«Il 22 settembre, grazie allo sciopero generale indetto dai sindacati di base, tutto il mondo ha guardato verso l’Italia. La stampa internazionale ha mostrato un’Italia diversa, in grado di riempire le piazze, di bloccare porti, stazioni, autostrade, in grado di dare l’esempio ad altri paesi». Inizia con queste parole la conferenza organizzata al e dal centro sociale Lambretta di Milano, il 26 settembre per raccontare la propria visione di quanto accaduto attorno alla Stazione Centrale il giorno dello sciopero generale indetto dal sindacalismo di base in sostegno di Gaza. In più occasioni, negli ultimi giorni, le militanti e i militanti di via Rizzoli 13 sarebbero stati raccontati come la miccia che ha innescato lo scontro. Una sorta di regia occulta, o delle responsabilità, per gli scontri, forse perché quattro delle persone fermate gravitano attorno al centro sociale.

Così gli attivisti del Lambretta davanti a giornaliste e giornalisti, dicono: «Quando il corteo si è avvicinato, ha trovato i cancelli chiusi e le forze dell’ordine in assetto antisommossa che non hanno voluto sentir ragioni. Un’inedita e - per alcuni versi - sorprendente rigidità per Milano, in controtendenza rispetto alla gestione dell’ordine pubblico di altre città, a fronte di un imponente corteo di 80mila persone.

In molti, a questo punto, hanno cercato di capire se ci fossero altri modi di entrare. È lì che i primi ragazzi sono stati fermati. Nessuno è venuto con l’intenzione di uno scontro. Eravamo lì per bloccare pacificamente la stazione, a volto scoperto, perché questo è quello che siamo: da quando esiste il Lambretta abbiamo sempre fatto politica alla luce del sole. Altre descrizioni che ci sono state messe addosso in questi giorni non ci appartengono».

Sono molte e molti a supportare questa narrazione, a descrivere come fossero migliaia le persone che hanno sostenuto il tentativo di bloccare i binari. Negli ultimi giorni un documento di artisti e artiste, uno di accademici (oltre 500) e uno del Cnca della Lombardia parlano di una piazza festosa che ha provato, come in altre città, a invadere i binari e che in piazza Duca d’Aosta ha invece trovato manganelli e lacrimogeni. A migliaia hanno sostenuto, con cori e senza scappare davanti ai lacrimogeni, il tentativo di bloccare i binari.
«La narrazione che ha seguito la manifestazione ha parlato di violenze e di devastazione, ma per il Cnca Lombardia si è trattato invece di una mobilitazione pacifica, senza precedenti, che ha dimostrato una crescente sensibilità da parte di un bacino sempre più ampio della cittadinanza su ciò che accade a Gaza e nei territori di Cisgiordania occupati, anche grazie alla mobilitazione degli attivisti a bordo delle imbarcazioni della Global Sumud Flotilla». Si legge nel comunicato della divisione regionale del Coordinamento Nazionale Comunità Accoglienti che poi aggiunge: «Il timore è che a questi primi arresti ne possano seguire altri, sulla scia di controllo, violenza e impossibilità di manifestare il proprio dissenso, rafforzati dal decreto sicurezza entrato in vigore a giugno 2025».

Ad accompagnare il Lambretta c’erano Luca Blasi di Avs, l’Arci Provinciale di Milano, Lorenzo Giardinetti - che è consigliere del Municipio VIII di Roma – l’europarlamentare Benedetta Scuderi da una delle barche della Sumud Flotilla, Zerocalcare, Ilaria Cucchi, Pietro Cusimano di Usb e Cristina Veronese, madre di Nina, la minorenne arrestata e costretta agli arresti domiciliari senza la possibilità di andare a scuola. «Mia figlia ha 17 anni, è uno scricciolo, chi la conosce lo sa. Quella mattina è scesa in piazza non per distruggere vetrine, ma per denunciare un genocidio. In questo luogo non si coltiva odio, ma amore».

Saranno i nomi o l’eco di lunedì scorso, ma il centro sociale è pieno, non solo di giornaliste e giornalisti. «In questo momento mi rivolgo al prefetto e gli chiedo: ma come le è venuto in mente di fare tutto questo?», dice Ilaria Cucchi, vicepresidente della Commissione Giustizia, con forza. Cucchi prosegue sostenendo: «In questo momento mi rivolgo a chi ha preso quella decisione assurda di mettere ai domiciliari due minori che erano lì per manifestare pacificamente la propria rabbia, il proprio dolore, per far sentire la loro voce. Questo è un fatto gravissimo del quale veramente dovrebbero rendersi conto tutti, perché questo arresto, questo tenere per tre giorni due ragazzini in carcere, questo obbligarli ai domiciliari con conseguente allontanamento dalla scuola per ben sei mesi è gravissimo». Secondo la senatrice: «È inaccettabile che a pagare siano due adolescenti. Se c'è qualcuno che dovrebbe rispondere davanti alla giustizia è Daniela Santanchè, siamo nella sua città, non questi ragazzi». 

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La gestione dell’ordine pubblico è stata indicata anche da Blasi, Arci e Zerocalcare: «A Milano c'è stata una gestione dell'ordine pubblico particolarmente ottusa, che ha determinato quello che è successo e da cui poi hanno costruito una retorica per distogliere l'attenzione dalla mobilitazione nazionale», ha detto il fumettista. «È importante che ci siano voci pubbliche che non accettino la logica del capro espiatorio. L'entità dei fatti è molto più risibile del clima che è stato costruito intorno. Adesso delle persone rischiano di pagare per colpa di una narrazione lontana dalla realtà».

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