«Contraddizioni». È la parola che ritorna a più riprese nelle trentasei pagine della relazione con cui sono stati aperti mercoledì pomeriggio i lavori della Giunta per le autorizzazioni che dovrà pronunciarsi sul caso Almasri. O meglio sulla sorte dei ministri, Carlo Nordio e Matteo Piantedosi, e del sottosegretario Alfredo Mantovano, tutti e tre considerati responsabili dal Tribunale dei ministri della liberazione del torturatore libico.

«Le dichiarazioni rese da vari soggetti ascoltati dal tribunale – si legge nelle carte – presentano contraddizioni, soprattutto sul reale motivo della predisposizione del volo Cai e sulla gestione dei rapporti con la Cpi. Ciò nonostante, la documentazione dimostrerebbe che le autorità italiane avevano concordato una strategia volta a determinare la scarcerazione dell’Almasri e poi rimuoverlo Almasri dal territorio nazionale».

Almasri, dunque, libero a ogni costo. Per l’Aise il rischio delineato era dapprima quello delle «tensioni a Tripoli» e di «azioni ostili contro interessi italiani». Poi quello delle «ritorsioni contro altri interessi italiani, in particolare quelli economici collegati alla gestione dell’impianto Eni a Mellitah, attivo nell’estrazione del gas, e quelli legati all’immigrazione, costituendo la milizia Rada il soggetto che esercita i poteri di sicurezza nelle zone indicate e sussistendo con la medesima una relazione rafforzatasi nell’ultimo anno».

Il Tribunale, tuttavia, evidenzierà – dice la relazione – che «questi interessi non siano stati palesati in modo chiaro né concreto» e, ancora, che «sarebbero mancate ragioni oggettive per preferire un volo speciale». Un punto su cui si sofferma il testo della Giunta redatto dal dem Federico Gianassi.

Perché, citando le parole del collegio speciale, quel «volo» sarebbe l’elemento che più di tutti testimonierebbe la volontà del governo di «assicurare ad Almasri un rientro immediato e protetto, sottraendolo di fatto alla possibilità di arresto da parte della Cpi».

Un altro aspetto su cui si sofferma la relazione riguarda le responsabilità del guardasigilli, che da quanto emerso finora sembrerebbe aver demandato la gestione della vicenda alla zarina di via Arenula, Giusi Bartolozzi, indagata per false dichiarazioni ai pm dalla procura capitolina.

«Il ministro ha omesso di fare riferimento agli incontri tenutisi tra i membri del Governo nelle giornate del 19 gennaio, 20 gennaio, 21 gennaio che avevano coinvolto il ministero della Giustizia e nei quali era stato affrontato il caso ed era stata adottata la strategia di non intervento rispetto all’arresto e alla consegna di Almasri, né ha fatto menzione agli approfondimenti tecnici che erano stati effettuati dalle strutture tecniche del ministero», si legge nella relazione. Dove pure si sottolinea che «Nordio, ricevute le richieste della Cpi per l’arresto provvisorio e il sequestro, non dette seguito alle stesse, nonostante avesse a disposizione il tempo e gli strumenti necessari per provvedere».

Contraddizioni, dunque, ma anche «inerzia». Inerzia che si sarebbe tradotta in una mancata risposta dell’esecutivo Meloni alle istituzioni coinvolte. «Il tribunale rileva che tale condotta ha comportato la scarcerazione e la successiva espulsione di Almasri, con conseguente elusione del mandato di arresto e restituzione dei beni sequestrati, frustrando le finalità della cooperazione internazionale», è quanto scritto.

In ultimo, oltre a ricostruire i fatti e ad elencare i reati di Almasri, la relazione della Giunta enumera i suoi compiti. E scrive che sono le «Camere quelle competenti a decidere anche in merito alle richieste di autorizzazione a procedere nei confronti dei co-indagati laici, cioè di coloro che, pur non rivestendo la qualifica di ministri, abbiano concorso nel reato funzionale commesso dal ministro». Nessun riferimento esplicito alla capa di gabinetto Bartolozzi. Ma tant’è.

È ovvio che il passaggio in questione voglia rispondere all’annosa domanda che rimbalza da più giorni: verrà estesa l’immunità alla stessa zarina? Una questione che è stata sollevata nel corso della Giunta (c’è anche, tra i membri di maggioranza, chi ha parlato della possibilità di avanzare davanti alla Consulta il conflitto di attribuzione) ma non risolta.

Quale, dunque, il compito della Giunta? «Non una revisione del giudizio penale formulato dal tribunale dei Ministri – si legge – ma una verifica autonoma e parallela, volta a stabilire se, nel concreto contesto politico-costituzionale, la condotta possa ritenersi necessitata o giustificata o meno in nome di un superiore interesse pubblico, tale da prevalere, in quel dato frangente storico e in un rigoroso quadro comparatistico con gli altri interessi pubblici in gioco, sulla normale vincolatività delle norme penali».

Insomma, c’era un interesse pubblico nella liberazione e nel rimpatrio di Almasri?

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