care lettrici, cari lettori

questa settimana ha avuto al centro il rimpallo di responsabilità per la fuga dagli arresti domiciliari in Italia di Artem Uss, un faccendiere russo al centro di un caso giudiziario negli Stati Uniti e per cui era stata chiesta l’estradizione.

La vicenda è culminata con una audizione in aula alla Camera del ministro della Giustizia, Carlo Nordio, e l’apertura di un procedimento disciplinare a carico dei giudici della corte d’appello di Milano, che ha stabilito i domiciliari e non la detenzione in carcere per Uss.

Il caso continua a far discutere, ma il ministro ha fornito una ricostruzione che accusa di magistrati di «grave negligenza» nella scelta della misura cautelare. Con l’effetto di far esplodere lo scontro con l’Anm, che ha ricevuto l’appoggio anche dell’avvocatura.

Sul fronte dei commenti, invece, continua il dibattito sulla geografia giudiziaria. La settimana scorsa era intervenuto l’ex membro del Csm, Giovanni Zaccaro. A lui oggi si aggiunge l’ex procuratore capo di Milano, Edmondo Bruti Liberati, che analizza attraverso i dati i rischi della riapertura dei cosiddetti “tribunalini”, (come da intenzione del governo) e dice: altro che riaprirli, andrebbero chiusi almeno altri 20 uffici.

Caso Artem Uss

Il caso di Artem Uss ha acceso lo scontro tra il ministro della Giustizia, Carlo Nordio, e la magistratura.

Uss, faccendiere russo, è evaso dai domiciliari il giorno dopo la notizia del sì alla sua estradizione negli Usa, dove è accusato di associazione per delinquere, truffa e riciclaggio. Uss era stato arrestato il 17 ottobre scorso a Malpensa e aveva trascorso alcuni mesi in carcere, per poi ottenere i domiciliari a Basiglio, nel milanese. Ora l’uomo si trova in Russia, dove il padre è governatore di una regione e stretto collaboratore di Vladimir Putin.
Nordio ha avviato un procedimento disciplinare contro i giudici della Corte d'Appello di Milano, incolpandoli di «grave e inescusabile negligenza» per aver sostituito la custodia cautelare in carcere con gli arresti domiciliari con braccialetto elettronico a Uss.

L'atto, che non ha precedenti, pone problemi di rapporti tra poteri dello stato. Il provvedimento di Milano, infatti, è un atto motivato dell'autorità giudiziaria e un sindacato da parte dell'esecutivo - sia pure attraverso una iniziativa disciplinare che verrà valutata.

La rabbia dei magistrati è esplosa, con una assemblea con 170 magistrati riuniti a Milano, tra cui anche la procura generale che aveva sostenuto la necessità di carcere per Uss. «Una regola fondamentale della materia disciplinare, immediata traduzione del principio della separazione dei poteri, è che il Ministro e il Consiglio superiore della magistratura non possono sindacare l'attività di interpretazione di norme di diritto e quella valutazione del fatto e delle prove. Sarebbe assai grave se questo limite, argine a tutela della autonomia e della indipendenza della giurisdizione, fosse stato superato», è stata la prima reazione all’Ansa del presidente dell'Anm, Giuseppe Santalucia.

Solidarietà è arrivata anche dai penalisti milanesi, che hanno scritto: "Che si invii un'ispezione ministeriale per verificare l'operato della corte di Appello di Milano, e il ministro eserciti l'azione disciplinare entrando nel merito della fondatezza di un provvedimento non impugnato dagli organi legittimati, ci appare come un forte elemento di intimidazione".

Il ministro ieri è intervenuto in aula alla Camera e ha ribadito le sue posizioni, dicendo che "Nessuno può permettersi di imputare al ministro un'interferenza invasiva quando esercita le sue prerogative per verificare la conformità del comportamento dei magistrati ai doveri di diligenza, tra i quali campeggia il dovere di motivazione dei provvedimenti. "In democrazia vige il principio di eguaglianza, non esistono surrogati della legge: in caso contrario dovremmo domandarci se le migliaia di cittadini sottoposti a procedimenti penali con accuse rivelatesi poi infondate siano meno uguali rispetto a chi, indossando la toga, dovrebbe essere il principale garante di questa eguaglianza".

Parole pesanti che accendono uno scontro che non si placherà facilmente, proprio ora che la stagione delle riforme della giustizia sta per cominciare. Proprio questa è la preoccupazione più forte che trapela da via Arenula, dove le colombe sono già partite per tentare di recuperare i rapporti con Anm e penalisti.

La corte costituzionale su Cospito

La prima vittoria per l’anarchico Alfredo Cospito, ancora detenuto in regime di 41 bis nel carcere di Milano Opera dopo un lungo sciopero della fame, è arrivata grazie alla Corta costituzionale.
La Consulta, infatti, ha accolto la questione sollevata dalla sua difesa e dichiarato costituzionalmente illegittima la norma del codice penale «nella parte in cui vieta al giudice di considerare eventuali circostanze attenuanti come prevalenti sulla circostanza aggravante della recidiva, nei casi in cui il reato è punito con la pena edittale dell’ergastolo».

La decisione non influisce sul 41 bis ma solo sulla quantificazione della pena, dopo che la Cassazione lo ha condannato per strage politica per l’attentato del 2006 con due bombe artigianali, esplose davanti alla scuola dei carabinieri di Fossano senza provocare morti. La corte d’assise d’appello ora è chiamata a riquantificare la pena (la prima condanna era stata a 15 anni per il reato di strage “comune”).

Il reato di strage politica ex art.285, infatti, prevede la pena dell’ergastolo e, siccome Cospito è recidivo, e prima della sentenza costituzionale i giudici non potevano applicargli alcuna attenuante. Una previsione incostituzionale, secondo la sua difesa, perchè in contrasto con il principio di proporzionalità.

La tesi è stata accolta dai giudici costituzionali, secondo cui «il carattere fisso della pena dell’ergastolo esige che il giudice possa operare l’ordinario bilanciamento tra circostanze aggravanti e attenuanti», valutando «caso per caso» se applicare l’ergastolo o «laddove reputi prevalenti le attenuanti, una diversa pena detentiva». Così Cospito può sperare di non venire condannato all’ergastolo, ma tra i 21 e i 24 anni di carcere.

Qui un approfondimento sulla storia giudiziaria che ha portato alla pronuncia e, spiegata in modo più chiaro, la distinzione tra strage politica e strage comune.

Il patteggiamento di Palamara

La procura di Perugia ha rideterminato in capo di imputazione a carico dell’ex magistrato Luca palamara, nel processo principale a suo carico legato ai rapporti con l'imprenditore Fabrizio Centofanti. Da corruzione, infatti, il reato è stato derubricato in quello meno grave di traffico d'influenze illecite.

In seguito a questo, Palamara ha avuto accesso ai riti speciali e ha chiesto il patteggiamento – con l’assenso della procura – ad un anno di reclusione con pena sospesa. Ora spetta al tribunale valutare se accogliere la richiesta, con udienza fissata per la decisione il 16 maggio.

Palamara, tuttavia, ha dichiarato di aver chiesto il patteggiamento «senza riconoscere alcuna forma di mia responsabilità ma solo per liberarmi dal fardello dei processi ed essere così più libero di portare avanti la battaglia di verità per una giustizia giusta».

Palamara, infatti, ha sempre dichiarato di non aver «mai tradito il giuramento fatto al momento del mio ingresso nella magistratura».

La procura guidata da Raffaele Cantone ha fatto sapere che è stata scelta questa strada in modo che «possono rapidamente definirsi due procedimenti di particolare complessità che avrebbero significativamente impegnato l'ufficio inquirente e quello giudicante nei prossimi anni». La nuova imputazione rimane un reato contro la pubblica amministrazione e «lascia immutato, del resto, il quadro delle acquisizioni investigative compiute nel corso degli anni».

Si chiude così, dopo la fuga di notizie sulle intercettazioni dell’hotel Champagne che hanno terremotato la magistratura associata, uno dei principali filoni d’inchiesta per cui quegli ascolti telefonici erano stati disposti.

Vale la pena di ricordare che il reato di traffico di influenze illecite dovrebbe essere riscritto da una riforma annunciata dal ministro Nordio. L’ipotesi è di circoscrivere il reato in modo che la condotta resti penalmente rilevante solo se l’utilità procurata dal mediatore al pubblico ufficiale abbia una natura patrimoniale, o nell’ipotesi in cui la mediazione miri a far commettere al pubblico ufficiale un ulteriore reato. Con possibili effetti anche sul procedimento Palamara, visto che l’ex magistrato non ha ricevuto denaro. 

Lo sciopero della magistratura onoraria

Dal 19 al 23 aprile la magistratura onoraria ha proclamato una astensione delle udienze, giustificata all’«immobilismo preoccupante» anche di questo governo sui magistrati onorari, con le direttive europee imposte all'Italia che restano ancora disattese.

La Consulta della magistratura onoraria ha infatti ricordato i «vani tentativi di avere risposte soddisfacenti dal governo» sulla stabilizzazione dei magistrati onorari, che «subiscono l'insulto di vedersi remunerati con meri acconti per l'attività quotidiana, senza la dovuta posizione previdenziale, dopo aver atteso mesi per un emolumento già di per sé inadeguato alla funzione». Inoltre, «a ben 16 mesi dalla riforma, censurata in sede europea a luglio scorso per le gravi discriminazioni ancora esistenti, lamentano un immobilismo preoccupante non solo per il presente, ma anche per il futuro».

La magistratura togata ha espresso solidarietà con un comunicato dell’Anm, in cui la giunta ha sottolineato che «lo stato di agitazione dei magistrati onorari e' fattore di ulteriore disagio per gli uffici giudiziari», per questo l’auspicio è che «le loro istanze e le loro preoccupazioni possano essere oggetto di tempestivo esame e di attenta considerazione da parte del ministero».

Il sottosegretario della Giustizia, Andrea Delmastro, ha dichiarato che «la mancata qualificazione e i mancati pagamenti sono frutto dei provvedimenti del governo Draghi» e che «il governo Meloni, in tempi velocissimi, stabilizzerà nelle funzioni i magistrati onorari, con equo trattamento economico».

Ai magistrati onorari non resta che rimanere in attesa.

L’astensione dei penalisti

Unione camere penali italiane ha proclamato astensione dalle udienze dal 19 al 21 aprile e, nell’ultimo giorno, la convocazione di una manifestazione che si terrà presso il Centro Congressi Roma Eventi Fontana di Trevi, in piazza della Pilotta dal titolo “Ora! Le riforme liberali”.

Scontro tra Anm e avvocatura a Reggio Emilia

Un’intervista al Giornale del 7 marzo 2023 ha fatto scoppiare lo scontro tra avvocati e Anm locale a Reggio Emilia.

L’ex magistrato della procura Antimafia Roberto Pennisi, infatti, aveva dichiarato: «Mi impedirono di indagare sui rapporti cosche e Pd. Nell’inchiesta sulla ‘ndrangheta in Emilia, la Procura non volle toccare i politici».

In seguito a queste dichiarazioni, l’ordine degli avvocati di Reggio Emilia ha detto che «che le rivelazioni del dottor Pennisi non restino lettera morta e che inducano a fare chiarezza affinché ogni dubbio possa essere opportunamente fugato» e invitato a «una seria riflessione sulle cause di una simile violazione dei principi di imparzialità, autonomia e indipendenza della magistratura».

Immediata la replica dell’Anm dell’Emilia Romagna, che ha definito le accuse «mere illazioni che rischiano di delegittimare un lavoro di enorme portata, condotto con serietà, professionalità, abnegazione e sacrificio personale».

Avvocati e legittimo impedimento

La vicenda romana che ha riguardato l’avvocata Ilaria Salamandra (che ha denunciato quanto accaduto su facebook) è arrivata in parlamento, con un'interrogazione al ministro della Giustizia, Carlo Nordio, per accertare le responsabilità dell'autorità giudiziaria.

Il caso riguarda la decisione del tribunale di Roma di non accogliere la richiesta – a cui il pm daveva dato parere positivo – hi rinvio dell'udienza per legittimo impedimento avanzata dall'avvocata, che doveva assistere il figlio di due anni ricoverato all'Ospedale Bambin Gesù di Roma per un intervento in day hospital.

La giudice ha motivato il no al legittimo impedimento dicendo che il bambino avrebbe potuto essere accompagnato in ospedale dal padre e ha proceduto con l'udienza ascoltando un testimone. 

La questione del legittimo impedimento per gli avvocati è annosa e – in casi come questo – si scontra con il buon senso della magistratura (che, in quanto dipendente, ha riconosciuta invece ogni garanzia in un caso come quello di specie). 

La replica della magistratura però è arrivata: secondo la ricostruzione fornita dal presidente dell’Anm, Giuseppe Santalucia, l’avvocata avrebbe mandato in udienza una sua sostituta con cognizione del procedimento.

La mediazione

Il ministero della Giustizia ha revocato la circolare del 6 aprile sui nuovi requisiti per gli organismi di mediazione e gli enti di formazione, sostituendola con le indicazioni di cui alla circolare pubblicata il 14 aprile 2023.

Nella circolare del 14 aprile, si specifica che tutti gli organismi di mediazione che intendano mantenere l'iscrizione nel registro devono presentare apposita istanza entro il 30 aprile 2023.

Di conseguenza gli enti che non presentano l’istanza verranno sospesi. Il ministero ha inoltre comunicato che verrà presto resa disponibile sulla piattaforma dedicata il modulo per la presentazione dell'istanza di permanenza nel registro, precisando che il mantenimento dell'iscrizione dovrà intendersi con riserva di effettuare una successiva valutazione all'esito dell'entrata in vigore della norma regolamentare.

L’unione triveneta degli avvocati

L'avvocato veneziano Andrea Pasqualin, già componente del Cnf, è stato eletto alla presidenza dell'Unione Triveneta degli avvocati, l'associazione che rappresenta i 17 mila legali del Nordest italiano dei fori di Trentino Alto Adige, Friuli Venezia Giulia e Veneto. «La presenza di un ministro veneto alla Giustizia, che conosce bene la realtà del nordest agevolerà la possibilità di prospettare le esigenze del nostro territorio», ha detto Pasqualin, che ha parlato di «promuovere azioni volte a migliorare e tutelare la condizione lavorativa dei giovani avvocati».

I consigli di presidenza delle magistrature speciali

Slitta ancora la nomina dei componenti laici dei consigli di presidenza della giustizia amministrativa, contabile e tributaria. Ora la nuova data fissata è il 27 aprile, ma lo slittamento ulteriore è molto probabile perchè quel giorno si discuterà in aula di Pnrr. Gli attuali consigli amministrativo e della Corte dei conti sono in prorogatio da luglio.

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