Chi fermerà lo “Zar Vladimir Putin”?

Chi saranno i boiardi pronti a tradirlo? La drammaticità della guerra in Ucraina e la difficoltà di individuare possibili scenari per una pacifica risoluzione del conflitto pongono, tra le diverse alternative prese in considerazione in questa settimana, anche l’eventualità di un colpo di stato e, addirittura, l‘uccisione del presidente russo.

Per cercare di rispondere a queste domande e per capire quanto possa essere astratta o reale questa ipotesi, è opportuno considerare almeno tre fattori: chi potrebbe tentare di destituire Putin, con quale modalità e quando potrebbe verificarsi.

La verticale del potere

È necessaria, però, una breve descrizione dei pilastri fondamentali della “verticale del potere”, introdotta da Putin a partire dalla sua elezione nel marzo 2000.

In primo luogo, è bene ricordare che la presidenza della Federazione russa rappresenta la figura istituzionale più importante nell’assetto politico della Russia contemporanea.

Vladislav Surkov, autore dell’etichetta “democrazia sovrana”, ha definito Putin come un “cavaliere bianco inviato da Dio giusto in tempo per salvare la Russia”, ma già il presidente Boris El’cin, il padre della Costituzione russa del 1993, ha ricordato che «il presidente non è un Dio, o un nuovo monarca, o un onnipotente uomo dei miracoli. Egli è un cittadino, investito di enormi responsabilità per il futuro della Russia e dei suoi compatrioti; egli è, prima di tutto, una persona nella quale il popolo ha posto la sua fiducia».

Per “soddisfare” le esigenze del popolo russo, El’cin ha concepito il ruolo del presidente come un attore politico super partes rispetto agli organi dei poteri esecutivo, legislativo e giudiziario, dando vita ad un super presidenzialismo, privo di un sistema di “pesi e contrappesi” al potere del capo dello Stato che è, invece, il fulcro essenziale della forma presidenziale americana.

Numerosi sono i poteri di natura legislativa, esecutiva, di rappresentanza e di nomina che il presidente della Federazione esercita durante il suo mandato e che hanno determinato una configurazione del potere nella quale l’amministrazione presidenziale controlla le funzioni degli altri organi statali.

In quale modo Putin è riuscito a congegnare un assetto così centralizzato, che ricalca la struttura burocratica e amministrativa del Pcus, il Partito comunista dell’Unione sovietica? Uno degli aspetti rilevanti è il fatto che i ministri federali non formano un organo collegiale a tutti gli effetti perché la consuetudine politica li ha trasformati in politici responsabili del loro operato nei confronti del presidente e non del capo del governo. Questa situazione ha generato un meccanismo nel quale i ministri e il governo non si preoccupano di mantenere la fiducia del parlamento, ma di accondiscendere ai desideri del presidente russo.

In secondo luogo, il presidente Putin sanziona chi si contrappone alle direttive del Cremlino o ha prodotto politiche pubbliche inefficaci attraverso la sostituzione dei membri nelle varie posizioni apicali o l’esercizio del potere di veto nei confronti del parlamento.

Putin ha, infatti, immediatamente rinnovato e riorganizzato le funzioni dell’amministrazione presidenziale: un apparato che consta di una decina di agenzie federali, 21 rettorati e diversi uffici in cui lavorano più di 3mila persone. Questa amministrazione sostiene l’attività del presidente e supervisiona l’implementazione delle decisioni del Cremlino.

Sono stati creati anche diversi centri di analisi, dipartimenti e comitati che forniscono informazioni specifiche sulle diverse materie di policy e hanno favorito la nascita di una “politica di ridondanza istituzionale” (Husky 1994) ovvero una struttura elefantiaca parallela alle funzioni degli organi costituzionalmente definiti.

Si tratta di alcuni organi consultivi che Putin ha istituzionalizzato sin dalla sua prima legislatura: il Consiglio di stato di cui fanno parte i rappresentanti presidenziali dei distretti federali (polpred), il Consiglio legislativo che cerca di armonizzare le legislazioni delle singole repubbliche a quella federale, la Camera pubblica aperta alla società civile per cercare con audizioni e segnalazioni di coinvolgere i cittadini nel processo decisionale e nella discussione parlamentare.

Nel 2005 il presidente Putin ha anche costituito il Consiglio presidenziale per i progetti di rilevanza prioritaria, costituito da 41 membri per favorire un intervento più veloce nella soluzione di alcuni problemi e ha riconfermato il Consiglio di sicurezza, creato nel 1994, che tratta di questioni di politica estera e di difesa.

Il cerchio ristretto

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Se questi sono i principali organi consultivi che affiancano le scelte del presidente, negli anni si è anche consolidata una cerchia ristretta di persone (il giardino d’oro), posizionati nei vari livelli della struttura presidenziale, che sono legati a Putin da un rapporto fiduciario e da una riconoscenza nei suoi confronti per i benefici materiali ricevuti.

Tra questi, ricopre un ruolo rilevante il capo dell’amministrazione che coordina le attività del personale ed è considerato dagli esperti come “l’eminenza grigia” dell’esecutivo federale perché si pone come coordinatore delle iniziative tra il presidente e il governo e ha una ottima conoscenza della complessa struttura burocratica.

L’altro gruppo su cui Putin può contare è costituito dai siloviki, gli ufficiali dei servizi di intelligence, delle forze militari e professionisti, con istruzione medio-alta, che rappresentano la forza dominante nel Cremlino: molti di loro hanno condiviso con Putin la carriera nell’ex Comitato statale della sicurezza durante gli anni Novanta a San Pietroburgo.

A partire dal 2004 il presidente Putin ha avviato un significativo cambiamento generazionale, reclutando ufficiali più giovani, ma affiancati da funzionari altamente qualificati e con una grande esperienza politica e amministrativa o alla vigilia della pensione.

Tra i giovani spicca l’attuale dirigente dell’amministrazione presidenziale, Anton Vajno, classe 1972, che è stato affiancato per qualche tempo da senior di lunga esperienza politica come l’ex primo ministro Sergej Kirienko e Aleksej Gromov che sono rimasti al potere per le capacità organizzative dimostrate negli anni.

Un altro nome della cronaca recente è quello di El’vira Nabiullina, che dopo una brillante carriera nel commercio e nello sviluppo economico, è diventata governatrice della banca centrale russa nel 2013.

A partire dalla crisi ucraina del 2014 la Nabiullina ha attuato efficaci misure per evitare una recessione economica nel paese, stabilizzando il sistema finanziario e favorendo gli investimenti stranieri. Per questo motivo la rivista, Forbes, l’ha inserita nella classifica delle donne più potenti del mondo, la rivista Euromoney l’ha nominata governatrice della banca centrale dell’anno nel 2015 e la rivista britannica The Banker nel 2017.

In questi giorni, il volto della Nabiullina ha lasciato trapelare una certa irritazione e preoccupazione per le probabili conseguenze economiche del conflitto e delle sanzioni occidentali.

Tuttavia, nel suo primo discorso pubblico la governatrice ha cercato di rassicurare la popolazione e ha sostenuto che il sistema di messaggistica Fms potrà sostituire il metodo Swift e i fondi sovrani – il fondo di riserva e del welfare – dovrebbero ammortizzare nel breve periodo il duro impatto economico.

La squadra di governo

Tra i componenti del governo, dove spiccano numerosi siloviki, troviamo anche i principali sostenitori dello “zar Putin”: il ministro della difesa, Sergej Shoigu, amico intimo del presidente e ritenuto “il falco” di Putin, e il ministro degli esteri dal 2004, Sergej Lavrov, la “colomba” del Cremlino, che ha sostenuto sino all’ultimo la trattativa diplomatica nella crisi russo-ucraina.

In particolare, Shoigu, ministro dal 2012 ed ex governatore della regione di Mosca ed ex ministro delle situazioni di emergenza, ha sempre dimostrato una forte lealtà nei confronti del presidente Putin e ha fortemente sostenuto l’intervento militare in Ucraina.

Al contrario, un diffuso malcontento sulla decisione del presidente Putin si è diffuso nel ministero degli Esteri e nell’àmbito della diplomazia russa dove è circolata una lettera con numerose adesioni di coloro che rifiutano la guerra.

Altri nominativi che fanno parte del gruppo più ristretto che ruota attorno alla figura del presidente sono: il ministro degli interni, Vladimir Kolokol’cev, e il capo dell’intelligence, Sergej Naryskin, che è diventato famoso per l’imbarazzante botta e risposta con il presidente Putin durante il Consiglio di sicurezza.

Altri ministri o membri dello staff presidenziale sono i san pietroburghesi (pitery) come l’ex presidente della Federazione, Dmitrij Medvedev, vicepresidente del Consiglio di Stato e favorevole all’intervento militare che ha una formazione giuridica e ha lavorato insieme a Putin durante l’amministrazione cittadina guidata da Anatolij Sobčak

In contrapposizione al consistente gruppo di siloviki a livello federale e locale, si sono affermati negli ultimi anni i civiliki come il capo del governo, Michail Mišustin

Essi rappresentano quei “civili” che si sono formati durante il sistema putiniano e hanno uno specifico expertise di politiche pubbliche. Il capo del governo Mišustin è, infatti, un esperto di economia finanziaria, voluto da Putin per imprimere uno sviluppo economico del paese nel gennaio 2021. Mišustin potrebbe ambire alla carica di presidente, visto che gode della fiducia del 50 per cento dei russi, (secondo i vari istituti di ricerca), ma potrebbe avere difficoltà nel trovare una coalizione anti-putiniana nelle diverse fazioni presenti nel Cremlino.

Altre componenti sono riconducibili a leader locali come i governatori di alcune repubbliche o il sindaco di Mosca, Sergej Sobjanin, che è stato vice primo ministro, capo dell’amministrazione presidenziale, sindaco di Mosca dal 2010 e ha coordinato efficacemente la gestione della crisi pandemica nelle grandi città e, soprattutto, non è mai stato un filo-putiniano.

Nella costellazione che ruota attorno alla figura di Putin, non possono mancare gli oligarchi, alcuni dei quali sono imprenditori di grandi aziende oppure funzionari pubblici che si sono arricchiti nel periodo della liberalizzazione del sistema economico all’inizio degli anni Novanta.

Tra i nomi più noti vi sono Michaill Friedman, Oleg Deripaska, Vladimir Potanin, Alisher Usmanov e Roman Abramovič che ha messo in vendita la squadra del Chelsea per offrire il ricavato in beneficenza alle vittime della guerra in Ucraina.

Nell’esercizio del suo potere il presidente Putin può contare anche sui kliuceviki, gli uomini chiave dal termine russo kliuč (chiave), che ricoprono ruoli importanti nell’amministrazione presidenziale e operano un controllo costante e ramificato della complessa struttura presidenziale.

La politica informale

10 April 2021, Berlin: Crossed-out portraits of Kremlin leader Vladimir Putin can be seen on a poster not far from the Brandenburg Gate on the Stra'e des 17. There, the association "UnKremlin" and the young Russian group "Perestroj_card" have set up a tent camp. With the action the activists protest against the head of the Kremlin Putin. Among other things, the organizers are demanding the release of opposition leader Nawalny, who was sentenced to imprisonment in a penal camp Photo by: Paul Zinken/picture-alliance/dpa/AP Images

Sinora il presidente Putin si è dimostrato un ottimo faction manager, capace di mantenere coesione ed evitare conflitti all’interno dell’élite al potere, distribuendo premi, incentivi, onorificenze alle persone che hanno dimostrato lealtà, rigore e disciplina, senza dimostrare alcuna reticenza nell’attuare sanzioni, in forma di sostituzioni e rotazione nei ruoli, nei confronti di chi non segue le direttive del conflitto.

Sin dalla prima legislatura Putin ha consolidato la struttura di potere, creando organismi che svolgono funzioni supplementari o integrative (“para-costituzionali”) per rafforzare la verticale del potere anche se sono contro lo spirito della Costituzione.

Per comprendere meglio la capacità gestionale del presidente Putin, è opportuno considerare anche “la politica informale” che ha contraddistinto la sua leadership e costituisce un’eredità della tradizione sovietica.

Questo tipo di politica si basa su un insieme di pratiche, di istituzioni, di network personali, dove è diventata una consuetudine lo scambio di favori e contatti per ottenere beni e servizi nel minor tempo e by-passando le procedure formali.

Questa politica è alla base di dinamiche che hanno favorito la diffusione della corruzione nel paese e creato una zona grigia, contraddistinta da azioni semi legali che comprendono diversi ambienti politici, burocratici, militari, civili, forme clientelari e mafiose.

Nella Russia di Putin coesistono, quindi, strutture amministrative di governo con un sistema informale di reti personali costruite nel tempo che dimostrano quanto il potere russo non sia affatto un monolite, ma un apparato ben organizzato e congegnato che ha dato vita al putinismo.

Ipotesi di colpo di stato

Russian President Vladimir Putin listens to the head of the Russian Union of Industrialists and Entrepreneurs Alexander Shokhin during their meeting in Moscow, Russia, Wednesday, March 2, 2022. (Mikhail Klimentyev, Sputnik, Kremlin Pool Photo via AP)

Chi sarà disposto a scardinare questa complessa struttura di potere? Molto probabilmente non saranno i nomi che abbiamo menzionato, come spesso ci insegna la storia.

Non è da escludere che Putin potrebbe essere tradito dai suoi amici fedeli, ma chi ha il coraggio di assumersi l’iniziativa tra coloro che hanno approfittato del benessere economico di questi decenni?

Come attivare un colpo di stato senza il sostegno, ad esempio, dell’apparato militare guidato dal ministro Shoigu e dal generale Gerasimov?

Quale fazione – liberale, nazionalista, comunista, democratica, patriottica, estremista – si assumerà la responsabilità di una destituzione del presidente?

Soprattutto, con quali modalità può essere messo in atto un colpo di stato? Solo queste domande dimostrano quanto sia complesso e difficile contare su un’azione di questo genere in un sistema che ha prodotto benefici diffusi e stabilità politica ed economica.

Qualche giorno fa, il senatore statunitense Lindsey Graham, veterano del partito repubblicano, ha affermato che l’unico modo per risolvere la crisi in Ucraina è organizzare l’assassinio del presidente Putin: «Come va a finire? Qualcuno in Russia deve alzarsi e farla finita con questo tizio».

In una serie di tweet, il senatore ha ribadito «il popolo russo è l’unico che può sistemare questa faccenda» e si è chiesto se «c’è un Bruto in Russia» o se esiste «un colonnello Stauffenberg più fortunato», in quanto «renderebbe un grande servizio al suo paese e al mondo».

Tuttavia, il senatore americano ha riconosciuto che «le uniche persone che possono risolvere questo problema sono i russi. Facile a dirsi, difficile da fare».

Infatti, in questi giorni stiamo assistendo a numerose proteste nelle città della Federazione russa nelle quali vengono arrestati migliaia di persone.

Niente ottimismo

È difficile ritenere che il popolo russo sarà l’artefice della fine dell’èra di Putin, anche a causa di un nuovo provvedimento legislativo, votato dalla Duma, che prevede una pena da tre a 15 anni per coloro che diffonderanno false informazioni sul conflitto che in atto.

La Russia di Putin è sempre più repressiva e poggia su una propaganda mediatica nella quale sono vietate l’utilizzo di termini quali “aggressione” o “invasione” e sostituiti con affermazioni volte a sottolineare il sacrificio dei soldati russi in questa “operazione speciale militare” per sconfiggere i paesi anti-russi.

Nel frattempo, l’istituto Levada Center ha rilevato un aumento di sei punti percentuali della fiducia nei confronti di Putin, attestandosi al 63 per cento e ben oltre il 68 per cento degli intervistati approva la sua politica governativa. Solamente una sconfitta in questo conflitto e/o la crisi economica russa dei prossimi mesi, generata dalle sanzioni occidentali, potrebbero accelerare la successione di Putin.

Il rischio è che con essa, crolli anche l’intero assetto istituzionale ed economico, ma non necessariamente il putinismo come gestione del potere. Non illudiamoci troppo.

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