- Venerdì scorso gli studenti di tutta Italia sono scesi nelle piazze. Come se marciassero all’indietro, con lo sguardo perso nell’epopea dei loro nonni.
- Questa giovinezza stringe il cuore di tenerezza e pena, e somiglia più a un povero ronzino bastonato che a un libero, ribelle puledro. Non solo per le botte, sciagurate e imbecilli, che hanno subito nelle scorse settimane. Ma per il suo cieco, sindacalizzato, lamentoso accartocciarsi su se stessa.
- La scuola che ora si va decostruendo, sotto l’assalto esterno di chi l’affama e quello interno della sua pulsione suicida, era rinata quando nacque questa Repubblica.
In una sua malinconica ricostruzione degli anni di Mani pulite Giorgio Meletti notava che, come oggi, anche l’Italia del 1992 litigava sul passato anziché sul futuro. Venerdì scorso gli studenti di tutta Italia sono scesi nelle piazze. Ecco, come se marciassero all’indietro, con lo sguardo perso nell’epopea dei loro nonni. È mezzo secolo che in ogni scuola della Repubblica, appena le giornate si allungano, si celebra un pezzetto di liturgia sessantottina. Quest’anno però va peggio. C’è una mesc



