L’opposizione è il cane da guardia della democrazia, ma deve anche proporsi quale alternativa al governo in carica. Se il dissenso, condensato nella legittimazione ad esprimere le proposte dell’opposizione, rappresenta il vero discrimine tra regimi democratici e sistemi illiberali, l’alternanza alla guida dell’esecutivo completa il quadro evitando concentrazione di potere che possa degenerare in sistemi a partito dominante.
In Italia e nel mondo
Nei sistemi politici in cui l’avvicendamento tra forze politiche avversarie non solo è formalmente possibile, ma è anche sostanzialmente e politicamente “praticabile – per usare un concetto sartoriano – è importante che l’opposizione manifesti la sua proposta di governo alternativa a quella della maggioranza.
Nel sistema Westminster esiste uno strumento capace di agevolare la differenziazione tra le forze in campo, ossia il “governo ombra”, che guidata dal capo del partito maggiore e dalle forze parlamentari di opposizione segue attentamente l’azione dell’esecutivo.
Quasi come un’ombra vigila su quanto compiuto da ciascun ministro e grazie a dei “ministri ombra” propone delle politiche alternative per ciascun ambito di governo.
Il fine è rendere visibile le falle della maggioranza, di costruire consenso sulle proposte dell’opposizione, di forgiare l’azione dei ministri in pectore e del potenziale futuro capo dell’esecutivo.
Il caso di Veltroni e Occhetto
Se in Gran Bretagna il governo ombra ha uno status ufficiale, in altri contesti dipende precipuamente da scelte di partito. In Italia, la prima esperienza di questo tipo si ebbe nel 1989 durante la segreteria di Achille Occhetto che lanciò per il Pci il governo ombra, in alternativa alla crisi apertasi per l’esecutivo guidato da Ciriaco De Mita e in vista del varo del sesto governo Andreotti e in contrapposizione al pentapartito; le vicende nazionali e internazionali, ma soprattutto una mai ben definita relazione tra partito e governo ombra decretarono la fine dell’esperienza.
Dopo il 1994, l’unico caso sin ora registrato è quello del Pd guidato da Veltroni, che ebbe però vita breve e, piuttosto grama, a causa delle premature dimissioni del primo segretario dei democratici.
Alternanza e proposte
Il tema del governo ombra e dell’alternanza è intrinsecamente legato allo stato dell’opposizione, sia essa parlamentare che “sociale”. Costruire l’opposizione è operazione complessa e articolata, ma indispensabile per proporre una prospettiva in grado di sostituire la maggioranza pro tempore. Nella fase attuale esistono forze politiche che si oppongono al governo, ma che non sono altrettanto unite.
Sebbene alcuni tentativi di dialogo siano in corso tra M5s, Pd, Azione, Sinistra e Più Europa, appaiono ancora timidi, tattici e azzoppati dalla imminente competizione per le elezioni europee il cui impianto proporzionale tende a inasprire gli aspetti particolari rispetto a quelli di una potenziale coalizione.
L’esito del voto del prossimo giugno potrà rendere meno ambigui i rapporti di forza, ma è sul piano organizzativo e della cultura politica che bisogna intervenire per prima cosa. Inoltre, l’indecisione, o forse la strutturale ambiguità, di Giuseppe Conte a schierarsi definitivamente con il polo progressista, rende meno praticabile un’alleanza strutturata e solida.
La quale ha bisogno di una leadership chiara e solida che in questa fase non può che essere quella del Pd e della sua segretaria, Elly Schlein, che però deve coalizzare tutte le forze parlamentari che avversano la destra e pronte a produrre una reale alternativa programmatica.
Cosa deve fare l’opposizione
I compiti dell’opposizione non sono pochi e tantomeno semplici. Criticare, ostacolare, lottare, ma anche dialogare e se necessario, o meglio dove possibile, negoziare per far avanzare la propria agenda politica. Interloquire con i corpi intermedi, sindacati e associazioni, in un lungo, intenso e proficuo e franco dibattito che conduca alla ri-definizione di un programma politico che rimetta al centro il lavoro, le disuguaglianze e la cultura.
Ritrovare una dialettica diretta e permanente con i corpi sociali, con le aree interne del paese, soprattutto del sud, con i territori dove più forte è il disagio sociale. L’opposizione e la sua efficacia dipendono dalla capacità di unirsi delle forze esterne alla maggioranza, ossia un’operazione necessaria sebbene non sufficiente a convincere gli elettori e nemmeno a vincere le elezioni. Un percorso difficile, ma non impossibile.
In ogni regione, provincia e comune perché l’azione di un governo futuro non reggerebbe se non sostenuta da forze popolari diffuse e convinte dell’azione parlamentare da condurre. In questo senso, il Pd e i suoi alleati potrebbero anche varare le “convenzioni di collegio” ove individuare sin da ora potenziali candidati per saldare il legame tra opposizione, cittadini, forze sociali e partiti e governo ombra.
Per rimanere sul tema accentuando la metafora, il governo ombra sia dunque l’ombra del governo, per smascherarne le ombre e segnalare che su alcuni temi – quale le disuguaglianze – del governo non c’è ombra. La qualità dell’opposizione misura anche la salute della democrazia, ma per aumentarne il livello è indispensabile riaprire conflitto sociale democratico, vero sale del cambiamento.
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