Tra i 257 naufraghi a bordo della Sea-Watch 3 ci sono 70 minori, la maggior parte non accompagnati. Lo denuncia l’organizzazione non governativa Sea-Watch Italia con un tweet, con cui l’associazione comunica di aver inviato una segnalazione al tribunale di Catania per informare della presenza di un numero rilevante di minori. 

«Le condizioni meteo si deteriorano insieme a quelle dei 257 naufraghi. Sono disidratati, feriti, traumatizzati», fa sapere l’ong. Da giorni la nave dell’organizzazione tedesca chiede l’assegnazione di un porto sicuro per portare in salvo le centinaia di persone salvate in mare nel corso di cinque soccorsi. Tra i naufraghi, sono poche le persone evacuate: il 30 luglio sono state portate sulla terra ferma sei persone, di cui quattro gravemente ustionate e due diabetiche. Il 2 agosto invece è stato evacuato un bambino di 8 anni con la sua famiglia in condizioni mediche critiche.

L’equipaggio della Sea-Watch 3 ha detto in un videomessaggio: «Negli ultimi giorni le autorità ci hanno lasciato completamente da soli nel soccorrere centinaia di persone. In uno degli ultimi soccorsi, insieme all’Ocean Vicking, siamo riusciti a salvare circa 400 persone, in un’operazione che è durata quasi tutta la notte. Era estremamente delicata perché la barca era sovraffollata, stava iniziando ad affondare ed era alla deriva da giorni senza cibo e senza acqua». I volontari chiedono alle autorità che venga fornita assistenza legale, medica e psicologica, dato che molte persone sono ferite e traumatizzate.

Oltre a chiedere l’assegnazione del porto, l’ong segnala alle autorità che altre 800 persone sono in pericolo su diverse barche e hanno bisogno di essere soccorse. La Sea-Watch 3 ha monitorato alcune di queste imbarcazioni ma non è potuta intervenire perché già troppo affollata.

Durante le operazioni di pattugliamento del Mediterraneo centrale, l’equipaggio della Sea Watch 3 ha anche ricevuto minacce dalla cosiddetta Guardia costiera libica. «Dovete andarvene. Altrimenti useremo ogni mezzo disponibile per costringervi a lasciare la nostra area Sar», hanno detto al telefono i guardiacoste libici, che accusano l’ong di violare il diritto internazionale. Il salvataggio di vite umane viene ancora una volta impedito da chi riceve soldi dall’Italia e dall’Europa per l’esternalizzazione delle frontiere.

Non è la prima volta che la Guardia costiera libica reagisce in modo violento nei confronti dei naufraghi e di chi cerca di salvare le imbarcazioni in avaria. Lo scorso 1 luglio una pattuglia dei guardacoste libici ha tentato di colpire e speronare una barca di naufraghi con a bordo una sessantina di persone. I colpi sono partiti dalla motovedetta libica Ras Jadir che era stata donata dall’Italia alla Libia nel maggio 2017.

La Ocean Viking

La denuncia arriva anche dalla Ocean Viking, un’altra nave della società civile che da giorni si trova in acque internazionali nel Mediterraneo, in attesa dell’assegnazione di un porto sicuro per permettere ai 553 naufraghi a bordo di sbarcare. L’equipaggio della nave dell’ong Sos Mediterranee chiede «agli Stati membri dell’Ue di riattivare un meccanismo di sbarco e ricollocazione che supporti gli Stati costieri nel coordinamento degli sbarchi», si legge nel comunicato stampa. Solamente due persone, delle 555 che sono state salvate dall’imbarcazione, sono state evacuate: si tratta di una donna incinta soccorsa d’urgenza dalla Guardia costiera italiana con il suo compagno. 

Sulla nave ci sono 119 minori, 4 donne incinte e un bambino di 3 mesi, fa sapere l’organizzazione, che racconta le condizioni di estrema fragilità delle persone soccorse. Molti riportano ustioni da carburante, mal di mare e dolori corporei, alcuni sono svenuti a causa delle alte temperature e gli spazi non sono sufficienti per il numero di naufraghi a bordo.

«Una nave può essere solo una soluzione di passaggio fra una situazione di pericolo a un luogo di sicuro a terra. Far aspettare per giorni persone che sono scampate alla morte in mare prima di sbarcare significa mettere a rischio la loro salute fisica e mentale. L’incertezza aggiunge sofferenze inutili a una situazione già terribile. Ci sono state troppe situazioni di stallo in mare negli ultimi tre anni e ho visto le gravissime conseguenze sui sopravvissuti, sottoposti a forte stress psicologico», ha detto la coordinatrice della ricerca e del soccorso a bordo della Ocean Viking, Luisa Albera.

L’organizzazione non governativa ha fatto diverse richieste alle autorità perché autorizzino lo sbarco in un luogo sicuro, ma da parte dei governi ancora nessuna risposta. L’equipaggio della nave spiega che i naufraghi sono stati salvati in sei differenti operazioni nelle acque internazionali: quattro sono state effettuate nella zona di ricerca e soccorso (Sar) libica, una nella Sar tunisina e una in quella maltese. Le sei imbarcazioni provenivano dalla Libia e alcune hanno trascorso fino a tre giorni in mare aperto. Sos Mediterranee riporta la testimonianza di un ragazzo 31enne yemenita, Zidane, che racconta di aver trascorso 17 ore nella stiva di una barca di legno con altre 24 persone, dopo essere stato picchiato dai trafficanti libici. 

L’ong lancia un appello urgente e chiede che gli stati europei inviino mezzi di ricerca e soccorso, perché le navi della società civile non riescono a far fronte a tutte le richieste di aiuto.

Il parlamento rinnova il finanziamento

Intanto, mentre le ong si trovano da sole a pattugliare il Mediterrano, subendo minacce dai libici e trovandosi con centinaia di persone a bordo senza che le autorità assegnino un porto sicuro, anche il Senato ha dato il via libera all’incremento del finanziamento alla guardia costiera libica, passato da 10 a 10,5 milioni. Ieri, 4 agosto palazzo Madama ha quindi confermato la decisione, già approvata alla Camera, «sulla proroga della missione bilaterale di assistenza nei confronti delle Istituzioni libiche preposte al controllo dei confini marittimi».

Alternativa c’è, il gruppo dei fuoriusciti dal Movimento cinque stelle, ha protestato in aula contro il rifinanziamento, occupando i banchi del governo e sventolando cartelli che chiedevano lo «Stop al finanziamento della guardia costiera libico-turca». Il senatore del gruppo misto Gregorio De Falco ha chiesto che si procedesse con la votazione separata della scheda 48 del decreto, quella che prevede l’incremento del finanziamento ai libici, rispetto alle altre missioni internazionali. 

«Come testimoniano numerose inchieste giornalistiche e filmati che l'azione dei miliziani che fanno parte della cosiddetta Guardia costiera libica non attua soccorsi in mare ma catture e respingimenti collettivi di persone che tentando di sfuggire all'inferno dei lager libici. Respingimenti collettivi vietati a norma delle convenzioni internazionali e che, di fatto, i libici conducono per "conto terzi", Italia ed Europa», ha detto De Falco.

Nella discussione è intervenuta la senatrice Emma Bonino: «Invece di criminalizzare chi salva le persone in mare, noi dobbiamo spezzare qualunque connivenza a terra sul territorio libico. Tutti sappiamo cosa succede: chiunque venga salvato viene riportato nei lager, si chiamano così», ha detto all’aula.

Tra i 209 senatori presenti, il decreto è stato approvato con 182 voti favorevoli, 25 contrari e un astenuto. I senatori del Partito democratico Verducci, Nannicini e D’Arienzo hanno votato contro. Italia Viva invece ha votato, in linea con il Pd, a favore del rifinanziamento.

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