Finito senza risultati l’incontro con Putin, salta il vertice con Zelensky: Mosca non cede su territori e adesione di Kiev alla Nato. Meloni prende le distanze da Salvini: «La Russia non mostra disponibilità alla pace». E su Cavo Dragone: «Misuri le parole»
«Di nuovo alla casella di partenza». Questa è la sensazione generale che si respira intorno al processo di pace in Ucraina, dopo gli incontro degli ultimi giorni, culminati con il niente di fatto uscito dall’incontro di cinque ore a Mosca tra gli inviati americani, Steve Witkoff e Jared Kushner, e il presidente russo, Vladimir Putin.
Ma nonostante la battuta d’arresto, né Mosca né Kiev vogliono essere accusati di essere i responsabili dello stop. Il presidente ucraino, Volodymyr Zelensky, ha assicurato che il suo capo negoziatore, l’ex ministro della Difesa, Rustem Umerov, si sta già preparando «per un incontro con gli inviati del presidente Trump negli Stati Uniti».
Intanto, Umerov era a Bruxelles, dove ha incontrato i consiglieri diplomatici dei leader europei per informarli sulle ultime novità nelle trattative.
Il felpato Peskov
Dal Cremlino, a gettare acqua sul fuoco dei falliti negoziati, arriva il portavoce di Putin, Dimitri Peskov, che garantisce: «Putin non ha respinto il piano di pace Usa, è una notizia falsa» e aggiunge: «Una telefonata tra i due leader è possibile in qualsiasi momento. Può essere organizzata rapidamente», mentre secondo il consigliere diplomatico, Yuri Ushakov, l’amtosfera nei negoziati è «costruttiva» e «gli americani sono pronti a fare ogni sforzo per raggiungere una soluzione a lungo termine».
Dal Bahrein, dove si trovava in visita, la premier Giorgia Meloni assicura che il decreto sull’invio delle armi a Kiev arriverà entro la fine dell’anno e aggiunge che la Russia «non mostra disponibilità alla pace», parole a cui hanno fatto eco diversi leader europei.
Meloni ha poi redarguito indirettamente l’ammiraglio Giuseppe Cavo Dragone, che aveva parlato della possibilità per la Nato di lanciare «attacchi ibridi» in maniera «preventiva» contro la Russia. «Siamo in una fase nella quale bisogna misurare molto bene le parole, bisogna evitare tutto quello che può generare confusione, che può spaventare, che può far surriscaldare gli animi».
Nessun passo concreto
La realtà è che nonostante l’agitazione delle ultime settimane, nessun concreto passo avanti è stato fatto. Witkoff e Kushner avrebbero presentato a Putin ben cinque differenti documenti, tra cui anche il famigerato “piano di pace in 28 punti”, ma i russi non avrebbero gradito nessuno dei vari testi.
Ushakov ha indicato due dei punti su cui le posizioni sono ancora distanti. «La questione territoriale – ha detto – è la più importante». Mosca chiede agli ucraini di ritirarsi dalla parte di Donbass che ancora controllano, circa 5mila chilometri quadrati, più o meno la superficie del Molise; Kiev risponde che non abbandonerà mai territori che Mosca non è in grado di controllare.
Anche il segretario di Stato americano, Marco Rubio, ha confermato la delicatezza della questione territoriale. «Quello per cui russi e ucraini stanno letteralmente combattendo ora è uno spazio di circa 30-50 chilometri, il 20 per cetno della regione di Donetsk che rimane». Secondo Rubio, la strada per risolvere la questione passa per offrire garanzie a Kiev: «Dobbiamo capire cosa potrebbero sopportare gli ucraini, cosa possa dare loro garanzie di sicurezza per il futuro, che non saranno mai più invasi».
Ma la questione delle “garanzie” causa immediatamente un problema al Cremlino. La seconda questione problmeatica, secondo quanto riferito da Ushakov, è proprio l’adesione dell’Ucraina alla Nato, con Mosca che vuole garanzie di ferro non solo contro questa possibilità, ma anche contro l’idea che truppe Nato saranno presenti in Ucraina dopo il cessate il fuoco. Gli ucraini rispondono che per soddisfare Mosca la costituzione ucraina, dov’è iscritta la volontà di entrare nella Nato, andrebbe modificata, il che non è possibile durante la guerra e senza un referendum che servirebbero mesi per organizzare.
La situazione al fronte
Nel frattempo appare sempre più disperata la situazione degli ucraini che difendono Pokrovsk. Martedì il Cremlino aveva annunciato la conquista della città, smentito dalle forze armate ucraine che avevano promesso di “ripulire” il centro dell’abitato dai soldati russi che si erano infiltrati per girare una cerimonia dell’alzabandiera. Ma non ci sono state notizie di contrattacchi ucraini.
Il tabloid tedesco Bild, che ha dato la città ormai per conquistata, ha scritto di aver parlato con soldati ucraini circondati poco lontano da Pokrovsk, dove ricevono rifornimenti solo grazie ai droni. Il quartier generale ucraino ha smentito l’articolo, ma ha anche annunciato il tentativo di aprire nuove rotte di rifornimento per i soldati assediati a Pokrovsk e soprattutto nella vicina Myrnohrad.
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