bulgaria, Cipro, Lituania, Polonia e Romania, a non avere programmi formali e obbligatori di educazione affettiva e sessuale nelle scuole.
In questo dibattito si inserisce l’iniziativa del Comune di Roma che, il 15 gennaio, ha presentato un bando da 420mila euro per finanziare progetti del terzo settore per l’educazione affettiva nelle scuole medie di Roma. L’obiettivo è quello di prevenire la violenza e la discriminazione basate su genere e orientamento sessuale e per promuovere la parità di genere.
Non si è fatta attendere la polemica da parte di Fratelli d'Italia, Lega e Pro vita e famiglia; che hanno attaccato il progetto. Il bando, ha dichiarato il sindaco Gualtieri, «consentirà di finanziare iniziative in tutti i municipi coinvolgendo le famiglie e tutta la comunità educante. Una risposta alla domanda che ci arriva dalla società in cui viviamo e che risente pesantemente di fenomeni di violenza e discriminazione di genere».
Il sindaco e l’assessora a Scuola, formazione e lavoro, Claudia Pratelli, hanno presentato il bando che prevede la selezione di 15 progetti da attuare negli anni scolastici 2024-2025 e 2025-2026, che saranno realizzati durante l’orario scolastico, coinvolgendo docenti e famiglie degli istituti secondari di primo grado della Capitale.
La campagna Italy needs sex education
Flavia Restivo, fondatrice della campagna “Italy needs sex education”, commenta la notizia: «È una mossa assolutamente intollerabile per un paese che si ritiene libertario e progressista. Dare la possibilità a un governo di destra tanto conservatore di gestire il programma di eventuali corsi di educazione sessuo-affettiva, si è dimostrato assolutamente rischioso».
Per Restivo c’è bisogno di un «piano programmatico nazionale egualitario in tutti gli istituti, dal nord al sud del paese, senza escludere persona alcuna e con l’aiuto di esperte del settore che non facciano parte del corpo docente». La campagna “Italy needs sex education”, ha l’obiettivo di introdurre l’educazione sessuo-affettiva in tutte le scuole italiane, dalla scuola materna fino al liceo: «L’idea è quella di coinvolgere non solo gli studenti, ma anche i docenti, i genitori e delle figure esterne. Vorremmo che questo tipo di educazione non fosse insegnata dai professori ma da persone professionalizzate».
Restivo racconta a Domani: «Stiamo allargando la nostra community il più possibile, anche nei piccoli paesi e nelle regioni in cui, purtroppo, si fa più difficoltà a far sentire la propria voce. In tutto il paese siamo più di diecimila attivisti e attiviste, che creano gruppi e spazi di dibattito per fare rete e avere poi la forza di riuscire a cambiare le cose in modo consapevole».
Restivo conclude: «I paesi che hanno già messo in campo l’educazione sessuo-affettiva ci fanno capire che questa induce, soprattutto in giovane età, a una maggiore consapevolezza di sé e degli altri, ad avere maggiore sensibilità e fornisce ad ognuno gli strumenti per crescere in una società in modo consapevole, tutte e tutti con le stesse possibilità».
Associazione Scosse: educare alle differenze e alle relazioni
Paola De Nigris è rappresentante legale dell’associazione “Scosse” di Roma, che ha sede operativa all’interno della Casa delle donne “Lucha y Siesta”. L’associazione nasce da «un gruppo di giovani ricercatrici che lavorano all’interno dell’accademia, che hanno scelto di uscire da lì e di creare un’associazione che lavorasse principalmente sulla decostruzione degli stereotipi e su come questi ultimi condizionino le vite nei contesti educativi».
Lavorano nella ricerca e nella formazione «di persone piccole e adolescenti, con il personale educativo. Con il catalogo “Leggere senza stereotipi” abbiamo creato una raccolta di albi illustrati che racconta come vengano rappresentate le vite, i corpi e la sessualità nella letteratura per l'infanzia e per l’adolescenza».
Nel 2014, dopo un progetto di formazione di educatrici ed educatori dei nidi dell’infanzia del comune di Roma, hanno subito «un fortissimo attacco dalla minoranza del consiglio comunale, tramite Fratelli d’Italia e la galassia Pro vita, sul fatto che rappresentassimo “l’ideologia gender”. Abbiamo deciso che la risposta dovesse essere collettiva e politica».
Con altre realtà del nord e del sud Italia, è stato creato l’evento “Educare alle differenze”, un «momento di confronto e dibattito di chi vive direttamente il mondo dell’educazione, che ragionasse su che cosa volesse dire costruire un’educazione che fosse libera da pregiudizi e stereotipi. Da questa esperienza è nata una rete che lavora con realtà associative di 17 regioni».
«Noi parliamo di educazione alle relazioni – aggiunge De Nigris – al cui interno sussiste anche l’educazione sessuo-affettiva. Il sogno è quello di avere percorsi di educazione sessuo-affettiva che abbiano la capacità di collaborare con diverse realtà e professionalità a partire dai consultori pubblici, dai centri antiviolenza e dalle Ulss e che vivano quotidianamente nei contesti educativi a pieno titolo. Per sostenere ragazze e ragazzi, ma anche il corpo docente». Per De Nigris «c’è bisogno di un investimento strutturale in questa forma di educazione.
C’è, infine, il tema legato alle politiche di governo: «Ci attaccavano già prima che fossero al potere. Ogni volta che entriamo in una scuola c’è qualcuno di Pro vita o altre associazioni di quella galassia che prova a intimidire o a fare pressione verso il corpo docente o la dirigenza scolastica. Questo crea un muro ideologico immenso, è un attacco costante e sfibrante per il corpo docente e per chi lavora ai progetti. Alcuni bandi che faceva la regione Lazio sull’educazione alle relazioni, infatti, ora non esistono più».
In merito al protocollo “Educare al rispetto: azioni condivise per prevenire ogni forma di violenza sulle donne attraverso il contrasto a stereotipi o discriminazioni di genere”, firmato alcuni giorni fa dal ministro dell’Istruzione e del merito Giuseppe Valditara e dalla fondazione Giulia Cecchettin, la rete “Educare alle differenze” ha dichiarato che «non basterà ad affermare una cultura educativa di prevenzione ai femminicidi».
Nel testo «non si affronta il cuore del problema, come non si parla neanche una volta di omolesbobitransfobia, che condivide la stessa matrice con la violenza maschile contro le donne: continuare a fare finta che non esista è un’omissione colpevole, violenza essa stessa».
Il protocollo firmato nei giorni scorsi, inoltre, «è un accordo in cui il ministro, ancora una volta, misconosce il lavoro che da anni portano avanti le realtà impegnate sul campo: non interpellando né dando un ruolo ai Centri antiviolenza e alle tante associazioni che si occupano di prevenzione primaria». Quella di Valditara, per la rete, è «un’operazione di facciata, che non stanzia fondi né tanto meno propone iniziative strutturali per operare un cambiamento reale».
Casa delle donne Lucha y Siesta
Sara Pantoni è operatrice del centro antiviolenza Lucha y Siesta di Roma. Spiega quanto sia importante che venga sostenuta l’educazione sessuo-affettiva nelle scuole e portata avanti da realtà femministe: «È fondamentale inserirla nei programmi, è la prima forma di prevenzione alla violenza di genere. I modelli relazionali che possiamo trasmettere possono dare delle “cassette per gli attrezzi” a livello di lessico sentimentale, per prevenire la violenza di genere ma anche le malattie sessualmente trasmissibili, per combattere abilismo, transfobia e omofobia. Sono i femminismi e il transfemminismo i primi a studiare e a teorizzare nuovi modelli relazionali».
Per Pantoni «non bastano i centri antiviolenza e le case rifugio, che dovrebbero essere sempre di più, ma anche la parte della comunità educante che si mette in gioco e inizia ad ascoltare professioniste delle associazioni che studiano questo argomento da tantissimo tempo».
Da settembre, Lucha y Siesta è stata chiamata in 35 scuole romane: «Studentesse e studenti vogliono essere informati, dato che non hanno un programma su questi temi. Se pensiamo che il fenomeno della violenza avviene all’80 per cento in famiglia, tramite i partner, questo fa capire quanto sia importante lavorare nelle scuole per comprendere come scardinare dinamiche violente strutturali nella società».
Centro antiviolenza di Padova
Per Stefania Loddo, referente del Centro antiviolenza di Padova, «il lavoro di prevenzione nelle scuole è fondamentale. Facciamo un lavoro di educazione sessuo-affettiva con l’obiettivo finale di fare in modo che le relazioni che i ragazzi e le ragazze costruiscono siano empatiche, rispettose e basate sul consenso». Sarebbe fondamentale che «tutte e tutti potessero accedere a un programma uniforme su tutto il territorio nazionale e ciò, al momento, non esiste».
Si da per scontato che l’unica cosa importante nelle relazioni sessuali e affettive tra persone giovani sia la procreazione: «Questo taglia fuori una parte enorme di esperienze, non solo nelle relazioni eterosessuali, e soprattutto nulla ha a che vedere con la prevenzione della violenza».
Secondo Loddo che «questo tipo di educazione sia in una prospettiva femminista è una parte fondamentale della metodologia. Nel 2017-2018 erano uscite linee guida della scuola molto generiche per la prevenzione alla violenza di genere, ma vi rientrava ogni intervento che avesse a che fare con queste tematiche. Negli anni è emerso che molti interventi che venivano fatti sotto questa cornice erano legati alla fertilità e all’aborto, sempre in un’ottica di relazione finalizzata solo alla procreazione».
La parte di metodologia femminista «a cui noi teniamo tantissimo è quella di partire dall’autodeterminazione e dal consenso. Partiamo dal presupposto per cui le persone che sono inserite in una relazione - che sia affettiva, intima o sessuale - ci stiano dentro per piacere personale con consapevolezza e consenso e, sulla base di questo, esplorino sé stessi e l’altra persona in maniera non violenta».
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