La questione migratoria è solo l’ultimo problema nell’alta pila di dossier sulla scrivania di Giorgia Meloni. La premier, in viaggio diplomatico in India, ha lasciato in Italia una maggioranza sempre più sotto stress.

Il fronte aperto dentro il governo è quello dell’Interno e dei Trasporti, i dicasteri guidati dai leghisti Matteo Piantedosi e Matteo Salvini. La gestione ma soprattutto l’inerzia nella notte del naufragio di Crotone, che ha provocato la morte di 67 migranti, impone risposte e assunzioni di responsabilità.

Il caso Piantedosi

La linea di Fratelli d’Italia è quella di prendere le distanze dalle decisioni del duo Salvini-Piantedosi e di pretendere chiarimenti pubblici. La richiesta è arrivata da più voci, ma soprattutto da quella del potente ministro dell’Agricoltura, Francesco Lollobrigida, che vale come sigillo della premier.

Il più debole tra i due è Piantedosi, che deve rispondere anche di scivoloni comunicativi che hanno fatto cadere un gelo imbarazzato dentro la maggioranza. Tra le file di FdI serpeggia il malessere nei confronti di un ministro che viene percepito come un grigio burocrate, incapace del fiuto politico del suo sponsor leghista e inattrezzato a gestire una questione dai delicati risvolti internazionali come quella migratoria. Formalmente, l’ordine è di fare quadrato, nei fatti la premier considera ormai il Viminale un ministero da commissariare.

Le nomine

Le partite aperte, però, sono anche altre. In particolare c’è quella delle nomine nelle partecipate pubbliche e, a cascata, la copertura dei tanti posti di sotto comando. A filtrare da ogni ambiente è la difficoltà di spartirsi le quote dentro la maggioranza: di qui i continui rinvii. Ogni scranno, infatti, produce effetti a cascata sulle pretese dei tre partiti di maggioranza.

Da Eni, Enel, Leonardo e Poste in cui Meloni sarebbe orientata a confermare almeno alcuni degli ad uscenti in ottica di stabilità, pur contro il volere in particolare della Lega, che chiede almeno una tra Eni ed Enel e dunque il cambio dei vertici. Ma anche Ita, Tim e la Rai, fino al consiglio di presidenza del Consiglio di Stato e della Corte dei Conti, a cui dovrebbero approdare ex politici più che tecnici ma la nomina del parlamento è slittata all’8 marzo per mancanza di accordo.

Il problema, per Meloni, è di gestire la questione sotto un duplice aspetto e proprio questo sta generando ritardi e tentennamenti: da un lato ricompensare i suoi senza umiliare gli alleati, resistendo all’ingordigia; dall’altro individuare personale all’altezza, soprattutto nei posti chiave legati direttamente o indirettamente al Pnrr, così da non rischiare autosabotaggi ma anche ripercussioni economiche e di mercato.

Proprio a questo secondo aspetto Meloni sarebbe più sensibile, conscia del contesto di fragilità in cui l’Italia continua a muoversi.

A dare la dimensione della confusione, però, basti la nomina di Mario Sechi come nuovo capo ufficio stampa della presidenza del Consiglio. Sulla carta una nomina fiduciaria di Meloni, nei fatti muovere il direttore di Agi, l’agenzia stampa legata all’Eni, apre ad una nuova casella da riempire e legata anche a quella dell’azienda energetica, che reclamerebbe la Lega.

Le giunte regionali

Altra questione che agita le giornate dei partiti di maggioranza è la composizione della squadra delle due regioni appena conquistate.

Le due giunte si muovono quasi all’unisono, con problemi aperti a Milano che si tenta di risolvere a Roma e viceversa. In Lombardia la vittoria del leghista Attilio Fontana è condizionata dalla maggioranza relativa conquistata da FdI e i suoi tentativi di arginare la fame dei meloniani sta rallentando l’iter.

Fontana è deciso a volere Guido Bertolaso per l’assessorato alla Sanità, che in regione è il più pesante e nevralgico: «È la persona giusta», ha detto, pur sapendo che l’ambizione era di guadagnarlo in quota FdI. La quadra finale è ancora lontana di almeno un’altra decina di giorni. Certo è che confermare Bertolaso, tecnico vicino a Forza Italia, avrà un costo politico per Fontana e di riflesso per Salvini. In Lazio la situazione è altrettanto complicata.

Oggi gli eletti verranno proclamati, poi Francesco Rocca dovrà iniziare a chiudere sulla giunta, già in lieve ritardo rispetto ai tempi dichiarati in campagna elettorale. La tensione è alta: FdI punta ad avere 6 assessori, la vicepresidenza della giunta e la presidenza alla Pisana, oppure 7 assessori lasciando la presidenza alla Lega. Qualcosa dovrà essere lasciato anche a Forza Italia e l’obiettivo è di conquistare qualche assessorato non di seconda fascia.

Infine, dentro FdI è in corso il tentativo di risolvere anche la spartizione degli scranni in giunta tra gli eletti del ministro Francesco Lollobrigida e le truppe che fanno riferimento a Fabio Rampelli, ridotte ma elette con molti voti. Il rebus rischia di portare malumori anche a livello nazionale, che si sommano a quelli già presenti e che Meloni troverà al suo ritorno da Nuova Dehli.

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