Il cuddrurieddru è la ciambella della tradizione da friggere e mangiare ancora calda, è fatta con pochi ingredienti e ha una particolare forma a corona (attenzione, infatti, non è una ciambella)
- Questo articolo è tratto dal nostro mensile Cibo, disponibile sulla app di Domani e in edicola
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Indifferenti le vicissitudini della vita, inoffensivi i suoi disastri, illusoria la sua brevità. Un solo morso a un cuddrurieddru e l'effetto è quello subito da Marcel Proust che, inzuppando un pezzetto di madeleine in una tazza di te, ha cessato di sentirsi mortale. Dal centro di Parigi a quello di Cosenza, ogni mondo è paese. Ed è nel quadrante più a nord della profonda Calabria che ogni 7 dicembre la magia si perpetua.
Sui fornelli delle case festanti per la vigilia dell'Immacolata padelloni ricolmi di olio sono pronti ad accogliere sua maestà il cuddrurieddru e cioè la ciambella della tradizione da friggere e mangiare ancora calda. Il suono dell'olio diventa melodia.
Uno scrocchiare di dita che sembra sinfonia beethoveniana, preludio del tempo che verrà, quello dell'attesa. Attesa di Gesù, dei regali o semplicemente di un bambino, di un bel voto, di gennaio che è il mese dei buoni propositi da mantenere.
Come preparare i cuddrurieddru
Preparare un cuddrurieddru è cosa semplice ma anche arte antica: la ricetta richiede pochissimi ingredienti. Sale, patate e livieto di birra. Il segreto sta nel formare in ogni panetto venuto fuori dall'impasto un buco. Sì, un buco nel mezzo.
La forma? Non quella di una mera ciambella, dunque. Quella di una corona. Del resto cuddrurieddru , dal greco antico κολλύρα (kollýra), significa corona. E guai a non pronunciare bene quel «dr», che non è un dittongo, bensì un'unica unità fonetica consonantica, pertanto un insieme di suoni che si pronunciano insieme. Saper dire cuddrurieddru è marchio di cosentinità.
Il cuddrurieddru non è il culluriellu , come per gli abitanti dei borghi presilani. Il cuddrurieddru non è la Criseddra (variante rintracciabile negli altri capoluoghi di provincia). Il cuddrurieddru è il cuddrurieddru . Unico, inimitabile, con quella crosticina dorata grazie al tempo giusto di “frittura” che gli dà un tono di regalità.
I cuddrurieddru hanno anche una canzone dedicata
Nel tempo il cuddrurieddru è stato ed è ancora protagonista finanche di ballate. Che hanno milioni di visualizzazioni sui social. È il cosentino trapiantato a New York Enrico Granafei, armonicista jazz e chitarrista, ad aver dedicato una canzone alle nostre ciambelle sacre.
Non a caso l'opera s'intitola U cuddrurieddru. Su Facebook, alla sua bolla americana, Granafei scrive: «Ho scritto questa canzone tanti anni fa. È dedicata a una specie di ciambella che i cosentini preparano nel periodo natalizio».
E noi lo ringraziamo, proprio per le strofe che sembrano richiamare Proust per quel rievocare ricordi d'infanzia: « Quannu l'adduru vena dda frissura/ mi passa tutta quanta a paura (...)/ ancora m'arricuardu/ oi quanti quatrarieddri fa felici (Quando l'odore proviene dai fornelli, mi passa tutta quanta la paura, ancora me lo ricordo, quanti bambini felici, ndr )».
Le ricette
Per saperne di più su cuddrurieddri e dintorni la bibliografia non manca: tra i volumi che lo consacrano ci sono sia “La cucina calabrese in 300 ricette tradizionali” di Ottavio Cavalcanti (Newton&Compton, 2003) sia l'autoprodotto “Cuddrurieddri e altri sfizi cosentini” di Alessandro Molezzi. Ma non mancano neanche i tutorial su Youtube per la preparazione di queste prelibatezze.
In quello del sito CosenzApp, della durata di cinquanta minuti, i consigli delle tre signore bruzie sono i seguenti: «Fate lievitare il panetto per circa 3 ore nel forno con solo la luce accesa e successivamente formate i panetti facendoli lievitare per circa altre 3 ore… E poi friggete!». A mo', insomma, di imperativo categorico.
Il cuddrurieddru, in ultimo, può essere servito con salumi autoctoni o con l'immancabile 'nduja importata dai cugini catanzaresi. C'è chi poi il cuddrurieddro lo “ricicla” anche come dessert: in questo caso basta “strofinare” la ciambella nello zucchero, già versato in un piatto. Il rito è semplice. La ciambella si adagia nel piatto prima da un lato e poi dall'altro. Il dolce è pronto.
Per maggiore completezza, però, deve essere segnalata la variante del cuddrurieddru , o meglio la variante appartenente alla stessa famiglia, allo stesso impasto. È la vecchiareddra : stavolta la forma è allungata e all'interno dell'impasto di acqua, patate e lievito c'è una sorpresa. Di cosa si tratta? Delle acciughe, un must della tradizione cosentina.
Neve sciolta come bevanda
Per sgrassare? Se si è fortunati – e può darsi che anche a bassa quota nevichi, visto il cambiamento climatico – si può sempre preparare la scirubetta : neve raccolta in un bicchiere su cui versare, quanto basta, del miele di fichi. Cuddrurieddi e altro. Insomma, i sapori della tradizione, il gusto delle cose semplici.
La maniera, per parafrasare Proust con i suoi biscotti morbidi, per non sentirsi mediocri o contingenti. Allo stesso modo in cui agisce l'amore, un morso solo può colmare di un'essenza preziosa: il ricordo di quand'eravamo bambini, di uno zio che non è più in vita, di una casa lontano da casa. E di un mondo antico che ora sembra perduto.
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