Oltre dieci mesi fa la Russia invadeva l’Ucraina. Un evento al quale è seguita una guerra feroce, nella quale Vladimir Putin ha preso di mira un intero popolo, e che – come ha scritto Vittorio Emanuele Parsi – ha anche rappresentato «un attacco diretto al cuore dell’ordine internazionale: alle sue regole, alle sue istituzioni e ai principi sui quali si fondano» (Il posto della guerra e il costo della libertà, 2022). I governi europei, dopo anni di sottovalutazioni e comportamenti opportunistici, hanno risposto con una solidarietà concreta verso il paese aggredito, a partire dagli aiuti militari. Pur scontando titubanze e impegni probabilmente al di sotto delle possibilità (il contributo decisivo rimane quello americano), quella solidarietà è apparsa inaspettata. Come inaspettata è apparsa la loro capacità di collaborazione, ad esempio sulle sanzioni alla Russia, anche qui appesantita dagli egoismi nazionali, ma certo importante. Si direbbe che i governanti europei e le istituzioni europee, di fronte a un attacco radicale alla convivenza pacifica nel nostro continente, abbiano compreso la posta in gioco.

Sondaggio d’opinione

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E le opinioni pubbliche? Il 13 dicembre è stato pubblicato il sondaggio dell’Eurobarometro che dedica ampio spazio alle attitudini dei cittadini europei nei confronti delle scelte dell’Unione europea e dei Ventisette in collaborazione tra loro, a fronte della guerra in Ucraina.

Nonostante il conflitto prosegua ormai da quasi un anno, anche i cittadini europei paiono attribuire notevole importanza a ciò che esso ha messo in gioco e al tempo stesso sembra continuino a nutrire un sentimento di solidarietà nei confronti degli ucraini. Il 74 per cento, infatti, approva il sostegno dell’Ue all’Ucraina. Sedici paesi Ue sono al di sopra della media. Una percentuale analoga di cittadini europei, il 73 per cento, poi, approva le misure specifiche adottate: sanzioni contro la Russia, aiuti finanziari, umanitari e militari all’Ucraina. Ciò, nonostante gli stessi cittadini siano realisti rispetto alle possibili conseguenze del conflitto in termini di costi per tutti gli europei (il 65 per cento dichiara di attendersi che qualcosa cambierà nella propria vita).

Possiamo dunque ritenere che gli europei siano in stragrande maggioranza consapevoli della natura dell’ordine politico, sociale ed economico che consente loro di godere di una vita libera e per la gran parte dignitosa? E della necessità di pagare dei costi quando quell’ordine viene messo in discussione? Insomma, i cittadini europei per la gran parte non sono i “signorini soddisfatti”di Ortega y Gasset, atomi della massa, ragazzini viziati e inconsapevoli delle fondamenta dell’universo nel quale vivono?

I dati ci fanno sperare in questa direzione. Anche se ci sono differenze significative tra paesi. E come italiani non abbiamo molte ragioni per essere soddisfatti.

L’Italia in basso

I cittadini italiani, sempre secondo Eurobarometro, sostengono le scelte dell’Unione a favore dell’Ucraina in termini generali nella misura del 63 per cento (ventesimi tra ventisette) e nei termini più specifici (sanzioni e aiuti) del 62 per cento (ancora ventesimi su ventisette).

Questa minore propensione a sostenere l’Ucraina aggredita emerge anche dai dati raccolti dal Laboratorio Analisi Politiche Sociali (Laps) dell’Università di Siena, per l’Istituto di Affari Internazionali (Iai), nel mese di settembre (“Priorità e sfide della politica estera. L’opinione degli italiani”). Il 57 per cento degli intervistati si dichiara contrario all’invio di armi, mentre il 39 per cento è contrario alle sanzioni. Ben la metà, poi, sottovaluta il pericolo derivante dai condizionamenti per la politica italiana della Russia, considerando tale pericolo inesistente o esagerato.

Significativo, poi, è che gli italiani sembrino aver dimenticato il problema dell’immigrazione per concentrarsi su quello energetico (per il 53 per cento assicurare i rifornimenti energetici è diventata la priorità nazionale, mentre solo per il 14 per cento la priorità rimane l’immigrazione, contro il 50 per cento del 2017). Problema certamente di estrema rilevanza, la cui centralità per gli intervistati fa però sospettare che una preoccupazione avvertita come più prossima (grazie anche al martellamento, spesso sensazionalistico, dei media) finisca per prevalere su quella che dovrebbe essere una più ampia consapevolezza degli imperativi per la sopravvivenza dell’ordine democratico.

Egoismi

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Quell’individualismo “egoistico” che sovente viene segnalato come un limite della cultura politica nazionale potrebbe, dunque, rientrare tra le cause di questa attitudine scarsamente solidale con i diritti all’integrità territoriale e alla libertà degli ucraini. Ma il puzzle è certamente più complesso.

Vi sono altri dati culturali che svolgono un ruolo, come un diffuso antiamericanismo, presente a destra come a sinistra e anche nel mondo cattolico, che certamente pesa nella misura in cui il conflitto seguito all’invasione russa è stato prontamente, e massimamente in Italia, anche grazie al “contributo” dei media, etichettato come uno scontro tra potenze: Russia e Stati Uniti. È interessante osservare, a questo proposito, come, sempre secondo i dati Iai, rispetto alle politiche delle alleanze che l’Italia dovrebbe perseguire, il 31 per cento degli intervistati vorrebbe una politica autonoma sia dalla Ue sia dagli Stati Uniti.

L’internazionale populista

Ma allungando lo sguardo sulle appartenenze politiche dei rispondenti scopriamo che forse esiste anche uno “specifico populista”, nutrito negli anni anche dai partiti che oggi al governo hanno dovuto repentinamente cambiar d’abito, e che probabilmente ha favorito la diffusione di un sentimento antiliberale unito a simpatie per quella internazionale populista della quale Vladimir Putin è stato un punto di riferimento. Uno ‘specifico populista’ caratterizzato anche dall’adesione a ‘realtà alternative’, alimentate da alcune centrali, tra cui quella russa, che ha rivestito di plausibilità molta disinformazione sull’Ucraina.

Così vediamo che tra i simpatizzanti del centrodestra, o meglio, destra-centrino, essendo formato per circa quattro quinti da due partiti populisti della destra radicale, solo il 59 per cento attribuisce alla Russia la responsabilità dell’“invasione russa” (sic!); la percentuale scende al 54 per cento tra i populisti del Movimento 5 Stelle (i dati sono per il centrosinistra e Azione/Iv rispettivamente 75 e 79 per cento).

Analogamente, le percentuali più basse di favorevoli all’invio degli aiuti militari all’Ucraina sono proprio tra i simpatizzanti della coalizione prettamente di destra populista (43 per cento) e del Movimento di Conte (40 per cento). Solo Azione/Iv è su valori “europei” (72 per cento), con il centrosinistra in una zona intermedia (60 per cento).

Insomma, se è un esemplare non particolarmente diffuso nel resto d’Europa, il “signorino soddisfatto”, un po’ inconsapevole, un po’ antiamericano e un po’ adepto del culto della post-verità, ancora si aggira numeroso tra le lande della penisola. E questa non è una buona notizia per la nostra democrazia. Forse lo è per i talk show.

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