I Talebani rinnovano l’ultimatum: «Gli Stati Uniti devono lasciare il paese entro il 31 agosto. E con loro tutte le forze occidentali. Altrimenti sarà una grave violazione dei patti». Zabihullah Mujahid nel pomeriggio di ieri ha tenuto una conferenza stampa per fornire chiarimenti sulla questione della scadenza per il ritiro delle truppe straniere. A una settimana dal termine, il presidente degli Stati Uniti Joe Biden ha confermato che la scadenza sarà rispettata, ma gli altri paesi occidentali hanno chiesto durante la riunione di emergenza dei leader del G7 di poter continuare a evacuare anche oltre la data accordata.

La conferenza stampa di Mujahid

È la seconda conferenza stampa da quando i Talebani sono entrati a Kabul il 15 agosto. Usano toni rassicuranti sulla situazione interna, le condizioni dei cittadini, delle donne, dei media, delle ambasciate. Ma sull’abbandono degli eserciti che hanno occupato il paese negli ultimi venti anni, Mujahid è deciso: «Non estenderemo la dead line, possono prendere tutte le persone che appartengono (“Belong”, ndr) a loro entro il 31 agosto. Ma non vogliamo che gli afghani lascino il paese». Il portavoce chiede infatti agli Stati Uniti di cambiare la loro politica: «Per favore non incoraggiate gli afghani a partire, non incoraggiate i nostri ingegneri, i nostri dottori, i nostri militari. Abbiamo bisogno di loro, del loro talento. Non portateli all’estero». D’ora in poi solo gli stranieri potranno recarsi in aeroporto, spiega Mujahid, «agli afghani non è più permesso». E l’impedimento, dice il portavoce, servirebbe a proteggere la vita degli afghani, che sono in continuo pericolo, anche a causa dei colpi che i soldati statunitensi sparano quando c’è troppa confusione. 

Per questo motivo, il portavoce talebano chiede a tutti i suoi connazionali «di tornare a casa e liberare l’aeroporto». Usa parole rassicuranti, promettendo un’amnistia: «Abbiamo perdonato tutti». I Talebani cercano poi di calmare gli animi anche sui diritti delle donne, dicendo che per ora dovrebbero restare in casa ma che non sarà impedito di andare a lavorare in modo permanente e che i loro stipendi verranno pagati.  

Queste parole però non trovano riscontro nelle molte testimonianze arrivate dal paese centroasiatico negli ultimi giorni e dai rapporti delle istituzioni internazionali, in testa l’Onu, che parlano di rappresaglie e ricerca degli oppositori dei Talebani casa per casa, soprattutto fuori dalla capitale Kabul.

Il portavoce riferisce poi che le scuole, le università, gli ospedali, il governo locale e le emittenti televisive sono di nuovo operativi.

Mujahid assicura anche gli stati stranieri: «Nessuna ambasciata verrà chiusa o minacciata». Spiega poi che i Talebani non permetteranno che il suolo afghano «sia usato da persone o organizzazioni che vogliano minacciare altre nazioni, compresi gli Stati confinanti». In altre parole, afferma che i patti di Doha, firmati con gli Stati Uniti il 29 febbraio 2020, verranno rispettati nei punti che prevedono la lotta al terrorismo e il non favoreggiamento ad Al-Qaida e Isis.

Ai giornalisti e ai lavoratori dei media, Mujahid dice che sarà sua premura rimuovere i mujahedin che ne minacciano il lavoro fuori dalle sedi. Mujahedin che, tra l’altro, «saranno reclutati nell’esercito afghano, una risorsa molto importante per il paese». Le truppe sono state formate negli ultimi venti anni dagli eserciti occidentali, con un notevole sforzo economico degli occupanti. Il portavoce talebano afferma comunque che il destino dell’esercito «sarà deciso dal nostro prossimo governo, ma decideremo insieme cosa fare».

La trasmissione della conferenza stampa sulla Bbc si è interrotta quando un giornalista ha chiesto a Mujahid se confermava la notizia data in anteprima dal Washington Post sull’incontro, avvenuto ieri a Kabul, tra il capo politico dei Talebani, Abdul Ghani Baradarm, e il direttore della Cia, William Burns. Non sono state date informazioni sul seguito della conferenza e sulla risposta data da Mujahid.

Incontro tra la Cia e i Talebani

Fonti del Washington Post hanno riferito di un incontro segreto tra il direttore della Cia, William Burns, e il leader talebano Abdul Ghani Baradar a Kabul. Si sarebbe discusso della scadenza del 31 agosto, hanno riferito alcuni funzionari statunitensi, sentiti dal quotidiano in condizione di anonimato. 

La situazione all’aeroporto di Kabul

L’aeroporto continua a essere circondato da migliaia di persone, e «il rumore degli spari diventa più forte», man mano ci si avvicina all’accesso, secondo quanto riportato dalla Bbc. Le forze afghane hanno impedito ai giornalisti di parlare con le persone in attesa: «Avevano qualcosa come una frusta in mano e ci hanno persino colpiti due volte», raccontano i giornalisti. Dalla presa di Kabul, dieci giorni fa, sono circa 50mila le persone che hanno lasciato il paese.

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