Il team è internazionale di avvocati è al lavoro per tutelare gli assistiti in mare, poi sequestrati dallo stato di Israele, e di denunciare la violazione dei diritti umani in Palestina. Montella, nel gruppo di legali spiega: «Percorreremo strade nazionali e sovranazionali e accertare le responsabilità di Israele e dei paesi Ue»
Tutti i cittadini e le cittadine italiane a bordo della Flotilla intercettata la sera del primo ottobre in acque internazionali da Israele sono rientrati in Italia, ma sono ancora sei gli attivisti delle delegazioni internazionali reclusi nel centro di detenzione di Kenziot. A loro ora si aggiunge l’equipaggio di 145 persone della seconda Flotilla, abbordata martedì notte dalle forze navali israeliane a circa 120 miglia dalla Striscia. La flotta della società civile si è posta l’obiettivo di rompere l’assedio di Gaza e portare aiuti umanitari.
A tutelare gli attivisti delle missioni c’è un gruppo internazionale di difensori che sta lavorando in coordinamento costante non solo sul piano nazionale: «Il team legale si sta occupando di tutelare alcuni assistiti in mare, poi sequestrati dallo stato di Israele, e di denunciare la violazione dei diritti umani in Palestina, questo orrendo genocidio e le pratiche di detenzione amministrativa delle autorità israeliane», spiega l’avvocata Tatiana Montella, che fa parte delle avvocate che in Italia difendono alcuni attivisti.
La procura di Roma sta muovendo i primi passi per accertare «le responsabilità degli attacchi alle imbarcazioni della Sumud e del sequestro illegale degli attivisti», dopo l’esposto depositato lo scorso 3 ottobre. Fa parte di una serie di azioni formali iniziate il 24 settembre con una diffida al governo per l’attivazione immediata delle comunicazioni diplomatiche, della protezione consolare e di ogni misura volta a tutelare i diritti dei partecipanti alla missione.
Il 5 ottobre, un’altra diffida è stata inviata alle autorità diplomatiche e consolari italiane ed europee perché si accertassero le condizioni di detenzione delle persone trattenute illegalmente, si adottassero misure a tutela dei loro diritti e si interrompesse immediatamente ogni relazione bilaterale con Tel Aviv fino alla cessazione delle violazioni del diritto internazionale.
Tentato omicidio, tentato naufragio, danneggiamento seguito da pericolo di naufragio, pirateria, sequestro di persona, distruzione, sono alcuni dei reati per cui si chiede alla procura di indagare. Non è però escluso che gli inquirenti non ne individuino altri o che vengano integrati dai legali per tutto ciò che è accaduto dopo l’abbordaggio: «È innegabile dai racconti che in detenzione ci siano stati trattamenti inumani e degradanti», dice Montella.
L’esposto
«Percorreremo strade nazionali e sovranazionali per affermare il terreno dei diritti fondamentali, più volte violati da Israele e dagli stati europei, e accertare le responsabilità», continua la legale, secondo cui «gli strumenti e gli organi esistono per ottenere decisioni rilevanti, ma la loro reale applicazione dipenderà anche dalla volontà dei governi, come dimostra il mandato di arresto del premier israeliano Netanyahu».
La Flotilla, sottolinea il team, pur avendo sempre dichiarato il suo scopo umanitario ha subito «molteplici attacchi» con l’uso di «mezzi aerei armati», che hanno messo in pericolo «la sicurezza della navigazione» e «l’incolumità degli equipaggi». Per i legali si tratta di gravissime violazioni del diritto internazionale per cui l’Italia «non ha solo il diritto ma il dovere di esercitare la propria giurisdizione per garantire giustizia e riaffermare il primato del diritto contro la legge del più forte».
Tra gli oltre 400 attivisti a bordo della missione pacifica, c’erano infatti 49 cittadini italiani, tra cui medici, personale infermieristico, giornalisti, parlamentari italiani ed europei e rappresentanti della società civile. A bordo di barche battenti bandiere diverse, tra cui quella italiana. Da qui la competenza, in questa fase, della procura di Roma, e quindi della legge penale italiana. Sia per la presenza di cittadini italiani, sia perché una nave battente bandiera italiana è considerata territorio dello stato.
I reati
Per gli avvocati potrebbero esserci gli estremi di un tentativo di omicidio plurimo negli attacchi della notte tra il 23 e il 24 settembre nei confronti dell’equipaggio. Le barche si trovavano in acque internazionali, a sud di Creta, quando un’azione coordinata ha provocato danni gravi e irreparabili, con l’uso di droni, bombe sonore, spray urticanti e ordigni incendiari. Non ci sono state lesioni personali, anche grazie allo stato di allerta in cui erano gli attivisti, ma – si legge nell’esposto – non si può dubitare l’idoneità di queste azioni a causare la morte. Sono le dichiarazioni rilasciate dal ministro degli Esteri Tajani che «sembrano confermare il coinvolgimento di Israele». Così come può configurarsi il delitto di naufragio, per aver messo in pericolo, colpendo componenti fondamentali per la navigazione, un numero indeterminato di persone.
Quello che è invece accaduto nella notte del primo ottobre, l’abbordaggio e la cattura degli equipaggi in mare, per il team configura il sequestro di persona aggravato: «Perché non c’è dubbio che la privazione della libertà sia illegittima». Tutto ciò è accaduto in acque internazionali, dove vige il principio della libertà di navigazione. Un principio che prevede eccezioni, come il blocco navale. Ma quello al largo della Striscia, scrivono i legali, «non può considerarsi legittimo». E anche se lo fosse, continuano, Israele deve consentire il passaggio degli aiuti umanitari.
Quella degli avvocati italiani è una delle molte azioni che – anche a livello internazionale – seguiranno sul piano legale. «Siamo dentro a una battaglia più grande», dice Montella, «cioè ridefinire i contorni del diritto esistente e renderlo un terreno di lotta nuova. Gli atti della Sumud sono forme di nuovo diritto costituente».
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