Il 2020 è stato un anno complicato per la magistratura, fatto di scontri interni ma anche esterni con il ministero della Giustizia. Ripercorriamo qui gli eventi principali che hanno condizionato la vita delle toghe e le hanno riportate al centro del dibattito pubblico.

Lo scontro tra Nino di Matteo e il ministro Alfonso Bonafede

Lo scontro avviene nel maggio 2020, in diretta televisiva nella trasmissione di Massimo Giletti, Non è l’arena. L’ex pm antimafia Nino di Matteo, ora togato del Consiglio superiore della magistratura, accusa il ministro della Giustizia, Alfonso Bonafede di avergli prima proposto e poi negato il posto al vertice del Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria. I fatti risalirebbero al 2018, all’inizio del governo Movimento 5 Stelle Lega. 

Di Matteo afferma di aver ricevuto da Bonafede l’offerta di diventare capo del Dap oppure degli Affari penali, di aver chiesto due giorni per riflettere. La voce gira e la polizia penitenziaria registra la reazione di importanti boss che tra di loro in cella dicono «se arriva questo (al Dap ndr) abbiamo chiuso». Quando Di matteo avverte il ministro di voler andare al Dap, Bonafede gli avrebbe risposto di aver già scelto per quel posto Francesco Basentini (che nel 2020 si dimette dal ruolo dopo i disordini nelle carceri e alle scarcerazioni, in seguito all’emergenza Covid). 

Alla telefonata in diretta Bonafede ribatte dicendosi «esterrefatto» ma la polemica politica scoppia e le opposizioni chiedono le dimissioni del ministro, che deve difendersi in parlamento e spiegare che la sua scelta per il vertice del Dap non è stata condizionata dalle intercettazioni ai boss.

Luca Palamara viene espulso dalla magistratura 

Il caso Palamara inizia nell’estate del 2019, ma la sua conclusione – quantomeno quella sul fronte interno alla magistratura – arriva nel 2020 con la sua espulsione prima dall’Associazione nazionale magistrati (giugno) e poi dall’ordine giudiziario, al termine del procedimento disciplinare davanti al Csm (ottobre). 

La prima udienza davanti al Csm si svolge in luglio: Palamara è accusato di “comportamento gravemente scorretto” e “strategia di danneggiamento” nella trattativa per la nomina del successore di Giuseppe Pignatone a capo della procura di Roma, per i fatti avvenuti durante il dopocena all’hotel Champagne di Roma, dove Palamara ha incontrato l’allora leader di Magistratura indipendente Cosimo Ferri, Luca Lotti (indagato nel caso Consip) e alcuni togati del Csm.

La difesa di Palamara evoca una specie di chiamata in correità dell’intero sistema, allargando l’analisi dei fatti all’intero sistema correntizio e di spartizione delle nomine a capo degli uffici. La logica è: se il magistrato va rimosso, allora lo stesso deve accadere anche a tutti coloro che hanno beneficiato del suo aiuto e hanno contribuito alla spartizione.

L’accusa, invece, punta tutto sulle intercettazioni ricavate dal Trojan installato nel cellulare di Palamara (indagato per corruzione dalla procura di Perugia) e limita l’oggetto del procedimento ai soli fatti del dopocena per la scelta del procuratore capo di Roma.

Il procedimento lampo si è concluso con l’espulsione di Palamara, che ora dovrà affrontare anche il processo penale a suo carico a Perugia.

Piercamillo Davigo va in pensione

L’ex pm di Mani pulite e membro del Csm, Piercamillo Davigo decade dal ruolo di consigliere in ottobre, il giorno dopo il suo compleanno. Davigo ha dovuto andare in pensione in ottobre per aver raggiunto il limite d’età di 70 anni, ma voleva rimanere in carica come consigliere del Csm anche da pensionato, perchè nessuna norma vieta esplicitamente a un pensionato di permanere nell’incarico.

Il Csm, in una difficilissima seduta, ha invece deciso a maggioranza con il voto anche di Nino di Matteo, eletto nella corrente Autonomia e indipendenza fondata da Davigo, che un magistrato in pensione decade dal suo ruolo nel consiglio, perchè il requisito di essere magistrato in attività deve permamere per tutta la durata del mandato.

Davigo, tuttavia, ha scelto di fare ricorso al Tar contro la decisione degli ex colleghi: bocciato il ricorso, ha impugnato la decisione davanti al Consiglio di Stato e ha chiesto di essere reimmesso nelle sue funzioni di consigliere togato.

L’elezione della nuova Associazione nazionale magistrati

Il 20 ottobre l’Associazione nazionale magistrati ha eletto i nuovi componenti del direttivo, nel primo voto dopo lo scandalo Palamara. L’esito: vittoria delle toghe progressiste di Area con 1785 preferenze, ma il vero exploit è di chi era dato per perdente. Magistratura indipendente - la corrente del deputato Cosimo Ferri sotto procedimento disciplinare al Csm per lo scandalo sulle nomine pilotate – è arrivata seconda con 1648 voti ed è separata da Area da poco più di cento voti. Terza, invece, Unità per la Costituzione con 1.212 preferenze. Quarta la corrente Autonomia e Indipendenza, dal 20 ottobre orfana del suo leader Piercamillo Davigo, che ha preso 749 preferenze. Ultima, infine, con 651 voti la neonata lista Articolo centouno, formata dai magistrati fuori dalle correnti e capeggiate dal procuratore di Ragusa Andrea Reale.

La vittoria non netta ha reso molto complicato formare una maggioranza ed eleggere il nuovo presidente. Sono serviti 50 giorni e un estenuante dibattito interno. Alla fine è stato scelto come nuovo presidente il magistrato di Area, Giuseppe Santalucia, a capo di una giunta quasi unitaria da cui è rimasta fuori solo Articolo 101.

Nomina di Francesca Nanni alla procura generale di Milano

Il Csm ha scelto la magistrata Francesca Nanni al vertice della procura generale di Milano, considerata la più importante d’Italia. Nanni, prima donna alla guida della procura di Cuneo, nel dicembre 2018 è diventata la prima donna a capo della procura generale di Cagliari e ora lo è nel capoluogo lombardo.

E’ stata eletta a maggioranza con 14 voti superando Fabio Napoleone, ex consigliere del Csm e sostituto pg milanese noto per l’inchiesta Duomo connection e per il caso Telecom. La sua nomina completa il “terzetto” di cariche che mai prima di questo momento sono state assegnate a una donna: segue alla prima donna presidente del Tribunale, Livia Pomodoro, e alla prima donna presidente della Corte d’Appello, Marina Tavassi.

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