Cara Giulia,

Come fare della propria passione un mestiere? Come rendere la scrittura un lavoro retribuito in un mondo in cui nemmeno centomila qualifiche sono abbastanza?

Grazie,

S.


Cara S.,

In questa lettera toccherò nuove vette di ipocrisia, tieniti forte. La risposta sincera sarebbe un caloroso “non lo so”, ma proverò comunque a dare un senso a questa rubrica formulando ipotesi pratiche o semi-pratiche utili alla tua domanda.

Dunque. Il primo consiglio credo sia di buonsenso ed è “scrivi tantissimo”. C’è la famosa teoria del giornalista canadese Malcolm Gladwell che prevede che si diventi veramente bravi in qualcosa solo dopo averla praticata per diecimila ore. Non sarei così fiscale (a qualcuno ne servono molte di più, ad altri fortunati talentuosi decisamente meno) ma in generale è un buono spunto. Allenarsi. La scrittura, almeno nella mia esperienza, è in grandissima parte questione di allenamento, come la palestra o la corsa (che invece non pratico, ma mi dicono che sia questione di fiato anche lì).

Secondo consiglio: trova la tua cosa. Che cosa vuoi scrivere? Libri? Articoli di giornale? Aforismi? Monologhi teatrali? Interviste per Cavalli & Segugi? Di che qualifiche parli? A cosa si applicano? Guardati dentro con tutta la sincerità di cui sei capace e cerca di capire verosimilmente a cosa puoi permetterti di puntare e se c’è un percorso professionale adatto a te (una scuola di giornalismo, ad esempio, se è quello che intendi). Per colmare la distanza rimanente ci sono le pubbliche relazioni, e qui veniamo al consiglio numero tre: rompi il cazzo.

Rompi il cazzo in giro, dì a tutti che vuoi scrivere e che sei brava, manda cv alle redazioni e alle case editrici, trova almeno un amico utile che possa portarti dentro per mano. Rompi il cazzo, ma non troppo, perché non vuoi neanche diventare quella che entra in una stanza e tutti dicono «è arrivata la rompicazzo».

Consiglio numero quattro: abbassa le aspettative. Il problema delle diecimila ore è che anche la passione più grande dopo diecimila ore diventa un incubo. Scrivere peraltro è un’attività orribile di per sé, di infinita solitudine e frustrazione massima (non ho tatuaggi, ma sarei pronta a stamparmi in fronte una frase di Dorothy Parker: «Odio scrivere, amo aver scritto»). Quindi prima di andare alla ribalta valuta bene se sei pronta a trasformare quella che ora definisci passione in un’ennesima fonte di delusione.

Cinque: trova un altro lavoro. È utile, soprattutto all’inizio, tenere un solido piede nella porta di un altro impiego, che può essere adiacente alla scrittura ma costituito da altro. Mi hai fatto questa domanda perché pensi che io paghi le bollette con questa rubrica settimanale? La risposta, nel caso ce ne fosse bisogno, è no. Oltre alle cose che firmo qui e altrove, scrivo libri di altri in qualità di ghostwriter e per otto ore al giorno, dal lunedì al venerdì, tengo il culo su una sedia in un ufficio, dove non scrivo alcunché, se non mail e contratti di cessione. I miei weekend spesso sono passati a inseguire delle consegne da freelance. Non ti dico che passione per la scrittura ti travolge quando i tuoi amici sono da qualche parte a grigliare salamelle e tu sei a casa con i pantaloni della tuta infilati nei calzini a picchiettare sulla tastiera del computer come una povera sfigata (oltre che sfigata povera: nel caso te lo stessi chiedendo, non si diventa miliardari in questo settore). Poi uno può anche puntare tutto sulla scrittura, ma io sono sempre stata una ragazza concreta e prepotentemente consapevole dei miei limiti. Preferisco avere almeno una vaga idea di quanto guadagnerò il mese prossimo.

Non so quanti anni hai, immagino meno di me se hai ancora dei sogni. Fai bene ad averli, è importante avere sempre qualcosa a cui aspirare, se questo non ci fa corrodere troppo gli organi interni. Sii pronta a tutto e non sopravvalutarti: per me le cose hanno cominciato ad avere un senso quando ho smesso del tutto di prendermi sul serio. Ma non sminuirti neanche, il mondo è pieno di gente mediocre che ricopre ruoli di cui non è all’altezza. In sostanza devi trovare l’esatto cocktail di sfacciataggine e sicurezza e umiltà che ti permetta di navigare i tuoi primi tentativi senza soccombere ai rifiuti e imparando via via qualcosa di utile per riprovare ancora e ancora.

E poi c’è la fortuna, i casi della vita, le svolte improvvise, i treni persi, la noia, gli imprevisti, l’indigenza, il diritto a cambiare idea. Non ti fissare, ma non aver paura di tentarla.

Spero di non averti spinto definitivamente in direzione dell’ingegneria meccanica (o forse spero di sì, non so) e ti auguro il meglio, compatibilmente con le tue aspirazioni e lo stato di salute dell’editoria del nostro paese. In bocca al lupo, davvero.

Giulia

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