Non esistono culture, nella storia dell’umanità, senza la musica. Da questa riflessione è partito, al Teatro Franco Parenti di Milano nella prima giornata del festival di Domani dedicato alla cultura, il dialogo tra Mauro Pagani – polistrumentista, produttore ed ex colonna della PFM (Premiata Forneria Marconi), coautore di dischi storici tra cui Creuza de mä – e il nostro vicedirettore Angelo Carotenuto.

«La musica è una lingua e, tra tutte, è la più telepatica e ha una capacità comunicativa irreplicabile in altri meccanismi culturali: fino a un certo livello di complessità, quasi tutti la capiscono. Per questo è stato da sempre un vettore di comunicazione enorme, ha aiutato a raccontare sogni e farli diventare tangibili. Da un certo livello di complessità in poi, è come se diventasse troppo difficile. A quel punto bisogna studiare un linguaggio», ha detto Pagani.

L’artista, 79 anni, ha raccontato qual è stato il primo suono che ha sentito: «Quello del flauto dentro casa, visto che lo suonava mio padre, che era un bravissimo musicista dilettante di altri tempi. Era il primo flauto di una banda di quasi cento elementi e aveva un orecchio assoluto, che io non ho. Ma l’orecchio assoluto a volte è una schiavitù. Perché basta una minima accordatura sbagliata perché chi ce l’ha soffra. Mio padre aveva un figlio che suonava il violino, a volte per lui era una sofferenza. Passava e diceva “Cala, cala...”. Una volta è passato un camion che ha suonato il clacson, lui mi ha guardato e ha detto: “Re bemolle, calante...”. Ma la musica rende migliore la vita ed è più facile di quel che sembra, molto più semplice della matematica!».

Musica e tecnologia

Come si tiene insieme la tecnologia con l’arte, che vive di intuizioni? «Bisogna essere sfacciati, se si ha la fortuna di avere un certo tipo di talento bisogna goderselo. Così ti diverti tu e fai godere anche gli altri», ha risposto Pagani, che ha sottolineato come la musica occidentale, che si basa sul clavicembalo temperato, non è l’unica al mondo. «Per qualcuno nel mondo la nostra musica è stonata, per questo bisogna imparare ad ascoltare. La scala occidentale è formata da 12 note, ma dopo un po’ che si ascoltano altri tipi di musica, quelli diventano normali. Non bisogna essere testoni, soprattutto chi ha l’orecchio assoluto».

E, a proposito di imperfezioni e stonature, inevitabile una domanda sull’autotune: imbroglio o tecnologia contemporanea? «È una perfetta macchinetta per brocchi, che funziona bene anche per i non brocchi. Quasi tutti hanno delle note stonate: quando l’autotune non c’era, tante volte abbiamo buttato via bellissimi assoli perché non erano perfetti. Quindi può essere un aiuto, ma non bisogna appoggiarcisi troppo. Le stonature fanno parte del sistema interpretativo, serve la capacità di riconoscere anche i propri limiti. In questi casi, utilizzarlo ti permette di capire meglio quello che fai. Lo uso anche io, ma bisogna stare attenti a non diventarne schiavi».

Musica e stupore

Carotenuto, a quel punto, ha chiesto a Pagani se esiste qualcosa che ha ancora il potere di stupirlo. «La bellezza, che purtroppo dipende troppo poco da me. A volte sembra difficile capire la musica di oggi, ma anche noi facevamo musica che i nostri genitori non capivano. In questo momento, nel mondo, c’è qualcuno che sta scrivendo un pezzo bellissimo. Di questa possibilità dobbiamo essere grati al mondo che ci permette di scoprire l’ignoto. Certo oggi rispetto a un tempo escono troppi pezzi, ci sono siti che pubblicano 170mila inediti al giorno. Diventa dura persino trovarli… Una volta ci fidavamo dei giornalisti musicali, adesso anche loro sono un po’ confusi da questa realtà. Hanno bisogno di aiuto anche loro».

Se Pagani dovesse scegliere tra virtuosismo ed essenzialità, sceglierebbe la seconda: «Il primo ti stupisce da giovane, a una certa età si scopre che l’abilità di ognuno a volte è nascosta. Sono un grande estimatore dei Beatles, mi hanno sconvolto la vita. Ma se oggi ascoltassi ancora solo loro dovrebbero ricoverarmi. La curiosità è una cosa bella della vita».

Sanremo

«Chi mi piace oggi? Prendiamo Sanremo: quest’anno c’erano quattro cose interessanti. Il Festival è una mensa, deve esserci cibo per tutti. Ma ci sono stati anni in cui il sistema era completamente sordo, adesso vedo alcune cose sorprendenti. C’è futuro...»

A proposito di alto e basso, tema ricorrente nel nostro evento “Le sfide di Domani”, sul palco si è parlato della diatriba tra gusti del pubblico e gradimento dei critici musicali: «Pensiamo alla cucina: non sempre un cuoco geniale viene accolto con il trionfo che si merita perché un bel piatto di spaghetti ci mette di buonumore. Dobbiamo concedere questa cosa anche alla musica. Naturalmente, l’ignoranza ti rende ripetitivo nei gusti. La responsabilità è anche di chi sceglie i pezzi per le radio, in virtù di rapporti commerciali e non di gusto. Vale anche per il libero pensiero: molta gente è schiava di pensieri pre-cotti. Bisogna lavorare su sé stessi».

Dio e la musica

«Dio suona?», ha chiesto Carotenuto a Pagani. «Di sicuro! Verrebbe da pensare che suoni l’arpa, ma secondo me anche il trombone, perché suonare è divertente e non vedo perché Dio non si debba divertire».

Il pensiero è andato anche al periodo in cui, in pieno lockdown, eravamo tutti sui balconi a cantare: «Riuscivamo a essere più liberi da condizionamenti rispetto al solito. Ognuno di noi – ha detto Pagani – dovrebbe ricordare che non siamo sempre al nostro peggio, ogni tanto siamo al nostro meglio. C’è chi ha paura ad apprezzare il bello perché fa sentire a disagio, incapaci di abbandonarsi. E così capita di abbandonarsi solo ai sentimenti peggiori. Chi fa andare male il mondo è l’uomo, che è una malattia che ha colpito questo pianeta. Viviamo un periodo in cui è impossibile pensare agli altri, dall’ambiente ai diritti, ma il pianeta è colpito dall’egoismo individuale».

Il rapporto con i figli

Pagani ha anche raccontato che entrambi i suoi figli, un maschio e una femmina, hanno provato a studiare pianoforte, ma hanno abbandonato dopo poco tempo. Oggi la figlia fa la dj: «Quando dice “vado a suonare” faccio finta di non sentire. Suonare è un’altra cosa, ma meglio questo che niente. Sono stato un cattivo maestro: ho fatto sempre e solo quello per 15 ore al giorno, e non va bene, ma sono stato travolto dalla passione. E forse sono molto limitato su altri argomenti».

A proposito di nuove generazioni, il musicista ha avuto qualche difficoltà a selezionare tre artisti da consigliare ai genitori, perché li facciano ascoltare ai figli per spingerli alla bellezza: «Miles Davis, i Beatles… Ma servirebbero cento dischi, non ce la posso fare».

Con l’ultima domanda, invece, abbiamo cercato di capire, secondo Pagani, da dove viene la musica, dove abita prima di arrivare alla testa, alle mani, allo strumento e alle nostre orecchie: «Se fossi un vero credente direi che vive nel cuore di Dio. Ma siccome ci ha creati a sua immagine e somiglianza, è dentro di noi. Bisogna trattarla bene, è uno dei più grandi regali che ci ha fatto la sorte».

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