L’aula di Montecitorio, con 151 sì e 113 no, ha dato il via libera al testo sul consenso informato. Per la Lega è «un argine al gender. Per la difesa dei valori di Dio». Mentre Fratelli d’Italia attacca la sindaca di Genova, Silvia Salis. Riccardo Magi (+Europa) parla di «marchetta alla lobby Pro Vita», mentre esperti e associazioni avvertono dei rischi per i percorsi contro il bullismo omotransfobico e il contrasto alla violenza di genere nelle scuole
La scuola italiana vista dalla destra: un luna park attraversato da drag queen, attivisti di estrema sinistra e pornoattori. Un luogo dove agli studenti viene imposta «un’alfabetizzazione Lgbt in prima elementare» e poi, promette la Lega: «Costretti a partecipare a una sfilata del Pride o una sfilata dei pro-Pal». Così, per arginare il declino, la Camera approva con 151 voti favorevoli e 113 contrari il ddl presentato dal governo sul consenso informato.
Anche nella discussione finale la maggioranza alimenta la fantastica “Storia infinita” delle teorie gender per dire sì al disegno di legge destinato a bloccare i percorsi contro il bullismo omotransfobico e i progetti sul contrasto alla violenza di genere nelle scuole.
Un rosario di fake news
Una legge delicatissima, approvata contro il parere degli esperti del mondo dell’educazione e adesso contesa tra Lega e Fratelli d’Italia. Se dal Carroccio, il leghista Rossano Sasso rivendica la vittoria («Grazie alla Lega, mai più a scuola attivisti politici di estrema sinistra, drag queen o persone prive di competenze cercheranno di indottrinare i nostri figli»), la meloniana Grazia Di Maggio, anti-abortista dichiarata, 28 anni, cita Giulio Cesare: «Il dato è tratto», e ringrazia «il deputato Amorese, primo firmatario della proposta e da cui nasce questo testo. Che grazie al governo Meloni, al ministro Giuseppe Valditara e al sottosegretario Paola Frassinetti, oggi va verso la sua approvazione».
Niente per il relatore Sasso, che in questi mesi ha tentato disperatamente di tenere il riflettore acceso su di sé, urlando in aula fino all’ultimo: «Ci hanno definito antiscientifici perché non rispettiamo le linee guida dell'Oms. Ma qualcuno le ha lette? Prevedono la scoperta dei genitali e la masturbazione infantile. È questo che volete per i nostri figli?».
L’ultimo grano del rosario di fake news che si stringono intorno a una discussione stanca. Poco sentita anche da Forza Italia, che manda avanti per la dichiarazione di voto seconde file, come Rosaria Tassinari, area cattolica, deputata mite benché in Forza Italia dal lontano 1994: «Riteniamo essenziale la collaborazione tra scuola e famiglia».
Lega e Fratelli d’Italia provano a tenere tesa l’attenzione, Di Maggio attacca Silvia Salis per «l'episodio del sindaco o della sindaca di Genova, come piace alla sinistra», accusata di aver proposto dei corsi di educazione alle differenze nelle scuole. Sasso conclude il suo intervento con «Dio patria e famiglia non è uno slogan, è un credo per l'amore e la difesa dei valori di Dio», tra tensioni e mugugni che giungono dai banchi delle opposizioni.
«Chiuse le porte in faccia al dialogo»
«Un discorso delirante» per Elisabetta Piccolotti di Alleanza Verdi e Sinistra: «In attesa che il concetto di laicità dello stato e dell'istruzione pubblica torni a fare visita tra i banchi della maggioranza, è bene ricordare la bocciatura di uno dei miei emendamenti: quello che avrebbe salvato i progetti di educazione sessuo-affettiva delle Asl e dei consultori familiari. Sasso pensa che le Asl di tutta Italia siano delle agenzie dell'Anticristo o l'equivalente dei Soviet?».
Ci prova la deputata Irene Manzi del Partito democratico a riportare la discussione su un piano di realtà: «Con un paradosso, ecco cosa rischia di succedere con questa legge: ”Prof ieri un ragazzo mi ha toccato senza che lo chiedessi”, “Hai il consenso firmato?”, “No”, “Allora parliamo di fisica”. Questo per dire che questa legge rischia di intaccare tutte le attività che si dovrebbero svolgere nelle scuole».
Ma il ministro Valditara abbandona l’aula. La deputata M5s Gilda Sportiello ricorda i tentativi di compromesso sul ddl, tutti falliti: «Ci avete chiuso la porta in faccia ogni volta che abbiamo proposto dialogo, alleanza con le famiglie. Avete preferito seminare sospetto sulla scuola pubblica, dipingendola come un luogo pericoloso e manipolatore. E il consenso informato che volete imporre rischia di diventare un’arma nelle mani proprio di quelle famiglie dove la violenza è più presente».
Pro Vita festeggia
Mentre è il segretario di +Europa, Riccardo Magi, a illuminare la posta in gioco: «Questa proposta è una marchetta alla lobby del Movimento Pro Vita, i "veri presentatori" di questa legge, quelli che dicevano che introdurre l'educazione sessuo-affettiva a scuola avrebbe significato "mettere le mani nelle mutande dei nostri figli"».
Fuori dal parlamento, in effetti, la lobby anti-scelta Pro-Vita festeggia: «Ce l’abbiamo fatta». La legge, in fondo, è il risultato di un lavorio tra Pro-Vita e una parte della maggioranza di governo. Il 16 febbraio, giorno della presentazione della campagna “Mio figlio no” con cui l’associazione anti-scelta chiedeva all’esecutivo guidato da Giorgia Meloni di vietare, per legge, le «scorribande Lgbt che minano la libertà educativa», il ministro dell’Istruzione ha incontrato l’ex sottosegretario all’Istruzione leghista Sasso per discutere «su alcuni temi molto cari alle famiglie e su alcune iniziative normative che a breve presenteremo».
Sei giorni dopo venne depositata alla Camera la prima proposta di legge sul “consenso informato” firmata da Alessandro Amorese, capogruppo di Fratelli d’Italia in commissione Cultura, a cui seguiranno quella di Sasso e infine il ddl Valditara, oggi approvato con giubilo dai gruppi anti-scelta che possono rivendicare apertamente l’influenza politica sull’agenda dell’esecutivo.
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