La relazione del dem Gianassi sull’autorizzazione a procedere nei confronti dei ministri della Giustizia e dell’Interno e del sottosegretario alla presidenza del Consiglio, tutti e tre indagati per la liberazione e il rimpatrio del torturatore libico: «La loro condotta ha determinato una grave violazione degli obblighi internazionali dell'Italia»
Dopo il botta e risposta tra parlamentari e procura capitolina sulla capa di gabinetto del ministro Carlo Nordio, Giusi Bartolozzi, il prossimo step della Giunta per le autorizzazioni sarà il voto sulla “sorte” dei tre ministri indagati per il caso Almasri.
Il giorno X è martedì 30 settembre. Quando gli esponenti della Giunta daranno l’ok o meno alla relazione del dem Federico Gianassi sull’autorizzazione a procedere nei confronti del guardasigilli Carlo Nordio, del numero uno del Viminale Matteo Piantedosi e del sottosegretario con delega all’Intelligence Alfredo Mantovano. La Giunta è chiamata a stabilire se gli esponenti del governo sono “scudati” dall’immunità prevista dal ruolo che ricoprono.
A seconda del voto, gli scenari che si aprono sono diversi. Qualora i membri della Giunta dovessero votare favorevolmente la relazione, la palla passerebbe immediatamente nelle mani della Camera, che avrà l’ultima parola. Una decisione che, tra l’altro, potrebbe essere più che scontata.
Se, invece, il testo di Gianassi venisse bocciato, a quel punto – in base alle prassi e alle consuetudini parlamentari – si procederebbe alla nomina di un nuovo relatore. Le indiscrezioni, scriveva Domani già il 3 settembre, portano a dire che, decaduto Gianassi, avrebbe la meglio il forzista Pietro Pittalis. A quel punto, si aprirebbe un iter analogo: la stesura di una nuova relazione da parte del neo relatore e la votazione sul testo.
In ogni caso, a prescindere dai due scenari differenti e in base alle decisione presa dalla conferenza dei capigruppo di Montecitorio, l’Aula dovrà pronunciarsi sulla vicenda il 9 ottobre. La Camera, come detto, potrà decidere che si proceda nei confronti di Nordio, Piantedosi e Mantovano. O, al contrario, che si archivi tutto.
Sulla capa di gabinetto del ministero della Giustizia, invece, la Giunta ha ribadito di essere “incompetente” a decidere. Bartolozzi è indagata per falso dalla procura ordinaria. Un reato – hanno chiarito i pm romani e il tribunale dei ministri in risposta alle richiesta della maggioranza – che si configura come indipendente rispetto a quelli dei ministri. Dunque, senza concorso.
La relazione Gianassi
«Alla luce di quanto emerso, deve affermarsi che i ministri Nordio, Piantedosi e il sottosegretario Mantovano non abbiano perseguito né un interesse costituzionalmente rilevante né un preminente interesse pubblico, ma abbiano compiuto una scelta di mero opportunismo politico, fondata su timori generici e non suffragati da evidenze concrete, che mostrano la debolezza del Governo italiano dinanzi a bande armate che operano all'estero e che violano i diritti umani commettendo crimini internazionali», è quanto si legge nella relazione finale di Gianassi.
«La debolezza del Governo rispetto a potenziali ricatti di milizie armate e a ritorsioni generiche non è sufficiente per consentire alla Giunta di concedere ai ministri, accusati di avere violato la legge, l'immunità dal processo penale. La loro condotta ha determinato una grave violazione degli obblighi internazionali dell'Italia e ha compromesso l'interesse superiore della comunità internazionale a vedere perseguiti i responsabili di crimini di guerra e contro l'umanità. Le scriminanti previste dall'articolo 9 della legge costituzionale numero 1 del 1989 non possono dunque trovare applicazione. Resta, infine, la responsabilità politica di avere occultato la natura reale delle decisioni assunte, presentandole al Parlamento come inevitabili conseguenze giuridiche, quando in realtà sono state il frutto di un calcolo politico censurabile e di un cedimento a pressioni esterne. Una condotta che ha minato la credibilità internazionale dell'Italia e la trasparenza interna del rapporto fiduciario tra Governo e Parlamento», si legge ancora nella relazione.
Relazione che autorizza a procedere e su cui domani bisognerà appunto esprimere un voto nei confronti dei ministri, accusati a vario titolo di favoreggiamento, omissione di atti d’ufficio e peculato. E ritenuti, dal collegio speciale di giudici, responsabili del rimpatrio (su un volo di Stato) del torturatore libico, ricercato per crimini contro l’umanità e di guerra, dalla Corte penale internazionale.
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