Il terzo report di dicembre coordinato dall’associazione Libera mette in luce le anomalie e le storture del sistema alla base della gestione delle Olimpiadi e Paralimpiadi 2026. Sottolineando l’importanza di monitorare le voci di spesa e l’avanzamento dei lavori soprattutto dopo l’evento, quando verranno completate buona parte delle opere. Con il calo dell’attenzione pubblica e l’allentamento dei controlli
Il 6 febbraio inizieranno ufficialmente le Olimpiadi e Paralimpiadi invernali di Milano Cortina. Vent’anni dopo l’ultima volta. Una manifestazione sportiva unica che muove grosse somme di denaro attraverso infrastrutture, affidamenti e sponsorizzazioni. Ma a poche settimane dall’inizio dei Giochi si registra ancora una grande incertezza sul costo e sullo stato di avanzamento delle opere. Questa è la conclusione a cui arriva il terzo report della rete Open Olympics 2026, dopo un anno e mezzo di richieste, analisi e accessi civici.
Il documento, redatto dall’associazione Libera e da Common - Comunità monitoranti, parte dai dati resi disponibili dal portale Open Milano-Cortina 2026, analizzando poi i “non dati”. Quelli non disponibili ma necessari per l’opinione pubblica.
I costi di preparazione dei Giochi sono aumentati da 1,5 a 6 miliardi. Extra costi coperti dall’intervento di fondi pubblici. Il governo inoltre è intervenuto per rendere la Fondazione Milano Cortina – con a capo l’ex presidente del Coni Giovanni Malagò – una fondazione privata dopo le indagini della procura di Milano. Fino alla contestatissima pista da bob costata 120 milioni e sponsorizzata dal ministro dei Trasporti Matteo Salvini.
I DATI DISPONIBILI
La Simico Spa – la società che si occupa della realizzazione delle infrastrutture per i Giochi – ha investito 3 miliardi e mezzo per la realizzazione di 98 opere, di cui 31 classificate come essenziali e 67 di legacy ovvero legate ai territori. Quest’ultime drenano l’87 per cento della spesa, soprattutto per interventi stradali e ferroviari. In pratica, per ogni euro speso per l’Olimpiade, oltre sei euro finanziano infrastrutture che resteranno dopo.
Ma solo il 13 per cento della spesa riguarda le opere essenziali. Investimenti che in generale ricadono su Lombardia e Veneto. La regione venata è stata anche l’unica ad aver visto aumentare le opere sul territorio (+4).
Tuttavia, solo il 57 per cento delle opere verrà completato dopo l’evento. Addirittura, con l’ultimo cantiere previsto nel 2033.
LA QUESTIONE AMBIENTALE
I Giochi sono stati fin da subito contestati dalle associazioni ambientaliste per i migliaia di alberi tagliati, il consumo del suolo e le accuse di antropizzazione della montagna. Le stime dell’impatto ambientale presentate dal report parlano dell’emissione di oltre un milione di tonnellate di CO₂. Questo macro-dato non riconosce tuttavia le responsabili specifiche: chi emette e quanto.
Questo rende più complicato capire cosa verrà compensato e cosa no. Inoltre, non esiste un dato per la singola opera.
In questo quadro, le infrastrutture permanenti e gli spostamenti degli spettatori – che rappresentano circa il 70 per cento delle emissioni – restano fuori da una rendicontazione chiara. Una sostenibilità che quindi si dimostra di facciata, come il villaggio olimpico smontabile ed ecosostenibile.
L’esplosione dei costi
Nel 2025 il Piano delle Opere ha registrato un aumento di 157 milioni di euro in dieci mesi.
Una crescita del + 4,6 per cento che non deriva da aumenti naturali preventivati.
Il rapporto sottolinea l’aspetto problematico della rendicontazione dei costi: la mancanza di un quadro unitario delle coperture tra Stato, Regioni, enti locali e i vari fondi che contribuiscono ai Giochi.
Il rapporto non denuncia solo gli sprechi pubblici derivanti da un aumento dei costi insostenibile in alcuni casi ma anche una dinamica di opacità strutturale, voluta e ricercata dalle istituzioni per coprire il malfunzionamento dei piani. Basti pensare alla massiccia revisione nel corso dell’ultimo anno del Piano per le Opere.
Un altro punto critico riguarda appalti e subappalti: i dati esistono, ma sono incompleti, non interoperabili e difficili da collegare tra le diverse banche dati. Questo significa che è difficile per l’opinione pubblica ricostruire chi lavora davvero nei cantieri olimpici, con quali affidamenti e con quali controlli. Un problema che tira in ballo le infiltrazioni criminali più radicate al nord, dove riciclano maggiormente i loro profitti illeciti.
I non dati
La rete Open Olympics nasce nel 2024 proprio per sopperire alla mancanza di dati pubblici sulla gestione dell’organizzazione olimpica. Grazie alle pressioni dell’opinione pubblica si è ottenuta la pubblicazione di alcuni dati, ma non di tutti.
Ci sono dei dati – denuncia Libera – che non esistono. Ad esempio, Open Milano Cortina 2026 non pubblica il numero preciso di opere: secondo quanto emerso dal rapporto, oltre alle 98 opere del Piano ufficiale, esistono decine di interventi regionali e locali – soprattutto in Lombardia – che valgono miliardi di euro e non compaiono nel portale.
Oltre alla mancanza di un elenco unico delle infrastrutture, vi è opacità anche nei costi:
il budget lifetime della Fondazione Milano-Cortina – che ammonta a circa 1,7 miliardi – non è pubblico. In quanto ente privato non ha obblighi di trasparenza. Inoltre, Libera sottolinea un aspetto chiave: in caso di disavanzo finale a rimetterci sarà lo Stato. E quindi il cittadino.
Questa poco trasparenza riguarda anche l’evento Paralimpico che si terrà invece a marzo. Anche in questo caso c’è poca trasparenza sui costi: il Commissario straordinario per le Paralimpiadi gestisce infatti circa 328 milioni di euro, a fronte di una stima iniziale di poco più di 70 milioni.
Al momento del report – specifica Libera – non esisteva alcuna rendicontazione pubblica su come questi fondi fossero utilizzati.
Conclusioni
Il report di Open Olympics 2026 sottolinea un aspetto fondamentale: il grosso del monitoraggio della spesa e dei controlli degli appalti dovrà essere svolto dopo i Giochi olimpici e paralimpici.
Perché la questione di fondo non riguarda solo Milano-Cortina, ma come è strutturato il modello italiano della gestione dei grandi eventi. Che rimane poco trasparente, con pochissima partecipazione dell’opinione pubblica sulle voci di spesa e dei cittadini che abitano quei territori.
Finché l’informazione passerà attraverso portali incompleti, documenti non pubblici e dati frammentati, l’Olimpiade – e tutti i grandi eventi pubblici – rischiano di restare nella memoria collettiva come grandi eventi di spreco economico. Creando diffidenza nei confronti di eventi che dovrebbero unire. Non dividere.
© Riproduzione riservata


