Il 2021 è stato un altro anno segnato dalla pandemia, alle vittime del Covid-19 si sono aggiunte anche le storie di chi ha perso la vita per il lavoro, solo perché donna o per tragici incidenti che, forse, potevano essere evitati.

Saman Abbas

Il suo corpo non è stato ancora ritrovato, il presunto femminicidio di Saman Abbas continua a occupare le cronache mentre si studiano dei resti rinvenuti nel Po. La 18enne di origine pachistana, secondo le ipotesi degli inquirenti, è stata uccisa dallo zio con la complicità dei genitori perché non voleva cedere a un matrimonio combinato.

A fine 2020 la giovane aveva denunciato la famiglia ed era andata a vivere in comunità. Pochi mesi dopo aveva cercato di recuperare i suoi documenti a casa e diventare finalmente libera, i suoi genitori glieli avrebbero nascosti, e la ragazza ha sporto ancora una volta denuncia.

Il primo maggio del 2021 è scomparsa. Il fratello minorenne ha raccontato che il 30 aprile nella casa della famiglia Abbas a Novellara ci sarebbe stata una riunione a cui avrebbe partecipato lo zio Danish Hasnain e un altro parente. In quell’occasione si sarebbe parlato di come far sparire il cadavere di Saman, smembrandolo. Lo zio è stato poi arrestato a Parigi.

Luana D’Orazio e i morti sul lavoro

Il 2021 lo ricorderemo come l’anno delle morti sul lavoro. L’Inail certifica che i numeri parlano di una diminuzione nei primi 11 mesi dell’anno, ma guardando meglio si scopre che nel 2020 il numero è aumentato per i casi legati al contagio da Covid-19 mentre rispetto al 2019, l’ultimo anno in cui lo smart working è stato utilizzato molto di meno, le vittime registrate sono state 1.156, mentre nel 2021 a novembre sono arrivate a 1.116. Una differenza minima in costanza di pandemia.

Uno dei casi più discussi è stato quello di Luana D’Orazio. La donna di 22 anni madre di un bambino, lavorava in una azienda tessile a Montemurlo, in provincia di Prato. Luana sognava di fare l'attrice, ma per mantenere il suo bambino di cinque anni era andata a lavorare all'Orditura Luana a Oste di Montemurlo. Lo scorso 3 maggio restò agganciata all’orditoio e per lei non ci fu scampo. La procura, riporta Repubblica, ha accertato che la manomissione del macchinario avrebbe aumentato la produttività dello strumento della fabbrica dell'8 per cento.

La funivia del Mottarone

Proseguiranno nel 2022 le indagini per far luce sulle cause e sulle responsabilità, della tragedia del Mottarone. Lo scorso 23 maggio è  precipitata una cabina della funivia della funivia che collega Stresa con il Mottarone, in Piemonte. Un cavo ha ceduto, e una cabina è precipitata nel vuoto per almeno venti metri causando la morte di quattordici persone e il ferimento di un bambino, Eitan, ora al centro di una contesa familiare per l'affidamento.

La la fune, composta da 114 fili d'acciaio, si è spezzata. Una circostanza rarissima che, proprio per questo motivo è al centro delle indagini per accertare tutte le responsabilità, oltre a quella emersa nei giorni subito dopo l’incidente: qualcuno ha sistemato di “forchettoni” sui freni per disabilitarli, una scelta che avrebbe concorso alla caduta nel vuoto della cabina n.3.

Lo sparo dell’assessore leghista di Voghera

Sembra tornato nel silenzio il caso che vede protagonista l’assessore leghista di Voghera, Massimo Adriatici, oggi indagato per eccesso colposo di legittima difesa. Il 20 luglio Adriatici, assessore alla sicurezza, nel corso di una discussione fuori da un bar in una piazza del centro, sparando con la sua Beretta ha causato la morte dell’uomo di origine marocchina Youns El Boussettaoui. Dalle immagini riprese dalle telecamere sembra che Adriatici lo pedinasse, una circostanza su cui adesso indaga la procura.

I Pm stanno cercando di capire i motivi del gesto da parte dell’avvocato ed ex funzionario di polizia, conosciuto in città come “lo sceriffo”. Adriatici infatti sarebbe solito a iniziative del genere: non solo ronde per la città, ma anche colloqui con i rappresentanti delle forze dell’ordine per consigliare come gestire l’ordine pubblico. Come rivelato da Domani, Adriatici era in ottimi rapporti con il poliziotto che lo ha condotto in caserma dopo lo sparo.

Esplosione di Ravanusa

Lo hanno chiamato un inferno di fuoco e di crolli. L'11 dicembre a Ravanusa in provincia di Agrigento una fuga di gas ha provocato l’esplosione di una palazzina. Lo scoppio ha causato 9 vittime, tra cui Selene, una donna incinta al nono mese. La causa dell’incidente secondo la procura è stata una bolla di metano sotterranea.

La relazione della Protezione civile regionale, guidata da Salvo Cocina, dopo 114 sopralluoghi ha descritto la situazione con una relazione. Sono attualmente sfollati 61 nuclei familiari, per un totale di 120 persone. Oltre alle altre quattro palazzine crollate a seguito dell’esplosione, il numero dei fabbricati danneggiati è notevolmente superiore alle famiglie sfollate. Tra gli edifici colpiti anche la “scuola blu", il plesso Don Bosco dell’unica scuola del paese a soli 25 metri da via Trilussa, luogo del disastro. Il presidente della Regione Nello Musumeci la vigilia di Natale ha chiesto che per Ravanusa venga dichiarato lo stato di emergenza nazionale. Tra gli indagati dei manager di Italgas, la società che si occupa della rete di distribuzione.

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