Care lettrici, cari lettori

la settimana è stata densa di eventi e di polemiche nel settore della giustizia: mettiamo un po’ d’ordine. Continua il dibattito e lo scontro sul contenuto del disegno di legge voluto dal ministro della Giustizia, Carlo Nordio, che cancella il reato di abuso d’ufficio e modifica alcuni aspetti procedurali (qui un approfondimento sui contenuti). 

A questo proposito trovate due contributi: Glauco Giostra, ordinario della Sapienza di procedura penale, affronta la polemica tra Nordio e Anm e l’opportunità o meno di un dibattito tra toghe e politica. Nel merito della riforma, invece, ho intervistato il procuratore aggiunto di Roma, Paolo Ielo, che esprime le sue perplessità sul contenuto del ddl.

Sul tema interviene anche la vicepresidente dell’Anm, Alessandra Maddalena, analizzando il contenuto del ddl e rispondendo alle critiche del ministro.

Torna anche il tema della gestazione per altri e della trascrizione all’anagrafe dei genitori arcobaleno da parte dei sindaci. A rilanciarlo, il fatto che la procura di Padova abbia proceduto a chiedere la cancellazione di ben 33 casi, trascritti negli anni scorsi. Su questo argomento interviene, con una intervista, il presidente del tribunale per i minorenni di Trento e che a lungo si è occupato della materia, Giuseppe Spadaro, spiegando che così i figli delle coppie gay sono come i figli illegittimi di un tempo.

Infine, la notizia di cronaca giudiziaria della settimana è che l’ex consigliere del Csm, Piercamillo Davigo, è stato condannato a 15 mesi per il reato di rivelazione di segreto d’ufficio nell’ambito del caso dei verbali di Amara, su cui troverete tutti gli approfondimenti.

Da ultimo, una ricorrenza: il 17 giugno scorso è stato il quarantennale dall’arresto di Enzo Tortora: uno degli errori giudiziari più clamorosi della storia italiana, che ha fatto emergere i primi germi della gogna mediatica con le foto del presentatore in manette e le condanne anticipate in tv. 

Informazione di servizio: la newsletter andrà in vacanza per le prossime due settimane, tornerà puntuale il 14 luglio!

La condanna a Davigo (con polemica)

Il grande accusatore ha perso la prima battaglia al tribunale di Brescia, ma già ha annunciato appello: ecco cosa è successo e come si è arrivati alla condanna.

Si chiude così il primo grado del processo all’ex consigliere del Csm e toga di Mani pulite, Piercamillo Davigo: un anno e tre mesi – un mese in meno rispetto alla richiesta della procura – per il reato di rivelazione di segreto d’ufficio, nell’ambito del caso sui verbali di Amara e la presunta loggia Ungheria. Risarcimento di 20mila euro, invece, a Sebastiano Ardita che si era costituito parte civile.

Lo scontro, però, è solo al primo passaggio d’aula di un processo che lo stesso Davigo ha voluto con rito ordinario – quindi senza la premialità della riduzione di un terzo della pena – in modo che fosse pubblico e il dibattimento completo.

Per chi volesse ripercorrere i passaggi principali, a questi link trovate tutti gli articoli sulle singole udienze. (1-2-3-4-5).

La reazione delle Camere penali

Il contrappasso è pesante, per il magistrato che forse più di tutti è entrato nell’immaginario collettivo come alfiere del giustizialismo, ma anche stimato per la sua intransigenza e l’acume giuridico negli anni del pool milanese, col soprannome di “dottor Sottile”.

Proprio perchè Davigo è sempre stato un personaggio divisivo, le reazioni di fronte alla sua condanna sono state molto forti. In particolare ha suscitato polemica quella delle Camere penali, che ha scritto: «La condanna del dott. Piercamillo Davigo non scalfisce minimamente, per noi garantisti e liberali, la presunzione di non colpevolezza che, per fortuna sua e di tutti noi, continua ad assistere l’ex PM di Mani Pulite. Contro questa sentenza, l’ex magistrato ha infatti preannunziato appello, ritenendola errata in fatto ed in diritto. Il dott. Davigo sarà ora finalmente in condizione di comprendere fino in fondo -ad occhio e croce per la prima volta nella sua vita- la funzione fondamentale, inderogabile ed incoercibile del diritto di impugnazione delle sentenze di condanna, diritto che egli ha invece sempre fieramente considerato e propagandato come del tutto eccezionale e residuale, giacché altrimenti causa della paralisi della nostra giustizia.

Infine, un augurio da noi penalisti italiani, sincero, non sarcastico ed autenticamente rispettoso della persona: di incontrare giudici di appello ed eventualmente di Cassazione che abbiano una idea della ammissibilità dei ricorsi radicalmente diversa da quella notoriamente praticata dal dott. Davigo nei lunghi anni della sua esperienza di giudice di appello prima e di Cassazione poi».

Processo a De Pasquale e Spadaro

Chiuso un processo, a Brescia ne comincia un altro, sempre legato alla stagione complicata dei processi Eni. Il procuratore aggiunto di Milano, Fabio De Pasquale e il pm Sergio Spadaro, infatti, sono imputati per rifiuto d’atti d’ufficio nel caso della presunta corruzione internazionale Eni-Nigeria (processo che si è concluso con assoluzioni in via definitiva), con l’accusa di aver omesso prove a favore di Eni.

I primi testimoni saranno sentiti il 19 settembre: i pm di Brescia hanno chiesto di sentire nella stessa udienza anche il giudice Marco Tremolada, presidente di sezione in tribunale a Milano e del collegio che ha assolto dall'accusa di corruzione internazionale i vertici di Eni. La difesa di De Pasquale e Spadaro, rappresentati dall'avvocato Massimo Dinoia, convocherà invece l'allora Procuratore capo di Milano, Francesco Greco, e l'aggiunto Laura Pedio. 

Ddl giustizia

Continua lo scontro sul disegno di legge sulla giustizia, che la prossima settimana inizia il suo iter parlamentare che – a sorpresa – dovrebbe partire dal Senato e quindi dalla commissione guidata dalla leghista Giulia Bongiorno, tra le voci scettiche sull’abolizione dell’abuso d’ufficio.

Intanto, il Csm ha confermato che procederà a redigere un parere sul testo: quanto mai delicato, visto il clima di scontro tra il ministero e le toghe, che in massima parte si sono espresse con toni critici nei confronti del ddl.

Cnf contro Anm

Nella polemica tra ministero e Anm si è inserito anche il presidente del Cnf, Francesco Greco, secondo cui c’è «il rischio di travalicare la separazione e l'equilibrio dei poteri», ha detto in una intervista al Dubbio.

«Santalucia rivendica il diritto a fare opposizione politica verso l'azione del governo. Sembra che stia parlando non da presidente di una associazione di magistrati, ma da presidente di un partito politico», ha detto Greco, aggiungendo una ulteriore nota polemica: «I magistrati tendono a stare meno nelle aule dei Tribunali a scrivere le sentenze, preferendo altre sedi. Se oggi ci troviamo arretrati enormi di processi, è perché, forse, queste centinaia di magistrati stanno fuori dai loro uffici».

Le intercettazioni

Le intercettazioni sono toccate solo in modo laterale da questo ddl, mentre dovrebbero essere oggetto di una complessiva riorganizzazione nel prossimo progetto del ministero.

Nordio è tornato a parlarne al festival di Taormina, definendole «una barbarie» che «costa 200 milioni di euro l’anno»: «Spendiamo una cifra colossale per inchieste che raggiungono risultati minimi per intercettazioni inutili su reati minimi e poi siamo indietro di anni rispetto alle tecnologie utilizzate dalle grandi organizzazioni criminali. Anche il Trojan e' superatissimo». 

Proprio su questo ha fatto rumore l’audizione in commissione Antimafia del procuratore nazionale antimafia Giovanni Melillo. L’attuale stato delle infrastrutture per le intercettazioni «sia dal punto di vista dell’assetto architettonico che gestionale» non sono adatti, è la prima constatazione di Melillo. «Le garanzie e l’efficienza devono crescere insieme, senza un arretramento sul ricorso alle intercettazioni, personalmente non ne conosco di inutili», ha aggiunto.

Con una specificazione in più da parte di Melillo: non sono inutili «perché disposte da un giudice con un provvedimento e per reati gravi». Garanzia che invece non è estesa a tutta una serie di atti d’indagine su strumenti informatici, che sono ancora più invasivi delle intercettazioni ma che invece non sono ugualmente tutelati: uno su tutti, l’acquisizione dello smartphone, che contiene tutte le informazioni più sensibili riguardo al proprietario, dai suoi spostamenti, ai messaggi e fotografie e email.

Tradotto: esistono strumenti ben più invasivi nelle mani degli inquirenti e che oggi non offrono alcuna garanzia per gli indagati, perché non ricadono nella nozione classica di intercettazioni.

L’esame da avvocato

È stato approvato l'emendamento di Forza Italia che riorganizza le modalità di svolgimento dell'esame di Stato per gli ,avvocati per la sessione 2023: ci saranno due prove: una scritta e una orale. La prova scritta verterà sulla redazione di un atto giudiziario su un quesito, proposto in materia scelta dal candidato, "tra diritto civile, diritto penale e amministrativo". 

Incendio al tribunale di Roma

Il 20 giugno è andata a fuoco una palazzina del tribunale di Roma a piazzale Clodio. All'origine delle fiamme ci sarebbe stata una sedia situata nell'intercapedine che è vicino alle sale dell'archivio. Il piccolo rogo potrebbe aver avuto origine da un mozzicone di sigaretta passato dalle grate d'areazione presenti a terra, o forse da un corto circuito. I Vigili del fuoco hanno comunque fatto cessare in pochi minuti l'allarme fermando le fiamme e mettendo in sicurezza l'area. 

Nomine al Csm

La Commissione incarichi direttivi del Csm ha designato all’unanimità l'attuale presidente di sezione della Corte dii Cassazione, Luigi Lombardo come nuovo presidente della Corte d'appello di Messina.

© Riproduzione riservata