Il recente massacro razzista di Buffalo ha una storia globale che lo precede. Il killer fascista ha affermato nel suo “manifesto”: «Mi ritengo etnicamente bianco perché le nazionalità dei miei genitori sono europea nord-occidentale e italiana». Anche ciò che è bianco e ciò che non lo è è una questione che appartiene alla storia del razzismo.

All’inizio dell’immigrazione italiana in America spesso gli italiani erano considerati non del tutto bianchi. Similmente Adolf Hitler, nelle sue fantasie razziste, aveva messo in guardia la Germania dal rischio di diventare «l’Italia del sud», un luogo a cui faceva corrispondere un mix di razze e il ricambio del mondo bianco.

Più di cinquant’anni dopo, Ugo Bossi, il fondatore della Lega nord, ha fatto un’affermazione xenofoba simile a proposito dell’Italia meridionale. Il dittatore Benito Mussolini non la pensava come il Führer circa la razza bianca italiana, ma nel 1934 presentò un «grido d’allarme sulla decadenza demografica della razza bianca». Metteva in guardia sull’incombente «morte della razza bianca». Il duce dichiarò che un «fatale declino» era in atto e per questo si ebbero «i gridi d’allarme sorgere in tutte le parti del mondo. Nell’Ungheria si deplora dall’alto il costume oramai invalso della famiglia a figlio unico; nella repubblica Argentina, grande dieci volte l’Italia e dove potrebbero comodamente vivere da 80 a 100 milioni di uomini, la denatalità fa strage».

Il fascino di una nazione

Queste fantasie e paure folli sull’inquinamento razziale e sul declino dei “bianchi” compaiono anche nel “manifesto” di 180 pagine del terrorista ma, a differenza di Mussolini, il terrorista fascista elogia in prima pagina l’Argentina, per la sua presunta situazione razziale. Il killer idealizza il paese sudamericano attraverso menzogne razziste e afferma che l’Argentina è l’unico paese «bianco» con un alto tasso di natalità che lo difenderebbe efficacemente dai nemici della razza bianca. Da dove viene questa fantasia delirante di una “Argentina bianca” che chiunque conosca l’Argentina può negare semplicemente camminando per strada? L’Argentina è un paese con varie etnie, spesso aperto, tollerante e generoso, e anche un paese, che come tutti i paesi ha una storia di diversi fascismi e razzismi.

Il terrorista di Buffalo aderisce alla cosiddetta “teoria della grande sostituzione” le cui origini risalgono alle idee di degenerazione sociale e razzismo scientifico della fine del Diciannovesimo secolo. Secondo questi teorici la superiorità della civiltà occidentale deve essere mantenuta biologicamente e culturalmente per evitare il caos e il collasso sociale. Questa ideologia è stata ampiamente accettata dalle élite politiche in vari paesi su entrambe le sponde dell’Atlantico e ha dato origine a politiche eugenetiche, segregazioniste, anti immigrazione e infine fasciste e genocide.

Il “genocidio bianco”

Negli anni Trenta i nazisti hanno radicalizzato la menzogna di una cospirazione ebraica il cui scopo era quello di organizzare la mescolanza delle razze, dando vita allo sterminio delle popolazioni bianche in tutto il mondo. Da quel momento in poi l’idea del “genocidio bianco” fu ripresa da fascisti e da organizzazioni affini durante la Guerra fredda per giustificare la violenza politica in nome della difesa esistenziale dei nazionalismi etnici.

Negli anni Settanta la Confederazione anticomunista latinoamericana ha introdotto le nozioni di “genocidio e supremazia bianca” che hanno influenzato le dottrine delle agenzie responsabili dell’operazione Condor. Le dittature di Bolivia, Cile e Paraguay sono state molto ricettive a queste idee a causa, in parte, della presenza di ex nazisti ed ex Ustaše in posizioni alte.

La giunta militare latinoamericana si considera guerriera in una crociata storica contro una cospirazione globale e in difesa della civiltà cristiana occidentale. Durante gli anni Settanta e Ottanta c’è stata una forte cooperazione transatlantica tra agenti della giunta, organizzazioni paramilitari neofasciste europee come la P2 italiana, i governi dell’apartheid della Rhodesia e del Sud Africa ed elementi dell’estrema destra americana. Queste relazioni hanno dato i loro frutti durante le guerre genocide e i massacri in centro America, a cui l’Argentina ha partecipato direttamente inviando “consiglieri” esperti di repressione illegale.

Tutto questo sfondo ci offre un quadro storico per pensare da dove viene questa illusione dell’America Latina come attore centrale nella difesa dell’occidente.

Il fascismo argentino

Non dimentichiamo che il terrorista dice anche che questa guerra razziale bianca potrebbe partire in paesi come l’Argentina o il Venezuela. Perché il terrorista mette l’Argentina al centro? Questa enfasi sulla nazione latinoamericana può essere compresa solo in termini di storie condivise e tradizioni fasciste, fantasie razziste transnazionali. Queste sono le memorie globali del fascismo internazionale.

Nei forum su Internet gli estremisti del neofascismo globale guardano con ammirazione la dittatura argentina e anche Augusto Pinochet come figure da emulare.

Mentre uno dei fondatori del fascismo argentino, Leopoldo Lugones, difendeva l’imperialismo argentino per la sua superiorità “bianca” sulle altre nazioni latinoamericane, i generali dell’ultima dittatura militare (1976-1983), che hanno ucciso decine di migliaia di cittadini nelle loro “guerre sporche” lanciate in nome dell’“occidente cristiano”, adottavano una logica simile.

Nel 1976 il generale Videla metteva l’accento sulla natura globale del conflitto: «La lotta alla sovversione non si esaurisce in una dimensione puramente militare. È un fenomeno mondiale. Ha dimensioni politiche, economiche, sociali, culturali e psicologiche».

In particolare, le idee della sostituzione e dell’invasione e le fantasie paranoiche sull’espansione e la migrazione di europei non bianchi sono centrali nella tradizione fascista argentina. Le famigerate dichiarazioni del generale Albano Harguindeguy, ministro dell’Interno sotto la dittatura argentina, possono essere comprese solo in questa prospettiva storica. Nel 1978 Harguindeguy parlò della necessità di incoraggiare l’immigrazione europea. Per il generale questa era una preoccupazione urgente perché l’Argentina potesse «rimanere uno dei tre paesi più bianchi del mondo».

Questo razzismo esplicito ha preso la forma di un aperto riconoscimento della necessità di sradicare altre espressioni “non europee” dalla nazione. La profondità e la portata di questo desiderio si sono manifestate, ancora una volta, nei campi di concentramento in cui razzismo e antisemitismo sono stati protagonisti. La lotta contro il nemico non aveva limiti.

La cooperazione internazionale tra fascisti e organizzazioni di suprematisti bianchi è continuata dopo la Guerra fredda. Se prima combattevano per sconfiggere il comunismo in Angola, Cile o Nicaragua, ora il nemico era l’islam in Croazia o in Afghanistan, e il multiculturalismo, che nel delirio antisemita si pensa sia finanziato dal mondo ebraico.

Gli attentati di Utoya, Monaco, Pittsburgh, El Paso, Christchurch e ora Buffalo, tra gli altri, sono la continuazione della violenza fascista contro le minoranze, alle quali sono attribuite, in un delirio ideologico, la futura distruzione della civiltà occidentale e dei valori cristiani. Questo genere di attentati si sono verificati anche in Italia. Nel 2011 un neofascista ha ucciso due migranti senegalesi a Firenze e, più recentemente, un altro neofascista, ex leghista, ha sparato ad alcuni immigrati nigeriani a Macerata. In entrambi i casi, erano guidati da nozioni deliranti di invasione e sostituzione.

Il fascismo è ed è stato transnazionale. Non si può comprendere questa storia americana nelle idee di eccezionalismo, perché non c’è quasi nulla dell’eccezionalismo nella tradizione fascista americana. A ogni modo, è comprensibile che si sia data molta attenzione alle dimensioni locali del fenomeno, se non tanto alla storia americana. Ciò che finora è stato completamente ignorato però sono le storie globali del fascismo dietro questi attacchi.

© Riproduzione riservata