Le tensioni tra Elon Musk e Donald Trump si intrecciano con uno dei casi più oscuri degli ultimi decenni: quello legato a Jeffrey Epstein, il finanziere accusato di tratta sessuale e morto suicida in carcere nel 2019. A rilanciare il caso è stato lo stesso patron di Tesla e ormai ex consigliere del presidente americano, che all’inizio di giugno ha evocato il coinvolgimento di Trump nei cosiddetti “Epstein files”.

Da allora, tra nuove rivelazioni, scontri con la stampa e un album di lettere private firmate anche da Trump, la vicenda è diventata un terreno politico incandescente. Ma di cosa si tratta?

La bomba sganciata da Musk

Il punto di partenza è lo scontro politico e personale tra l’inquilino della Casa Bianca e l’imprenditore. Dopo settimane di attriti e l’abbandono da parte di Musk del Doge, il dipartimento federale creato per lui con l’obiettivo di snellire la burocrazia, il fondatore di Tesla ha pubblicamente dichiarato che il nome di Trump compare nei file riservati del caso Epstein. Secondo Musk, sarebbe questo il motivo per cui molte delle carte relative ai nomi delle persone che facevano parte della sua cerchia non sono ancora state rese pubbliche.

Trump non ha replicato direttamente all'accusa. Il suo entourage ha scelto la via del silenzio, mentre il Partito democratico ha chiesto chiarimenti sui documenti ancora secretati. 

Qualche settimana dopo, un nuovo elemento ha aggravato la situazione: il Wall Street Journal ha pubblicato una presunta lettera oscena inviata da Trump a Epstein nel 2003, scatenando la furia del presidente. La Casa Bianca ha reagito escludendo i giornalisti del quotidiano dal viaggio presidenziale in Scozia a bordo dell’Air Force One, ufficialmente per “comportamento falso e diffamatorio”. La decisione, definita “profondamente inquietante” dall’Associazione dei corrispondenti della Casa Bianca, è stata condannata anche dal New York Times come un attacco ai principi fondamentali della libertà di stampa.

Secondo il Journal, la procuratrice generale Pam Bondi aveva già avvisato Trump, a maggio, della presenza ripetuta del suo nome nei fascicoli riservati dell’indagine Epstein. A quel punto, l’amministrazione ha chiesto la pubblicazione parziale di alcuni documenti, ma un giudice federale della Florida ha respinto la richiesta.

Intanto, il presidente ha incaricato Todd Blanche, suo ex avvocato personale e oggi viceprocuratore generale, di interrogare in carcere Ghislaine Maxwell, ex complice di Epstein, riaccendendo le polemiche su un possibile tentativo di controllo politico sull’indagine.

Chi era Jeffrey Epstein

Nato a Brooklyn, New York, nel 1953, Epstein ha iniziato la sua carriera come insegnante di matematica alla Dalton School di Manhattan, nonostante non avesse completato gli studi universitari. Pochi anni dopo, grazie a un incontro con Alan Greenberg, ex CEO della Bear Stearns, è entrato nel mondo della finanza ed è diventato fiduciario dei patrimoni di alcuni dei più ricchi uomini d’affari americani. 

Epstein era noto anche per l’organizzazione di feste private e ricevimenti esclusivi, frequentati da personaggi dell’alta società, politici e uomini d’affari. A partire dal 1994, secondo le ricostruzioni processuali, avrebbe sistematicamente reclutato ragazze minorenni con la promessa di facili guadagni in cambio di “massaggi”. Una volta introdotte nel suo sistema, le giovani venivano abusate e spesso coinvolte nel reclutamento di altre vittime. Gli abusi avvenivano in luoghi sorvegliati da telecamere, utili anche a scopi ricattatori.

L’arresto e la morte

Nel 2008 Epstein aveva già patteggiato per il reato di adescamento di minori, scontando solo tredici mesi in semilibertà. Nel 2019, tuttavia, grazie anche alla denuncia pubblica di Virginia Giuffre e a un’inchiesta del Miami Herald, l’Fbi ha trovato nella sua abitazione materiale inequivocabile: migliaia di fotografie esplicite di minorenni, diamanti, contanti, passaporti falsi.

Arrestato, Epstein è stato accusato di traffico sessuale e cospirazione. Dopo la negazione della cauzione, è stato trovato morto nella sua cella del carcere di New York il 10 agosto 2019. La versione ufficiale ha parlato di suicidio per impiccagione, ma non sono mancate ipotesi di insabbiamento e complicità a causa delle fratture al collo e della negligenza nella sorveglianza.

Le liste dei contatti

Nel gennaio 2024 è stata resa pubblica la cosiddetta “fase uno” dei documenti: centinaia di pagine contenenti agende, contatti, registri di volo e prove raccolte negli anni. Il Dipartimento di Giustizia ha dichiarato che la divulgazione completa avverrà in più fasi per tutelare l’identità delle vittime. Il materiale conferma i rapporti tra Epstein e diverse personalità di spicco, anche se lo stesso Dipartimento ha precisato che la sola presenza nei documenti non implica responsabilità penali per le persone menzionate.

Oltre a Trump e Bill Clinton, i nomi che circolano includono Stephen Hawking, Michael Jackson, Naomi Campbell, Alec Baldwin, il principe Andrea d’Inghilterra, Mick Jagger e altri. In molti casi si tratta di semplici contatti o passeggeri dei voli privati, non necessariamente coinvolti nei reati, ma alcune delle vittime, come Sarah Ransome, hanno testimoniato di incontri sessuali tra Trump ed Epstein in una delle proprietà del finanziere a New York.

Ghislaine Maxwell, la custode dei segreti

EPA

Figura centrale nell’apparato criminale costruito da Jeffrey Epstein, Ghislaine Maxwell era molto più di una semplice collaboratrice: figlia del magnate dell’editoria Robert Maxwell, fu la compagna e l’organizzatrice logistica del traffico sessuale di minori gestito dal finanziere. A lei era affidato il compito di reclutare le ragazze e di pianificare gli incontri.

Arrestata nel 2020, è stata giudicata colpevole l’anno successivo e condannata nel 2022 a vent’anni di reclusione. A fine luglio Maxwell è tornata al centro delle indagini: nel carcere federale di Tallahassee, dove sta scontando la pena, è stata interrogata per ore dal viceministro della Giustizia Todd Blanche, inviato direttamente dall’amministrazione Trump.

Secondo il suo avvocato, David Oscar Markus, Maxwell ha risposto «in modo onesto e completo» ed è pronta a fornire nuove prove. Il Congresso l’ha ufficialmente convocata a deporre in aula l’11 agosto, insieme ad altri nomi eccellenti come Bill e Hillary Clinton, James Comey e Robert Mueller.

In questo contesto, l’ex legale di Epstein Alan Dershowitz ha ipotizzato che Maxwell potrebbe essere disposta a rivelare ulteriori dettagli in cambio di una garanzia d’immunità.

Le crepe nel partito e l’album che ha riacceso lo scandalo

Per evitare un voto sulla pubblicazione integrale degli “Epstein files”, lo speaker repubblicano della Camera, Mike Johnson, ha interrotto in anticipo i lavori parlamentari, rinviando ogni discussione a settembre. Ma la strategia non ha retto: alcuni deputati repubblicani hanno votato con i democratici per convocare Maxwell, i Clinton e altri testimoni eccellenti. La frattura interna è ormai evidente.

Nel frattempo, ha suscitato nuove polemiche la scoperta di un album di auguri realizzato per il cinquantesimo compleanno di Epstein, conservato da Maxwell e destinato ora a essere acquisito agli atti. L’album include lettere firmate da Bill Clinton, Donald Trump, Vera Wang, Leon Black, Mort Zuckerman e Nathan Myhrvold. Alcuni messaggi sono affettuosi, altri volutamente ambigui o apertamente osceni. Quello attribuito a Trump recita: «Buon compleanno e che ogni giorno possa essere un altro meraviglioso segreto».

Sul piano esterno, le pressioni arrivano anche dagli elettori e dagli attivisti. Alcuni esponenti del movimento che ha sostenuto Trump fin dalle origini hanno espresso pubblicamente delusione per la gestione del caso Epstein e per il mancato rispetto delle promesse di trasparenza.

Il ruolo di Virginia Giuffre

La testimonianza di Virginia Giuffre è stata determinante per riaprire il caso. Reclutata da Maxwell mentre lavorava in una spa di Mar-a-Lago, residenza di Trump, Giuffre ha raccontato di essere stata costretta a rapporti con Epstein e altri uomini potenti. Nel 2020 ha avviato una causa civile contro il principe Andrea d’Inghilterra, accusandolo di aver abusato di lei quando era minorenne; il caso si è chiuso nel febbraio 2022 con un accordo extragiudiziale stimato in circa 12 milioni di sterline.

Dopo l’intesa, il duca di York è stato privato di incarichi ufficiali e patronati reali, oltre che dei titoli militari, e non ha più preso parte alla vita pubblica della famiglia reale britannica. A "inchiodarlo” è stata anche una foto del 2001 che ritrae il principe Andrea mentre abbraccia Virginia Giuffre con accanto una sorridente Ghislaine.

Nell’aprile del 2025 Virginia Giuffre si è tolta la vita, nella sua casa in Australia. Aveva 41 anni. La famiglia ha parlato di «un peso insostenibile», riferendosi agli abusi subiti e all’esposizione mediatica che ha seguito la sua decisione di denunciare.

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