Cortei in 60 piazze italiane organizzati dalla rete. «Un giorno di lotta e non di festa», dice Sonia del nodo romano della rete. In piazza moltissimi giovani. «Il motivo è che è proprio nelle scuole che manca tutto: in primis educazione emotiva, educazione al rispetto»
È il giorno dello sciopero transfemminista organizzato da Non una di meno. Cortei in 60 piazze italiane. A Roma l’appuntamento è alle 10 in piazza Vittorio. Gli striscioni, i cartelloni in cui si ricordano il numero - 104 - di femminicidi, lesbicidi, trans*cidi nel 2024. E ancora bandiera della Palestina. A segno di come il corteo di oggi sia pensato anche per dire «no alla guerra, alle guerre».
Il corteo è partito con un flash mob con quattro attiviste legate alla cancellata nei giardini di piazza Vittorio, col volto coperto e con delle scritte sul petto (contro la violenza e lo sfruttamento delle donne) che si dimenano sotto un cartello con la scritta «Cosa fai?».
Sul camion in apertura di corteo anche interpreti Lis che traducono nella lingua dei segni gli interventi. Seguirà successivamente un presidio a Largo Argentina alle 17.
Una manifestazione che vuole essere un grido collettivo contro «la violenza patriarcale, la guerra e la povertà». «Vogliamo riversare nelle piazze delle città la nostra rabbia, con tutto l'amore e la cura per il nostro debordante corpo collettivo».
«Un giorno di lotta e non di festa», dice Sonia del nodo romano della rete Non una di meno. In piazza moltissimi giovani. «Il motivo - continua Sonia - è che è proprio nelle scuole che manca tutto: in primis educazione emotiva, educazione al rispetto». Riflessioni anche sul disegno di legge contro il femminicidio. «Si tratta di una mera bozza e non basta una legge per combattere il patriarcato», dichiara Graziella Bastelli della rete consultori.
«Negli ultimi 10 anni - prosegue Bastelli - sono stati chiusi in Itali più di 230 consultori pubblici e sono stati aperti più di 200 consultori privati, dati alle lobby cattoliche e antiabortiste. Parola chiave: mai rilassarsi».
In testa al corteo anche Maria Righi, sempre di Non una di meno. Che si scaglia contro il governo. «Un governo che ha messo in atto questa scenografia per l’8 marzo, il disegno di legge contro il femminicidio, senza pensare però che non abbiamo bisogno di ergastoli. Non pene, ma cultura della non violenza e soprattutto finanziamenti ai centri anti violenza, i centri anti violenza realmente femministi».
In corte anche la parlamentare Cecilia D’Elia del Pd. «Il disegno di legge contro il femminicidio? Siamo contro l’ergastolo ma per la giustizia. Bisognerà leggere il testo però prima di giudicarlo. E posso dire che all’interno raccoglie dichiarazioni importanti che vogliono cambiare la cultura che produce tutto questo, tutta questa violenza. Nei cassetti - dice - ci sono anche tante proposte di legge sull’educazione all’affettività che non riusciamo a discutere. Questa giornata di lotta e di sciopero chiede molto di più».
«La vera emancipazione non è avere una premier donna. Dovrebbe essere avere una premier donna transfemminista. Cosa che Meloni evidentemente non è». A parlare è Leonardo del collettivo Tommy Smith. Insieme alle altre studentesse e studenti del liceo Cavour è dietro allo striscione che al grido di «Non una di meno» si sta muovendo questa mattina da piazza Vittorio verso Circo Massimo.
Mentre il corteo è pronto a partire attraversando via dello Statuto incrociamo Leonia Vattani, del coordinamento consultori del Lazio. «Il cambiamento - dice - deve passare anche dal linguaggio. Un modo per rispettare le soggettività che si hanno di fronte».
E poi Vattani si sofferma sulla disparità salariale tra uomo e donna. «È impensabile - dichiara - che ancora oggi noi donne siamo pagate almeno il venti per cento in meno degli uomini. Inquadrate spesso come impiegate - continua - quando invece ricopriamo ruoli da funzionarie o apicali».
'«Siamo tutte antifasciste»; «Siamo tutte transfemministe»: è il coro che si alza dal corteo di Non una di meno che sta sfilando a Roma. «Scioperiamo dal lavoro precario, dal lavoro sottopagato delle donne'», dicono le attiviste dal corteo. Dal megafono anche riferimenti alla piazza di sabato scorso al Quarticciolo e alla sicurezza delle periferie.
«Ai problemi non si può rispondere con la polizia, quello di Quarticciolo è il vero modello con un doposcuola, un ambulatorio, è solo insieme che possiamo sconfiggere la violenza, continuiamo a lottare insieme: Quarticciolo alza la voce, grazie per chi c'era sabato in piazza».
I collettivi studenteschi romani prendono la parola. «Dalle aule delle classi alle strade delle città stiamo lottando per costruire una società transfemminista. Partiamo da un nuovo tipo di educazione». E ancora: «Noi ragazze non vogliamo essere protette ma essere rispettate. Il dl sicurezza è repressione».
In piazza anche le docenti che ogni «giorno rischiamo di incorrere in sanzioni e che sono precarie, intrappolate negli umilianti ingranaggi del sistema. Per un salario ridicolo. Vogliamo guadagnare di più».
A Roma il movimento studentesco Osa ha organizzato un sit-in davanti al ministero dell’Istruzione prima di raggiungere il corteo. Bandiere della Palestina, fumogeni, e cartoni con disegnati dei mirini con scritto «educazione sessuale», «scuola dell'emancipazione» e «diritto al dissenso».
E una gigantografia del ministro Valditara vestito da sceriffo. «Siamo ora sotto al ministero dell'Istruzione, contro la scuola di Valditara, vogliamo un'educazione sessuo-affettiva in ogni scuola», scrivono gli studenti sui social.
© Riproduzione riservata