Se non sarà “ribaltato” dalla massima giurisdizione americana, il verdetto della Corte di appello federale di Washington potrebbe mettere in discussione le tariffe stipulate con l'Ue e gli altri partner commerciali, che restano in vigore fino al 14 ottobre in attesa del ricorso della Casa Bianca. Ma c’è di più: una nuova tegola giudiziaria su un altro pilastro del tycoon, le espulsioni di massa degli immigrati irregolari
«I dazi di Donald Trump sono in gran parte illegali». È una nuova pesante mazzata la sentenza di una Corte d'appello federale di Washington che boccia la maggior parte delle tariffe doganali imposte dal presidente americano. Una decisione scaturita dalla decisione di un importatore di vini italiani che non ritiene fondato il potere presidenziale in materia.
Il tycoon, con la popolarità ai minimi storici con solo il 37 per cento che approva il modo in cui governa, ha reagito attaccando una sentenza «scorretta» scritta da giudici «di parte». E ha anticipato il ricorso alla Corte Suprema contando così di cancellare una decisione che rischia di «distruggere letteralmente gli Stati Uniti d'America».
Se non sarà “ribaltato” dalla massima giurisdizione americana, il verdetto della Corte di appello potrebbe mettere in discussione gli accordi stipulati da Trump con l'Unione europea e con gli altri partner commerciali. I dazi, in ogni caso - come stabilito dai giudici - resteranno fino al 14 ottobre in modo da dare alla Casa Bianca il tempo di ricorrere al più alto tribunale Usa.
La sentenza
Nella sentenza - passata con 7 voti a favore e 4 contrari - si rileva che «la legge conferisce al presidente un'autorità significativa per intraprendere una serie di azioni in risposta a un'emergenza nazionale dichiarata, ma nessuna di queste azioni include esplicitamente il potere di imporre tariffe, dazi o simili». Per i giudici, in sintesi, è «incostituzionale» la decisione di Trump di utilizzare i poteri di emergenza per giustificare i dazi.
La Corte di appello (confermando la sentenza di un tribunale di grado inferiore) contesta quindi la linea del presidente americano che, per imporre i dazi, si affida all'International emergency economic powers act (Ieepa).
Ovvero a una legge del 1977, che autorizza il presidente a dichiarare un'emergenza nazionale in risposta a minacce insolite e straordinarie alla sicurezza nazionale, alla politica estera o all'economia degli Stati Uniti. «Sembra improbabile che il Congresso, emanando l'Ieepa - scrivono i giudici - intendesse concedere al presidente un'autorità illimitata per imporre dazi».
La rabbia del presidente
Trump ribatte e riaccende la battaglia coi giudici: «Una corte d'appello di parte - scrive su Truth - ha erroneamente affermato che i nostri dazi dovrebbero essere rimossi, ma sa che alla fine gli Stati Uniti d'America vinceranno. Se questi dazi venissero mai eliminati, sarebbe un disastro totale per il paese». «Gli Stati Uniti - prosegue Trump - non tollereranno più enormi deficit commerciali e dazi doganali e barriere commerciali non tariffarie ingiuste imposte da altri paesi, amici o nemici, che minano i nostri produttori, agricoltori e tutti gli altri. Se lasciata in vigore, questa decisione distruggerebbe letteralmente gli Stati Uniti d'America. Per molti anni i nostri politici indifferenti e imprudenti hanno permesso che i dazi venissero usati contro di noi. Ora, con l'aiuto della Corte Suprema degli Stati Uniti li useremo a beneficio della nostra nazione e renderemo l'America di nuovo ricca, forte e potente», ha concluso. Insomma, Trump ritiene (con una sua interpretazione estensiva da presidenza imperiale) che la situazione dei conti pubblici sia una emergenza nazionale.
In un documento supplementare depositato poche ore prima della pubblicazione della sentenza, i funzionari dell'amministrazione Trump hanno sostenuto che bloccare i dazi globali dichiarandoli illegali avrebbe danneggiato la politica estera e la sicurezza nazionale. «Una tale sentenza minaccerebbe i più ampi interessi strategici degli Stati Uniti, portando a ritorsioni e alla risoluzione degli accordi concordati da parte dei partner commerciali esteri», ha scritto il segretario al Commercio, Howard Lutnick. Il segretario al Tesoro Scott Bessent ha avvertito che sospendere le tariffe doganali "comporterebbe un pericoloso imbarazzo diplomatico".
Nel frattempo il governatore della California, Gavin Newsom, deride Trump: «Ogni giorno viene trovato colpevole di aver violato la legge!». Secondo il governatore, i dazi farebbero perdere oltre 64.000 posti di lavoro solo in California, primo Stato ad aver intentato una causa legale per bloccarli lo scorso 16 aprile.
Vietata la procedura rapida per le deportazioni
Ma c’è di più. Una nuova tegola giudiziaria su uno dei pilastri delle politiche di Trump, dopo quella sui dazi: un giudice federale ha vietato all'amministrazione Usa di effettuare espulsioni rapide di persone detenute lontano dal confine con Messico, vanificando per ora la prassi delle deportazioni di massa.
In un parere di 48 pagine, la giudice Jia Cobb della Corte distrettuale per la capitale (nominata da Joe Biden) ha scritto che l'amministrazione Trump ha agito in modo sconsiderato nel frenetico tentativo di espellere rapidamente quante più persone possibile, violando probabilmente i diritti al giusto processo e rischiando detenzioni ingiuste.
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