«Noi crediamo che questo tribunale, agendo come noi sappiamo che agirà con completa obiettività giuridica, anche se è stato nominato dalle Potenze vittoriose, saprà dare insieme una pietra di paragone ed un documento autorevole e imparziale a cui gli storici futuri possano volgersi per averne la verità, e i politici futuri per trarne un ammonimento…»: sono le parole pronunciate dal giudice accusatore britannico, sir Harly Shawcross, nel discorso di apertura al processo di Norimberga che vide nell’ agosto 1946 le deposizioni finali degli imputati al processo per i crimini di guerra del Terzo Reich.

Ventidue criminali di guerra nazisti comparvero in una veste del tutto diversa dalla protervia con cui si erano distinti durante i fasti del regime e nelle crudeltà di cui si erano macchiati, a cominciare dall’eccidio di massa degli ebrei. L’ex capo del Fronte del Lavoro, Robert Ley, alcolista, fervente antisemita e fedelissimo di Hitler, diede segni di pazzia e si impiccò. Anche il vice del Führer Rudolf Hess si comportò da folle, sostenendo di aver perso la memoria e chiudendosi nel mutismo.

Solo il vicecancelliere Hermann Göring confermò la sua megalomania comparendo in prima fila con l’uniforme di maresciallo del Reich sul banco degli imputati. Iniziato il 20 novembre 1945, il processo di Norimberga si concluse con le sentenze del 30 settembre e del 1° ottobre 1946. Dodici imputati furono condannati a morte mediante impiccagione, eseguita nella notte del 15 ottobre 1946 , tre all’ergastolo  e quattro a pene detentive. Tre furono assolti e un imputato fu dichiarato latitante.

Il Partito nazista, le SS, le SD e la Gestapo furono dichiarate organizzazioni di natura criminale. Il collegio giudicante era stato presieduto dal giudice inglese Lawrence mentre ognuna delle quattro nazioni che avevano istituito il Tribunale aveva fornito un giudice, i sostituti, e le funzioni di pubblico ministero erano state esercitate a turno. 

I Tribunali Norimberga e Tokyo

Al termine della Seconda guerra mondiale l’esigenza di un processo esemplare per i responsabili delle atrocità naziste fu sentita imperante e la volontà comune delle Potenze Alleate portò all’Accordo di Londra dell’8 agosto 1945, che recava in annesso l’importante Charter of the International Military Tribunal.

La London Charter istituiva il Tribunale Militare Speciale Internazionale, con sede a Norimberga, cui fu attribuita la competenza a giudicare in primo luogo i singoli individui ritenuti responsabili di «crimini contro la pace», «crimini di guerra», «crimini contro l’umanità».

Altri processi vennero svolti unilateralmente dalle quattro potenze nelle rispettive zone di occupazione: in particolare gli Stati Uniti condussero 12i processi, sempre a Norimberga. Nel complesso furono imputate 177 persone, di cui 35 rimasero assolte. Un anno dopo la costituzione del Tribunale di Norimberga, nel 1946, il generale MacArthur, nella veste di comandante supremo delle Forze Militari Alleate nel Pacifico, promulgò la Carta di Tokyo che istituiva l’International Military Tribunal for the Far East: portò alla condanna di 25 criminali di guerra, tutti membri del vertice politico-militare giapponese, con l’esecuzione capitale per sette imputati.

La “giustizia dei vincitori”

Sulla natura e sul concreto operato dei tribunali di Norimberga e di Tokyo si è sviluppato per lungo tempo un intenso dibattito che ha sollevato non poche polemiche, soprattutto per le riserve mosse da quanti hanno sostenuto concezioni ispirate dal formalismo giuridico.

Gli spunti critici erano sostanzialmente questi: si alterava il concetto di responsabilità internazionale nella quale nel diritto dell’epoca erano “soggetti” solo gli stati, a cui era ontologicamente estraneo ogni coinvolgimento diretto nella punizione degli individui.

Si trattava poi di organi giurisdizionali non precostituiti, quindi in contrasto con il principio del “giudice naturale”, chiamati a giudicare sulla base di un diritto che molti ritenevano ancora indeterminato, non suffragato pertanto dal principio della certezza del diritto (nullum crimen sine lege).

Quanto poi alla connotazione “internazionale” dei tribunali, si osservò che in realtà erano tribunali voluti e costituiti, oltre che dominati, solo dalle potenze vincitrici, in cui non poteva garantirsi l’imparzialità e la serenità del giudizio. 

L’idea dei Tribunali internazionali

Queste critiche erano già all’epoca solo apparentemente fondate, perché per chi aveva conoscenza dell’evoluzione del diritto internazionale erano maturi i tempi per affermare come principio universale la necessità di condannare i crimini di guerra.

In particolare, il presidente del Comitato internazionale della Croce rossa, l’avvocato svizzero Gustave Moynier, aveva proposto di istituire una corte internazionale per giudicare quanti durante la guerra franco-prussiana del 1870, e in specie nella battaglia di Sédan, avevano violato gravemente la Convenzione di Ginevra del 22 agosto 1864 sulla cura dei malati feriti in battaglia.

Alla fine della guerra mondiale il Trattato di Versailles del 28 giugno 1919 sancì formalmente l’istituzione di un Tribunale speciale internazionale, composto da cinque giudici – ognuno in rappresentanza della potenza vincitrice – che avrebbe dovuto porre «in stato di pubblica accusa Gugliemo II di Hoenzollern, ex imperatore di Germania, per offesa suprema contro la morale internazionale e la sacra autorità dei trattati».

Il Kaiser non fu processato per l’opposizione dell’Olanda, dove si era rifugiato, e la Germania non ottemperò all’obbligo di consegnare alle potenze vincitrici gli ufficiali tedeschi responsabili di crimini di guerra. Era la realpolitik dei tempi, ma in sostanza l’idea della giustizia penale internazionale era stata portata avanti.

I principi giuridici 

Le tesi del formalismo giuridico che condannavano il Tribunale di Norimberga e di Tokyo come “giustizia dei vincitori” possono dirsi perciò ampiamente superate da un giudizio storico attento all’evoluzione del diritto internazionale. Le atrocità del secondo conflitto mondiale erano andate ben aldilà delle violenze giustificate da uno ius belli che era comunque sufficientemente delineato, anche nei principi consuetudinari.

I Tribunali di Norimberga e Tokyo avevano potuto introdurre formalmente il principio della responsabilità penale di diritto internazionale, sulla base dei seguenti princìpi affermati nei loro atti istitutivi e nelle sentenze pronunciate: chiunque è responsabile e punibile individualmente per aver commesso atti che costituiscono crimini per il diritto internazionale; la responsabilità dell’autore di un atto costituente un crimine internazionale non è esclusa ai sensi del diritto internazionale per il solo fatto che la legge di uno stato non preveda la punibilità dell’atto stesso; per i crimini internazionali non operano immunità, prescrizioni ed esimenti per aver «agito in esecuzione di ordini del governo o di un superiore».

Pur con i limiti dell’epoca, dunque l’operato dei due Tribunali ha lasciato un’importante eredità per i successivi passi che sarebbero stati compiuti: dalla Carta delle Nazioni Unite del 1945 fino allo statuto di Roma del 1998, istitutivo della Corte penale internazionale, il primo organismo cha avrebbe esercitato una giurisdizione penale universale e permanente sui più gravi crimini internazionali: l’aggressione, il genocidio, i crimini di guerra e contro l’umanità.

L’eredità dei Tribunali internazionali

Oggi si parla di ritrovare lo “spirito di Norimberga” di fronte agli scenari del conflitto in Ucraina dove contro le atrocità della guerra si vuole riaffermare il ruolo della giustizia penale internazionale. Vladimir Putin è stato già incriminato dalla Corte penale internazionale per il trasferimento forzato di migliaia di minori ucraini, ma in atto alla Corte penale dell’Aja è preclusa la giurisdizione completa anche sul crimine di aggressione, per vari vincoli, non ultime le mancate ratifiche di Russia e Ucraina (quest’ultima ha comunque aderito al sistema della Corte per gli altri gravi crimini internazionali).

In seno al 24esimo vertice Ue-Ucraina del 2 febbraio 2023 si è parlato perciò di istituire un Tribunale internazionale e il modello giuridico di riferimento per attuarlo potrebbe essere proprio quello di un accordo fra stati garanti, come lo fu il London Agreement per il Tribunale di Norimberga. 

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