La sfinitezza della politica genera un’immagine. 

Le organizzazioni politiche si attagliano alla forma di un’automobile priva di ruote. Il carico è stato terminato, nell’abitacolo ci sono le persone che si trasportano da sé attraverso la macchina – e l’auto non si muove, non ha le ruote. Uno strumento possibilmente attivo, ma che rimane inerte. Non si muove più nella realtà.

Le persone nella realtà superano quest’attrezzo fuori uso, che è stato abusato e che ha guidato per un intero secolo, il Novecento. Le persone fuori dall’auto camminano, vanno in bicicletta, un attrezzo che da fuoriuso torna di attualità. Immobile, il veicolo a quattro ruote, senza le quattro ruote, non è più veicolo o forse lo è davvero per la prima volta: veicola sé stesso, la propria inerzia, la propria pesantezza, la propria incapacità a muoversi armonicamente nel mondo.

Sarebbe una buona metafora, se non fosse vero anche il segmento mancante. Perché oggi le organizzazioni politiche sembrano quell’auto ma anche paiono ciò che manca all’immagine: ovvero le ruote. I partiti, i mediatori politici, danno l’impressione di essere oggi quattro ruote, prive di auto, che procedono ciascuna in ordine sparso, trasportando il nulla. Basterà ragionare sui singoli dirigenti politici, chiamati ai ruoli apicali della vita di stato, per comprendere la casualità, anche barbara, con cui si muovono in maniera inadeguata al ruolo di governo di una nazione, nel momento in cui peraltro non è la guida della nazione il problema, poiché la questione è il governo del mondo.

E, in scala minore ma più essenziale, la guida del continente europeo, che si definisce vecchio perché di volta in volta è sempre nuovo e all’avanguardia e che di fatto costituisce l’ambiente amniotico in cui stiamo.

Nuove rivoluzioni

zz/STRF/STAR MAX/IPx

Pensare le possibilità di un nuovo socialismo significa superare queste due metafore, che sono facce della medesima immagine. Mutare la storia della mobilità politica significa adeguarsi a un tempo che rigetta energie cattive, guide sciamannate, intossicazione dell’ambiente in cui si vive. La ridefinizione della mobilità politica coinvolge l’intero spettro di forze che si riconoscono in categorie ormai cadenti.

L’adagio sull’indifferenza tra destra e sinistra non a caso ha conquistato qualche anno fa un terzo dei connazionali. La specie può lambiccarsi per scegliere quale strada prendere al bivio che porta a sinistra o a destra, ma non può fare a meno di andare avanti o indietro. Sia chiaro: la specie non torna indietro.

La ridefinizione delle categorie politiche può essere approntata più chiaramente per tutti in questo modo: o si va avanti o si va indietro. Ciò coinvolge necessariamente chi, ponendosi a destra, in realtà rivendica la volontà di andare indietro, di rallentare o modulare la corsa in avanti: null’altro sono, nei fatti, gli eterni conservatori. Se i conservatori sono eterni, saranno capaci di essere anche nuovi.

Scendendo sul piano dell’attualità spicciola, precisamente questo è il nodo politico fondamentale e l’opportunità storica che si trova in mano Giorgia Meloni. Se sarà in grado di convertire la destra a una formazione che ama ciò che sta indietro, la forza del passato che tempera e regola l’ingresso nel futuro che ci risucchia con sempre maggiore violenza e velocità, Giorgia Meloni avrà scritto una pagina fondamentale della storia nazionale. Non si tratta di diventare moderati, ma di comprendere che, al momento, ogni istanza rivoluzionaria è sussunta dalla realtà, dal mondo, e non dallo spasmo politico, in questo ambiente ad alto welfare e tecnologia avanzata.

Lo spasmo rivoluzionario, che implica violenza fisica e versamento di sangue nell’azione stessa di chi porta avanti il verbo della rivoluzione, si rattrappisce, ed eventualmente si allarga, nelle rivolte nichiliste che via via assumono battaglie tematiche (dai vaccini a posizioni filorusse), spesso con forti connotazioni di destra (gli assedi a Capitol Hill e a Brasilia). Lo spasmo esprime una visione politica che di per se stessa guarda all’indietro: è un vecchio armamentario, adeguato a una visione retrograda in senso tecnico.

Le rivoluzioni si sono ripensate e stanno agendo in forme politiche che sfuggono a una definizione. Per esempio, la lotta per salvare la specie nell’ambiente terrestre e quella per arrivare a una disidentificazione dei generi. Il tipo di violenza impegnata in queste lotte è meno spasmodica e meno spastica delle forme rivoluzionarie precedenti. Avanza la pretesa al potere come dato implicito. Offre technicalities a chi ricopre il ruolo di governo. Giuste o non giuste che siano queste rivendicazioni, esse comunicano una distanza abissale tra il ruolo attuale di governo e la massa sterminata delle e dei richiedenti.

Non sono rivoluzioni che intendono prendere il potere per esercitarlo, ma semplicemente per incarnarlo, come un dato naturale: continuare a essere, in un sentimento di armonia con il pianeta e sé stessi. La minaccia al sistema economico vigente è più atmosferica e rivoluzionaria che mai: mette in discussione l’idea stessa di debito, riforma l’idea di denaro, abbandona il culto della produzione e la centralità della funzione lavoro. Sia chiaro: sono tendenze, non di attuazioni. Tuttavia, alla velocità in cui il tempo tecnologico sta andando, la tendenza rischia di essere l’attuazione non fra un decennio, ma domani stesso.

Supermassa

Il principio che vertiginosamente governa questo tempo va definito anche a parole. Stiamo assistendo a un cambio di paradigma, questo sì davvero violento, perché violenta fisicamente ed elettricamente i sistemi nervosi, dando sconcerto a chi ha vissuto l’ordine storico precedente ed esponendo a nuove problematiche sociali e valoriali chi nel brodo di coltura hitech è nato e sta evolvendo. È dunque possibile dire che finisce in questi anni la civiltà di massa, che ha informato i due secoli precedenti, e inizia la civiltà di supermassa.

Cos’è la supermassa? È l’immane comunità che si rappresenta, a livello di informazione, con l’accumulo dei big data. Una massa planetaria non è più una massa misurabile con le modiche quantità del passato: è una massa suprema, che coinvolge chiunque sia umano sul pianeta. Ogni azione impatta sul pianeta. Ogni decisione coinvolge la vita planetaria. Se ancora esiste un soggetto, vivente e pensante, tale soggetto raggiunge dimensioni e potenza mai prima verificate. Tale soggetto è l’umanità.

Il verbo del socialismo

Umanità e avanti. Sono due parole di antico gergo, che, esattamente come le biciclette nell’immagine dell’auto senza ruote, riemergono da un secolo precedente, per assumere una diffusione e un’attualità sconcertanti. Sono il verbo del socialismo. L’Umanità fu in Italia il quotidiano politico del Partito socialdemocratico e Avanti! quello del Partito socialista. Senza domanda, e dunque senza possibilità di risposta, per quanto temporanea e imprecisa, su cosa siano umanità e avanti, non è possibile nessun nuovo socialismo, nessun socialismo del XXI secolo, bolivarista o tecnopopolare che si voglia.

L’umanità come massa unica planetaria e avanti nel tempo in cui siamo immersi: è qui il luogo preciso di generazione di un nuovo socialismo. Così come è possibile la trasformazione conservatrice dell’area di destra, lo spegnimento dello spasmo rivoluzionario che chiama violenza fisica può connotare l’area che un tempo fu a sinistra e a centrosinistra.

Quest’operazione può sfruttare l’immensa mole di teorizzazioni e prospettive che i rivoluzionari attuali, cioè tutte le e tutti i viventi, non smettono di fornire da anni, ascoltati o inascoltati che siano: vivendo, andando avanti. La rivoluzione implicita della contemporaneità ridefinisce o addirittura trascende idoli del passato e schemi di valori che solo trent’anni fa sembravano universali, granitici e imprescindibili.

Possibilità

Cosa significa produrre? Come si produce? In che senso esiste un debito? Chi lo riscatta? La proprietà si applica a cosa? È privata o pubblica? L’affitto, lo sharing, il leasing trasformano la proprietà? La democrazia si sta esercitando in forma rappresentativa o diretta o in quale altra forma, quando il popolo è mondiale? Fare la guerra non significa oggi forse essere comunque sconfitti? Che consistenza ha un confine? In che modo possiamo respirare e permettere che respiri chi viene dopo su questo pianeta? L’energia non è la proprietà del nuovo tempo, che si socializza? L’intelligenza è soltanto umana? La libertà risiede nell’andare avanti o nello stare attenti a procedere e nell’avere presente da dove si proviene e cosa c’è dietro?

Le e i responsabili di un nuovo socialismo e di un conservatorismo senza spasmo hanno di fronte, esaltante e tremenda, questa possibilità di pensare il nuovo e l’antico. Di essere politiche e politici come mai accaduto prima sulla faccia del pianeta.

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