Il Programma ambientale delle Nazioni Unite ha presentato la settima edizione dello studio Global Environment Outlook in Kenya. Il giudizio è negativo: degli otto milioni di specie esistenti, un milione è minacciato dall’estinzione. Inoltre, secondo gli esperti, rifiuti solidi raddoppieranno entro il 2050, raggiungendo quasi quattro miliardi di tonnellate e trasformando il pianeta in una discarica tossica
Catastrofico, devastante, debilitante, mortale: sono questi gli aggettivi che le Nazioni unite usano per descrivere l’ambiente che ci ritroveremo a vivere se non attuiamo rapidamente politiche in grado di modificare il nostro modello produttivo e tagliare le emissioni di gas responsabili del cambiamento climatico.
Il Programma ambientale dell’Onu (Unep) ha infatti presentato la settima edizione dello studio Global Environment Outlook all’Assemblea sull’Ambiente delle Nazioni unite in Kenya. E il risultato è chiaro: siamo entrati in un territorio sconosciuto, mettendo a rischio il benessere umano.
«Abbiamo quattro crisi ambientali contemporanee: il cambiamento climatico, la perdita di biodiversità, l’inquinamento e l’impoverimento della terra. Tutte e quattro stanno peggiorando e sono connesse fra di loro. Per questo vanno trattate insieme», ha spiegato Robert Watson, uno degli autori della ricerca e in passato già co-presidente dell’Ipcc, il gruppo di studio sul cambiamento climatico delle Nazioni unite. «Il modo insostenibile in cui produciamo il cibo, l’energia e le materia prime sta danneggiando l’ambiente».
Il report è il prodotto del lavoro di 287 scienziati da 82 paesi e rappresenta la maggior valutazione mai realizzato sull’ambiente che ci circonda. E il giudizio è negativo: si stima che fra il 20 e il 40% del suolo mondiale sia impoverito, e questo comporta conseguenze per circa tre miliardi di persone. In pratica, perdiamo una porzione di terra fertile e produttiva dalle dimensioni della Colombia o dell’Etiopia ogni anno.
Inoltre, le varie forme di inquinamento provocano circa nove milioni di morti all’anno, mentre i costi dei danni arrecati alla salute dalla sola contaminazione atmosferica rappresentano oltre il 6% del prodotto interno lordo (Pil) globale. Degli otto milioni di specie esistenti, un milione poi è minacciato dall’estinzione. Infine, a questo ritmo i rifiuti solidi raddoppieranno quasi entro il 2050, raggiungendo quasi quattro miliardi di tonnellate e trasformando il pianeta in una discarica tossica.
A preoccupare più di tutto continua però a essere la crisi climatica: il mondo si sta infatti scaldando più rapidamente rispetto a quanto stimato fino a oggi. «Il riscaldamento globale è ancora dentro le stime dei modelli dell’Ipcc, ma siamo ormai verso il limite», spiega Watson.
Una crisi anche economica
Lo studio sottolinea gli impatti che il peggioramento delle condizioni ambientali avranno non solo sulla nostra salute, ma anche sulle nostre economie. «Non possiamo più vedere questi problemi semplicemente come ambientali. Stanno minando le nostre economie», dice Watson. Se continueremo ad alimentare le nostre società con i combustibili fossili, il cambiamento climatico taglierà infatti del 4% il Pil globale entro il 2050, e del 20% entro la fine del secolo. Una mancata riduzione dei rifiuti di plastica potrebbe portare invece a costi per 1.500 miliardi di dollari all’anno, derivati dai danni per la salute umana.
La buona notizia è che trasformare radicalmente il sistema con cui generiamo i rifiuti e produciamo l’energia e il cibo permetterebbe però vantaggi macroeconomici globali per 20.000 miliardi di dollari all’anno entro il 2070.
Allontanarsi dal Pil
La ricerca va oltre la semplice descrizione dell’esistente, delineando una serie di politiche da attuare per affrontare il collasso ambientale. «Le riforme finanziarie sono la pietra angolare della trasformazione», spiega un altro autore del report, Edgar Gutiérrez-Espeleta. Prima fra tutte: allontanarsi dal Pil come indicatore unico per misurare la ricchezza, adottando invece unità di misura che tengano in conto il capitale umano e naturale.
Fondamentale sarà poi eliminare gradualmente o reindirizzare i sussidi, le tasse e gli incentivi che comportano impatti negativi sulla natura. Tagliando drasticamente quelli sui combustibili fossili, ad esempio. Inoltre, i prezzi di beni e servizi dovrebbero iniziare a tenere conto delle esternalità negative sull’ambiente, per un totale di 45.000 miliardi di dollari all’anno.
L’obiettivo sarebbe arrivare ad investimenti per 8.000 miliardi di dollari all’anno. Ma il costo dell’inazione è decisamente più alto, assicura l’Unep. Al contrario, i vantaggi di riportare la crisi ecologica sotto controllo sono indiscutibili: entro il 2050 quasi 200 milioni di persone potrebbero evitare la malnutrizione e 100 milioni potrebbero uscire dalla povertà, mentre potremmo evitare 9 milioni di morti premature se riuscissimo a tagliare l’inquinamento dell’aria.
Costruire sui successi
La lista delle cose da fare è comunque impegnativa: oltre alle misure finanziarie, sarà necessario progettare i prodotti con una maggiore circolarità, implementando anche la tracciabilità dei materiali e la trasparenza della filiera. Sul fronte dell’energia bisognerà decarbonizzare il più possibile le fonti energetiche e aumentare l’efficienza. Infine, per affrontare la perdita di biodiversità, sarà necessario accelerare il recupero degli habitat naturali e degli ecosistemi, oltre a implementare strategie per la mitigazione e l’adattamento climatico.
Non tutto quindi è perduto, e ne sono una prova i diversi passi in avanti fatti in ambito ambientale negli ultimi anni. Lo studio Unep cita espressamente, ad esempio, il successo nell’adozione del Protocollo di Montreal, che ha quasi eliminato tutte le sostanze responsabili del buco dell’ozono, prevenendo un ulteriore aumento della temperatura fino a 0,5 °C entro il 2100. O anche il miglioramento della qualità dell’aria in alcune parti del mondo: in Unione europea, le morti a causa della presenza di particolato nell’aria nel 2020 erano del 45% più basse rispetto a 15 anni prima.
«C’è ancora speranza? Sì. Ma continuare come se nulla fosse non funzionerà», chiosa Watson. Un messaggio quanto mai esplicito all’Assemblea dell’Onu sull’ambiente, che si è riunita in Kenya e che dovrà negoziare 15 bozze di risoluzioni su temi che vanno dalla salvezza dei ghiacciai alla riduzione dell’impatto ambientale dell’intelligenza artificiale.
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