Chi è vissuto più a lungo

Una storia italiana di potere, mafia e trent’anni di depistaggi

  • La lettura dell’ultimo libro di Enrico Deaglio, Qualcuno visse più a lungo, è abbastanza sconvolgente, poiché mette in fila responsabilità precise di più parti dello stato nel tremendo susseguirsi dei fatti (le morti di Falcone e Borsellino, le stragi in “continente”, la gestione dei collaboratori di giustizia, i processi, il caso Scarantino).
  • È un libro che si legge d’un fiato, un affresco di storia nazionale che parte ben prima dell’avvento di Silvio Berlusconi nella politica italiana (gennaio 1994, snodo esiziale) risalendo invece a quando la Sicilia ha iniziato a diventare un “narcostato”.
  • Spiega Deaglio: «Questo libro è un po’ il finale di partita, visto il trentennale: gli ho voluto dare una patina di qualcosa avvenuta in tempi passati, di cui rimangono ricordi vaghi, deformati. Ma, ad essere sinceri, è da un po’ di tempo che mi ha accompagnato un senso di rabbia per la capacità che il potere ha avuto di mentire, di deformare, di depistare coinvolgendo tutta l’Italia».

Ci mancava solo Stefano Delle Chiaie. Che lo storico leader di Avanguardia nazionale (ovviamente scomparso, funziona sempre così) fosse o meno trent’anni fa a Capaci, nell’imminenza dell’attentato a Giovanni Falcone e alla sua scorta, la sola ipotesi un effetto concreto lo ha già prodotto. Il primo: le perquisizioni della procura nella redazione di “Report” e a casa del giornalista Paolo Mondani, a caccia però di qualcosa di più di semplici elementi relativi a violazioni del segreto istruttorio

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